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Umanità Nova, numero 26 del 5 settembre 2004, Anno 84

Caso Baldoni
Un sudario nazionalista



I morti non sono tutti uguali. Per una volta dobbiamo dissentire dal principe De Curtis: "a livella" non esiste. Tralasciamo le statistiche dell'orrore, quelle che ci narrano della vita media in Africa o della mortalità infantile in India, tralasciamo di scrutare queste statistiche per farci dire che le bambine che non arrivano a crescere sono assai più dei bambini. Smettiamo di leggere i giornali sui quali la strage mai finita di iracheni non merita nemmeno un trafiletto mentre ogni morto tra le truppe occupanti si guadagna le prime pagine.
Che i ricchi campino più e meglio dei poveri cristi e, soprattutto, delle povere criste è una tale ovvietà che non merita di essere citata, che i vincitori contino più dei vinti è un'altra ovvietà che non vale la pena ripetere.
Se questo fosse un mondo giusto non dovremmo tenere alcuna macabra contabilità.

Ci sono eventi che travalicano la comune percezione del dolore, della disuguaglianza, della ferocia del potere e dei suoi lacchè, eventi che ci scuotono dall'inevitabile apatia in cui ci getta l'ovvietà dell'orrore.
La tragica fine di Enzo Baldoni è uno di questi.
Lasciamo da parte l'indecente gioco allo scaricabarile con il quale chi avrebbe dovuto vegliarne la sicurezza cerca di sfuggire alle proprie responsabilità: la miseria dei personaggi coinvolti si commenta da sola.
La "livella" che tutti ci colpisce da vivi, quella che serve a creare il clima adatto a convincerci che la "loro" guerra è anche affar nostro, ha operato con rara limpidezza in questa storia. Se non fosse costata la vita ad un uomo non sarebbe che una farsa schifosa, degna degli attori di quart'ordine che l'hanno recitata.

Da un lato la voce del padrone, che dalle colonne di "Libero" si è affrettato a disegnare il povero Baldoni come una sorta di "turista per caso" a caccia d'emozioni, l'antiitaliano, quello che simpatizza con il nemico e finisce inevitabilmente con lo scottarsi. Giornalista indipendente, non arruolato, andava screditato, trasformato in una sorta di avventuriero sciocco, un incosciente che i guai se li era andati a cercare invece di restarsene a casa propria come tutte le persone per bene.
Di fronte all'immagine del mercenario Quattrocchi, un vero macho cazzuto, che muore da "italiano" gridando il proprio disprezzo al nemico, Baldoni è disegnato come un pirla, un imbelle pacifista senza spina dorsale.

Dall'altra parte i nazionalisti iracheni che lo hanno rapito ed ucciso fanno l'operazione opposta: Baldoni, in quanto italiano viene arruolato tout court tra i nemici, tra coloro che sono responsabili delle scelte del proprio governo e si ritrova così di colpo in prima linea, con tanto di divisa ed elmetto.
È il capolavoro delle opposte ma specularmente identiche follie nazionaliste, che seguono una logica immutabile pur nel variare delle epoche, dei climi e delle latitudini. Per questa logica non esistono, né dovrebbero esistere individui, ma solo nazioni all'interno delle quali o ci si arruola o si è considerati traditori ed equiparati a nemici da combattere.

In questi tempi oscuri, all'epoca della guerra globale permanente il peggior ciarpame nazionalista torna in auge, affiancato da quello scontro di civiltà/religione che, a detta dell'onorevole Pera, dovrebbe vederci tutti pronti a combattere.
Uno come Baldoni, uno che non era disposto a farsi irreggimentare, era scomodo per tutti, a tutti faceva più comodo morto che vivo. Per il governo italiano la sua storia rappresenta un utile monito a tutti i rompicoglioni, a tutti i ficcanaso perché si tengano alla larga, perché non cerchino di mettere becco nella guerra coloniale che l'esercito italiano sta combattendo in Iraq. Per gli altri, per i fanatici nazionalisti iracheni, Baldoni non era una persona singola, con le sue idee e le sue responsabilità individuali, ma un "italiano" e, quindi, un nemico da ammazzare.

Spezzare la rovinosa follia del nazionalismo, dello scontro di civiltà, è il primo passo per riconsegnare a ciascuno la propria responsabilità individuale, per far sì che le reali poste in gioco nella guerra in Iraq: il controllo delle risorse, dei territori, delle vie di comunicazione emergano al di là dell'orrendo sudario nazionalista nel quale tutti, da un lato e dall'altro del fronte, vogliono avvolgerci.
Ci hanno provato con Baldoni, ma non ci sono riusciti. Gli uni l'hanno ammazzato, gli altri hanno gettato su di lui il discredito, ma anche grazie alla dignità dei suoi cari e dei suoi amici, a noi tutti resta l'immagine di un individuo con la sua vita e le sue scelte e non una bara avvolta nel tricolore.

Mortisia

















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