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Umanità Nova, numero 27 del 12 settembre 2004, Anno 84

La spirale del terrore
Feroci giochi di potere macinano vite, speranze, futuro



"... Mentre in tutto il mondo sale senza attenuanti la condanna del terrorismo...". Mai come questa volta stride la ripugnante retorica con la quale si sguazza nella tragedia di turno, perché è tale il dolore per quanto è successo in Ossezia, che diventano addirittura impudiche e offensive le solite frasi fatte con le quali, davanti a milioni di spettatori, sedicenti giornalisti, mandati a dire "la cosa giusta al momento giusto", si asciugano il ciglio con funeree facce di circostanza.

L'eccidio di Beslan, questa catastrofe che lascia attoniti per la sua efferatezza, non è che l'ultimo atto, in ordine di tempo, di una guerra infame iniziata una quindicina di anni fa, quando, con la fine della guerra fredda, il potere, i poteri statali, industriali, finanziari, religiosi, nazionalistici dovettero trovare nuove basi, nuove emergenze sulle quali attestare la loro legittimazione. Nuove emergenze grazie alle quali compattare e controllare un mondo che per cinquant'anni si era mostrato disposto a soprassedere docilmente a qualsiasi nefandezza, a oriente come a occidente, in nome ora della lotta al comunismo, ora di quella al capitalismo. E, visto come stanno andando le cose, sembra proprio che il gioco delle parti stia funzionando a meraviglia.

Noi però, inguaribili nemici del potere e dei poteri, non sappiamo cosa farcene della "condanna senza attenuanti che sale da tutto il mondo", e vogliamo invece cercare di capire sempre più a fondo i come e i perché di quanto accade, i come e i perché di questo gioco delle parti. Se non altro come sincero atto di rispetto e di omaggio all'infanzia trucidata nella scuola di Beslan, perché i bambini massacrati in questi giorni non devono sopportare, oltretutto, anche le lacrime di coccodrillo versate sulla loro sorte nelle stanze del potere di tutto il mondo.

È fuori discussione che il terrorismo religioso e nazionalista abbia fatto un salto di qualità. Se prima della caduta del muro di Berlino era relegato in aree marginali europee e mediorientali (Irlanda, Paesi Baschi, Palestina...) e quasi mai poteva, o voleva, "esportare" le proprie attività in altre parti del mondo - anche perché i propri interessi erano essenzialmente locali - in questi ultimi anni la sua diffusione e il suo raggio d'azione si sono estesi in modo esponenziale. E, come dicevamo, questa sua potenzialità offensiva, che ne ha fatto il nemico numero uno del "mondo civile", si è trasformata in una vera e propria ragione d'essere di molte delle politiche internazionali delle nazioni dominanti sulla scena mondiale. Una ragione d'essere che, come già a suo tempo la citata dialettica della guerra fredda, ha determinato e condizionato quasi tutte le iniziative politiche e militari degli imperialismi in questi ultimi anni. Evidentemente, quindi, il fondamentalismo armato serve, ed è ben lungi dall'essere il pericolo mortale per la democrazia che si vuol far credere. E questa considerazione, perfino banale, non può certo essere considerata una novità. E se il fondamentalismo armato serve, allora non possiamo esimerci dal porre due semplici domande: a chi serve? e chi è disposto a fare da servitore?

Innanzitutto è chiaro che non serve alla gente. Non serve ai passeggeri degli autobus israeliani o a quelli degli aerei russi, non serve agli autisti turchi in Iraq e nemmeno ai brokers dei grattacieli di Manhattan, non serve ai giornalisti italiani, francesi o di qualsiasi altra nazionalità, come agli spettatori dei teatri moscoviti o agli utenti della metropolitana di Madrid. Non serve nemmeno ai nepalesi di cui si è parlato così poco, forse perché anche se sono stati sgozzati in dodici, erano comunque soltanto dei nepalesi. E non serve, purtroppo, nemmeno ai bambini osseti e alle loro povere madri.

Serve allora forse ai musulmani, alle masse in gran parte disperate, che popolano i paesi islamici? A quelle masse in nome e per conto delle quali sembra che una delle parti contendenti abbia preso le armi? Non ci sembra che queste "eroiche" azioni abbiano portato felicità e benessere alle popolazioni, che so? del Sudan o del Marocco. Siamo molto più propensi a credere, piuttosto, che queste popolazioni potrebbero ottenere un po' più di felicità e benessere rispolverando quella vecchia lotta sociale, poveri contro ricchi, sfruttati contro sfruttatori, tanto per intenderci, che farebbe loro capire come stiano davvero le cose. Supponiamo, ad esempio, che i proletari palestinesi ed israeliani si accorgessero una volta per tutte che non sono Sharon ed Arafat i loro protettori o che le masse di Teheran o Giakarta smettessero di sognare il paradiso che gli promettono i loro preti... Ma se il terrorismo fondamentalista non serve alla gente, nemmeno a quella in nome della quale si inventa una ragion d'essere, allora, a chi serve, chi se ne avvantaggia?

Indubbiamente serve a una parte dei terroristi (anche se non certo a quelli che si fanno saltare in aria credendo in un aldilà pieno di delizie), perché così si ritagliano una fetta di potere e di autorevolezza "combattendo" contro i satana di turno. Ma mi pare riduttivo pensare che le migliaia e migliaia di morti di questi anni servano solo a rafforzare qualche leadership personale. Se davvero così fosse, sarebbe bastata un'azione minimamente combinata fra le varie potenze per avere ragione di tutti i Bin Laden di questo mondo, senza lasciarsi distruggere i grattacieli di New York o i treni di Madrid. Evidentemente, invece, e anche questo sembra banale dirlo, il terrore seminato a piene mani fra le popolazioni occidentali (e non solo occidentali) e alimentato dalle quotidiane dichiarazioni dei ministri degli interni di mezzo mondo su nuovi pericoli e nuove emergenze, serve (eccome se serve!) alle vere leadership politiche che controllano i destini del mondo. Senza i cattivi terroristi o i dittatori e i raìs che li finanziano e dirigono, non ci sarebbero state le due guerre in Iraq, quella in Somalia, quelle balcaniche, quella in Afganistan, le intifade e controintifade, la guerra cecena... e tutte quelle che verranno. E la vera internazionale del terrore, quella di Putin che in nome della ragion di stato scatena le sue teste di cuoio contro i bambini di Beslan, quella di Bush (e della sua corte) che si affretta a porgere i complimenti per l'ottima riuscita, quella dei potenti della terra che giocano con la vita della gente come il gatto con il topo, continua a muovere le sue mortali pedine in una lugubre partita a scacchi discettando su dove, come e quando provocare qualche altro centinaio (o migliaio) di morti e su che tipo di risposta dare a "questa nuova sfida del terrorismo". 

Ma se questo è il cinismo del potere, purtroppo dobbiamo fare anche altre considerazioni e chiederci come possa venire reclutata, e "addestrata" tanto mostruosamente, questa massa di manovra. Perché, con tutta evidenza, qualcuno che fa esplodere un treno di pendolari o sgozza a mani nude un ostaggio inerme, qualcuno che si fa saltare in aria fra la gente o che fa il tiro a segno contro i bambini di una scuola osseta, esiste, e non possiamo pensare che sia lui l'agente della Cia o del Kgb.

Dietro al cosiddetto manovale del terrore, pare proprio che ci sia di tutto. Tutto il peggio di cui può essere vittima, o partecipe, un individuo. Innanzitutto, in molti casi, la disperazione, la disperazione vera di chi ha subito, e sta subendo, i continui oltraggi di un potere estraneo e oppressore. Il kamikaze di Gaza o lo sgozzatore di Tikrit, la vedova nera di Grozny o il combattente di Kabul, tutti hanno vissuto - e continuano a vivere - sulla propria pelle le carezze di polizie ed eserciti criminali e razzisti. E queste carezze, brutalmente e gratuitamente reiterate, li hanno trasformati, indistintamente, in persone incapaci di ritrovare quel senso di umanità che generalmente alberga in ogni essere umano. Crudeltà chiama crudeltà, e le violenze subite devono essere trasformate in violenze fatte subire ad altri, non importa a chi. Su questa perdita di umanità (di cui Beslan ha mostrato esiti di crudeltà infinita e fino a ieri impensabile) si innesta poi, e crediamo solo a posteriori, l'ideologia. Ideologia che, generalmente, altro non è che una forma più o meno indecente di fanatismo religioso. E nell'instillare questo fanatismo, i maestri non sembrano mancare. Se le violenze subite e il fondamentalismo non dovessero bastare, si introduce allora l'altra bestia nera, il nazionalismo, offerta su un piatto d'argento ai tanti popoli costretti a subire l'egemonia e l'oppressione di altri popoli. Un'ottima miscela, come si vede, efficace e produttiva, apparentemente inesauribile nelle sue fonti: l'oppressione fisica, quella religiosa, quella culturale. E una miscela sempre pronta a prendere fuoco a comando, sia che il comando provenga da questa o da quella parte. Tanto non fa differenza!

Qualcuno, fra i nostri vecchi, diceva che non bisogna mai perdere il senso dell'umanità, anche e soprattutto quando sembra che tutto concorra perché ciò avvenga. E qualcun altro non ha mai smesso di ammonirci che il mondo che vogliamo deve essere costruito con mezzi coerenti con i fini. Sono queste, solo queste le condizioni necessarie perché la ribellione di un individuo o di un popolo possa diventare anche la nostra ribellione. E perché questa ribellione possa liberarsi dalle pastoie e dalle chimere con le quali "preti, padroni e governi" ne fanno un loro macabro strumento.

Massimo Ortalli

















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