Umanità Nova, numero 25 del 18 luglio 2004, Anno 84
Sudafrica – lotte popolari
Dieci anni. Tanti ne sono passati dalla fine dell'apartheid, dalla
caduta di un regime razzista che per cinquanta anni aveva fatto
dell'esclusione e dello sfruttamento dei neri la sua politica.
Oggi molte cose sono cambiate, ma, nonostante i proclami di Mandela, la
situazione in cui si trova a vivere la maggioranza dei neri è
tragica.
Lusso all'europea e la povertà peggiore che possiate immaginare
continuano a coesistere: l'ingiustizia sociale continua a crescere e il
contrasto diventa ogni giorno più stridente.
È impressionante passare un po' di giorni in una township e
vedere la gente lamentarsi di quello che stanno facendo i loro ex
compagni: tagli dell'acqua, dell'elettricità, sfratti, sono
all'ordine del giorno e gli autori non sono più i bianchi, ma i
neri dell'African National Congress.
La disoccupazione è dilagante, attorno all'80% nelle township, e
la criminalità ne è la più visibile conseguenza.
Sempre più persone si sentono tradite dalle mancate promesse dei
loro compagni di una volta, oggi al potere.
Il governo sudafricano è oggi in perfetta sintonia con il
dominante trend neoliberista e i poveri sono semplicemente lasciati
indietro o messi da parte.
Paradossalmente queste politiche si accompagnano ai discorsi
progressisti di Mbeki e del suo governo: alle parole sole è
affidato il ricordo delle lotte contro l'apartheid.
Come dicono qui, il governo parla a sinistra e agisce a destra.
Ma nelle township le comunità non perdono certo la speranza: in
tutte le maggiori città ci sono risposte alle politiche sempre
più aggressive del potere.
Al di là dei vecchi schemi di partito le comunità operano
quotidianamente l'azione diretta e la riappropriazione: dimostrazioni e
marce, rifiuto di pagare le bollette, occupazioni, riconnessioni
dell'acqua e dell'elettricità sono frequenti ed estese.
I poveri delle comunità urbane del Sudafrica lottano e resistono in modo del tutto anarchico.
Corrispondenza dal Sud Africa di Antonio di Bologna
(NdR per un approfondimento su queste tematiche rimandiamo all'articolo
"Sudafrica: l'irresistibile ascesa dell'anticapitalismo. Il potere
della pignatta pubblicato a pag. 6 di UN n. 17 di quest'anno)
Francia – Noborder camp a Rivesaltes
Da diversi anni in tutta Europa si svolgono i cosiddetti "noborder
camp": dei grandi e meno grandi campeggi di lotta che coinvolgono
attivisti/e di vari paesi sul tema delle frontiere, dell'immigrazione e
dei campi lager in particolare. Durante questi raduni vengono
organizzati seminari, proiezioni, manifestazioni ed azioni dirette.
Da sempre forte è stata la presenza degli anarchici e dei
libertari in particolare del nord ed est Europa. Quest'anno il noborder
camp più importante si svolgerà dal 20 al 29 agosto a
rRivesaltes in Francia al confine con la Spagna molto vicino ad un
campo-lager per immigrati. Saremo presenti a questo noborder camp
cercando di allacciare nuovi contatti con la varie situazioni presenti
e invitiamo tutti i compagni e le compagne che ne avessero l'occasione
a partecipare. Siti di riferimento: www.rivesaltes2004.org
www.noborder.org
Commissione Antirazzista della FAI
www.federazioneanarchica.org/antirazzista
Per l'organizzazione di una Taz No Border
Rivesaltes 2004 zone temporaneamente autonome antifrontiere
Campeggi contro il controllo sociale e per la libertà di
comunicazione e d'insediamento si organizzano in tutta la Francia da
alcuni anni soprattutto intorno alla sigla del "network noborder".
Queste iniziative riuniscono persone con o senza documenti,
organizzazioni e collettivi determinati a valicare le frontiere, che
riguardano la libertà di tutti e tutte: che questo avvenga per
mezzo del sistema SIS, i charter della Fortezza Europa, la
collaborazione tra polizie, il progetto di Cpt comuni alle frontiere
europee. Nel delirio sicuritario e carcerario attuale, la recente legge
Sarckhozy sull'immigrazione indurisce ancor di più le condizioni
di ingresso e di soggiorno degli stranieri e rinforza le funzioni
repressive: l'allungamento della durata di fermo e la costruzione di
nuovi luoghi di detenzione (prigioni e cpt) . La schedatura dei
richiedenti asilo, controllo sociale e repressione poliziesca per i
migranti e i loro cari. La legge Perben indurisce questo sistema di
controllo su tutti e tutte. Per battere in velocità queste
politiche, questi dispositivi, organizziamo autonomamente uno spazio
autogestito per la fine del prossimo mese di agosto nella regione di
Perpignan. A una decina di km da questa città, non lontano da
Rivesaltes, c'è un cpt situato in mezzo alle rovine di un campo
di concentramento costruito in origine come caserma per i "Tiratori"
senegalesi. Questo campo è stato ingrandito sotto Vichy, al fine
di internare quelli che Petain chiamava l'Anti-Francia: spagnol* in
esilio, anarchic*, antifascist*, comunist* e ebre* (tra i quali 2300
morirono ad Auschwitz). La Francia non ha mai perso occasione per
riutilizzare questa struttura (vi hanno soggiornato addirittura i
collaborazionisti!). La realizzazione di questo progetto poggia su una
rete di collettivi locali. Questa esperienza non vorrà essere
fine a se stessa, ma vuole essere una "matrice" che favorirà le
iniziative locali e coordinerà le lotte per la libertà di
circolazione e di istallazione, contro i centri di detenzione
temporanea, le politiche sicuritarie, il capitalismo e tutte le forme
di dominio. Questo villaggio, visto il documento comune stabilito
durante la preparazione del campeggio, funzionerà secondo le
pratiche dell'autogestione e dell'autorganizzazione sia per il livello
decisionale che per l'organizzazione delle azioni e della vita
quotidiana, in ottica anticapitalista e antipatriarcale (mettendo a
profitto anche le esperienze di Strasburgo, accampamento contro il
controllo sociale, e del VAAG, villaggio libertario contro il G8 a
Evian). Questo campeggio esprimerà la nostra capacità di
determinare i nostri luoghi e i momenti di presenza, comunicazione e
azione. Seguendo le proposte e i desideri di tutt* noi ci organizzeremo
in vista delle azioni, dei dibattiti e degli incontri a livello locale.
Questa esperienze, dalla durata di una decina di giorni, servirà
a permetterci di mettere in comune i nostri differenti materiali e
strumenti di lotta.
Usa - New York 29 agosto - 2 settembre: una "convention" contestata
Da ormai un anno sono in corso i preparativi del Partito Repubblicano
per scegliere il candidato presidente nella città di New York,
il più possibile in prossimità dell'11 settembre, visto
che il fatidico giorno rientra nei 120 precedenti le elezioni, ed il
nominativo deve essere indicato prima di tale data. I giorni fissati
sono dunque a cavallo fra la fine di agosto ed i primi di settembre, ed
il luogo sarà il Madison Square Garden, non proprio vicino a
"Ground Zero" ma comunque sull'isola di Manhattan.
La scelta ha destato non poche perplessità, data la scontata
impopolarità dei repubblicani, di solito in svantaggio per 4 (o
5) a 1 nella metropoli. La manifestazione si presenta perciò
anche con i connotati di una colossale provocazione, cui può
benissimo far da contrappunto qualche azione tragicamente
"spettacolare" del fantomatico utile sceicco "nemico" di Bush, o di
qualche altro che il presidente uscente è riuscito a inimicarsi
durante il suo mandato.
La guerra viene dunque ricondotta sul fronte interno contro un "nemico"
che in questi mesi si sta preparando per contrastare l'evento. Da una
parte le forze a disposizione dell'"ordine" sono valutate in 60 mila
uomini, compresi cecchini sui tetti e alle finestre, pattuglie a
cavallo e in motoretta per rapidi spostamenti, elicotteri e blindati,
squadre di sorveglianza sotterranea, della rete fognaria e delle acque
circostanti e tutto un arsenale di armi aggressive antisommossa.
L'addestramento e il reclutamento anch'essi vanno avanti da diversi
mesi.
Di fronte il "nemico": una miriade di organizzazioni, gruppi,
individualità cittadine, della nazione e si attende anche
provenienti dall'estero, disposti a mettersi in gioco per attuare le
più varie forme di contestazione: dal teatro alle critical mass
in bicicletta, dai volantini ai raggruppamenti improvvisi, esposizione
di striscioni, food not bombs, parate, concerti, e ogni genere di
azione atta ad intralciare, a sabotare, a fermare anche per poco o
paralizzare in maniera significativa l'intera città. Si stanno
allestendo tutta una serie di nodi logistici cui fare riferimento:
punti di rifornimento alimentare, corsi di autodifesa informatica e di
resistenza più o meno non violenta, collegi di difesa di
avvocati, infermerie ambulanti, appartamenti e luoghi ove trovare
alloggio, recapiti informativi e dei media alternativi, tutto quello
che può essere immaginato possa sopperire da sostegno alle
iniziative che si auspica siano le più varie, decentrate,
autogestite.
A fine luglio, al termine della "convention" del Partito Democratico,
quasi altrettanto guerrafondaio, che si terrà a Boston, i
contestatori di questa inizieranno una marcia di circa 500 km con
destinazione N.Y., ove è atteso l'arrivo per fine agosto.
Al di là di momenti minori avvenuti nel corso degli anni, la
memoria va all'episodio più significativo di una "convention"
stretta sotto assedio dalla piazza. Si era nel 1968, ed il partito
oggetto era quello Democratico, che con i Kennedy ed i Johnson aveva
dato ampia prova delle sue velleità di dominio mondiale con la
crisi di Cuba, la continua corsa all'armamento nucleare e, non ultima
per importanza, l'escalation in Vietnam. Chicago in quei giorni di fine
agosto assistette alla concentrazione dell'allora fiorente movimento
giovanile, e la risposta del potere non poté essere diversa da
quella che si prevede per questa estate: pestaggi di massa, qualche
morto naturalmente addebitato ad altre cause, stato d'assedio nella
metropoli, strascichi e processi a non finire. Il candidato presidente
di allora, Humphrey, non la spuntò alle elezioni che vennero
vinte dal non meno bellicoso Nixon il quale però, pur fra mille
sotterfugi e rinvii, non poté fare a meno di iniziare lo
sganciamento dal conflitto nel Sud-Est Asiatico, conclusosi poi verso
la metà degli anni '70. Ma se da una parte l'apparato di guerra
interna allora era meno perfezionato (basti ricordare che allora non vi
erano videocamere installate), dall'altra i sostenitori della
continuazione della guerra potevano contare su interi sindacati che
inneggiavano agli "our boys in Vietnam".
Per seguire in diretta le preparazione e gli avvenimenti sono stati
allestiti una mezza dozzina di siti dedicati, fra cui, oltre a
Indymedia, www.., dai quali si accede agli altri.
A. Nicolazzi