Umanità Nova, numero 27 del 12 settembre 2004, Anno 84
La messa a punto di un OGM costa tra i 200 e i 400 milioni di
dollari e richiede dai sette ai dieci anni. Come contropartita per un
tale investimento, le multinazionali (Monsanto, Novartis, AgroEvo,
Dupont e Zeneca, per citare le principali) devono necessariamente
ottenere un profitto dalla commercializzazione della loro "invenzione".
Ogni varietà ottenuta da un organismo geneticamente modificato
è protetta da brevetto; per potere riseminare da un anno
all'altro, bisogna ogni volta pagare royalties all'impresa,
l'agricoltore acquista, quindi, una licenza di coltivazione.
Paradossali i casi di agricoltori biologici che hanno avuto le loro
piante contaminate da geni OGM, non solo non hanno ottenuto
risarcimenti per i danni subiti dalla mancata vendita dei loro prodotti
nei circuiti biologici (in agricoltura biologica non è ammesso
l'utilizzo di ogm), ma hanno dovuto pagare le multinazionali per aver
coltivato, senza averlo voluto, delle piante coperte da brevetto.
I colossi produttori delle sementi transgeniche sono molto tutelati,
negli USA ad esempio, chi decide di coltivare la Soia Roundup della
Monsanto firma un contratto che impegna a non utilizzare semi ricavati
dal proprio raccolto per la semina dell'anno successivo. La
multinazionale può quindi effettuare controlli e l'agricoltore,
se non rispetta quanto ha sottoscritto, paga penali di circa 3.000 $
per acro (1acro = 4047 m2). Inutile ricordare che le condizioni di
oligopolio in cui operano le grandi ditte sementiere permettono di
imporre agli agricoltori prezzi da cartello.
Nonostante il notevole sforzo delle imprese biotech, teso a promuovere
la diffusione e il consumo degli organismi geneticamente modificati,
sia da parte del mondo scientifico sia da parte dell'opinione pubblica
sono stati sollevati numerosi dubbi sull'opportunità di
sostenerne la produzione e l'utilizzo alimentare. Per altri ancora il
rifiuto degli OGM è divenuto uno dei fronti di lotta contro lo
strapotere delle multinazionali nella più ampia contestazione
dell'economia globalizzata. Le difficoltà incontrate dai
manipolatori dei geni, hanno rallentato, specialmente in Europa,
l'avanzata dei frankenfood (cibi frankenstein) come qualcuno li ha
definiti.
La diffidenza dei consumatori, la mancanza di informazioni e garanzie
sull'innocuità dei prodotti transgenici aveva spinto l'Unione
Europea a sostenere una moratoria che dal 1998 ha frenato la
commercializzazione dei prodotti ogm.
Ma in seguito alle forti pressioni e minacce esercitate in sede di WTO qualcosa sta cambiando.
Dal 18 aprile '04, i 450 milioni di cittadini europei possono "contare
sulla trasparenza delle etichette" per cibi e mangimi, è infatti
diventato operativo il regolamento UE sull'etichettatura dei prodotti
OGM. Secondo le direttive, è necessaria l'indicazione in
etichetta se la presenza di materiale transgenico è superiore
allo 0,9% per ogni ingrediente presente in un alimento. La tolleranza
dello 0,9% dà per scontata una sorta d'inquinamento delle
derrate alimentari per opera degli OGM (in questo caso la "tolleranza
zero" a tutela del consumatore stranamente non è contemplata).
Non a caso, la Commissione di Bruxelles ha subito dopo autorizzato
l'importazione, la trasformazione e la vendita di un tipo di mais
dolce, il "Bt-11", prodotto dalla multinazionale svizzera Syngenta. Con
l'aggiunta del mais "Bt-11" sono 17 gli OGM ammessi sui mercati
europei. Otto di questi sono destinati all'alimentazione degli animali;
il resto (soia, mais, semi di colza) è presente nel cibo per gli
uomini, in particolare negli oli di semi, fritture precotte, merendine,
zuccheri e sciroppi. La lista d'attesa comprende altri otto
"preparati", quasi tutti derivati dal mais, più una
varietà di zucchero da barbabietola e una di semi di soia.
Il ministro della Salute Girolamo Sirchia si è affrettato ad
affermare che: "Non ci sono evidenze scientifiche che provino la
pericolosità degli ogm. Occorrono decisioni prudenti e oculate
ma non è accettabile una condanna generalizzata di questi
prodotti che potrebbero offrire grandi prospettive nella lotta contro
la fame".
Questa dichiarazione si pone in linea con la strategia delle
multinazionali oggi centrata sulla biotech acceptance: fare accettare
gli OGM dalla società, poi - o in concomitanza - inondare i
mercati. Allo scopo, negli Stati uniti, sono state lanciate massicce
campagne di aggressione pubblicitaria: gli spot televisivi sono
comprati direttamente dall'organo di propaganda delle imprese del
settore, il Council for Biotechnology Information. La Monsanto è
tra i fondatori di questo organismo, che centralizza le informazioni
relative ai "benefici dei biotech".
In precedenza l'Astra-Zeneca annunciava di voler rinunciare alle
royalty per la coltivazione sperimentale del "Golden rice" al fine di
favorirne la diffusione in quelle regioni dove la carenza di vitamina A
influisce negativamente sulla salute dei bambini; uguale promozione
veniva, poco dopo, ufficializzata dalla Monsanto.
Attenzione, i padroni del biotech si guardano bene dal rinunciare al
brevetto, semplicemente offrono delle licenze di coltivazione
temporanee sulle quali non richiedono i diritti.
La strategia persuasiva, in questo caso, ha individuato il "Golden
rice" come utile strumento per spargere un po' di retorica umanitaria
insieme ai semi transgenici. Il riso in questione è ricco di
beta-carotene, un importante fattore nutritivo per milioni di bambini,
specialmente nei paesi asiatici, che a causa della carenza di vitamina
A rischiano la cecità (il beta-carotene è un precursore
della vitamina A).
La suggestione emotiva generata da questi benefattori
dell'umanità verrebbe facilmente "sgonfiata" aggiungendo che tra
le cause della carenza di micronutrienti non possiamo dimenticare la
spinta che la "rivoluzione verde" fornì all'affermarsi della
monocoltura del riso (indovinate chi traeva, allora, sostanziosi
profitti dalla produzione di pesticidi, erbicidi, concimi e sementi di
ibridi).
Il problema non è quindi legato allo scarso contenuto di
beta-carotene nel riso ma, piuttosto alla povertà della dieta.
La soluzione proposta con il "Golden rice" è la risposta di chi
ha una visione parcellizzata della realtà, dove non si mette in
discussione la povertà della dieta né, tanto meno, la
causa della povertà che affligge gran parte della popolazione.
Ma anche se il riso "miracoloso" finisse nelle ciotole degli asiatici
non ci sarebbe alcuna garanzia di beneficio per quegli individui che
non disponessero di cibi ricchi di grassi o oli. Infatti il
beta-carotene è liposolubile e quindi il suo assorbimento
intestinale risulta efficiente solo in una dieta che comprenda grassi
ed oli. Per concludere, bisogna anche sottolineare che per soddisfare
il fabbisogno di vitamina A, nutrendosi esclusivamente del riso
geneticamente modificato, se ne dovrebbe mangiare più di un Kg
il giorno!
L'illusione creata dai sostenitori degli ogm s'incrina di fronte ad
altre considerazioni, ad esempio vale la pena di ricordare che esiste
una concreta probabilità che si selezionino ceppi di insetti
resistenti alla "proteina insetticida" Bt, quella ricavata dal Bacillus
Thuringensis. Attualmente utilizzata in agricoltura biologica
attraverso irrorazioni, la sua produzione è stata resa possibile
in continuità con l'inserimento di un pezzo dell'acido nucleico
del microrganismo nel DNA di diverse specie vegetali.
Secondo alcuni entomologi, la probabilità che si manifestino
fenomeni di resistenza è molto alta, poiché gli insetti
sono dotati di un'altissima variabilità genetica, che consente
loro di adattarsi alle condizioni ambientali più sfavorevoli.
Esempi di questo tipo si sono avuti negli ultimi anni in merito alla
selezione di individui resistenti a taluni antiparassitari, per
sconfiggere i quali si è reso necessario sperimentare ed
adottare nuovi formulati. Da rilevare, a questo proposito, che le
stesse ditte sementiere consigliano di associare alla coltivazione
delle piante transgeniche anche una percentuale (15% circa) di piante
normali, al fine di non dar vita a ceppi di insetti geneticamente
resistenti.
Non si può nascondere che a fronte di massicci investimenti,
anche pubblici, destinati alla "creazione" di nuovi individui
transgenici, non vi sia stato un analogo impiego di mezzi e di uomini
per la ricerca in merito alle conseguenze derivanti dall'utilizzazione
di questi organismi in pieno campo.
Si ricorda a questo proposito che gli OGM sono a tutti gli effetti
"esseri viventi", in grado di replicarsi autonomamente, perciò
una volta diffusi nell'ambiente sarà molto difficile ostacolarne
la diffusione, anche nel caso in cui risultassero dannosi per l'uomo e
per l'ecosistema.
La manipolazione genetica ragiona sullo sviluppo di soluzioni legate al
singolo gene per risolvere problemi che derivano dagli equilibri
ecologicamente instabili legati alla pratica della monocoltura; un
approccio "riduzionistico" che percepisce i problemi in termini di
deficienze genetiche degli organismi, trattando la natura come un
fattore della produzione, gli agricoltori come operai dell'agribusiness
con sempre minor autonomia decisionale, i consumatori come anello
conclusivo della macchina da profitto senza possibilità di
scelta.
In quest'ottica si inserisce anche l'attuale tendenza che sostiene la
possibile coesistenza delle produzioni tradizionali e biologiche con
quelle OGM.
In realtà questa è solo un'altra faccia della strategia
commerciale, adoperata dalle multinazionali al fine di determinare una
progressiva irreversibilità della diffusione degli OGM.
"L'inquinamento" delle sementi, dei derivati alimentari e della materia
prima agricola appare sempre più come un fenomeno frequente ed
inevitabile, ma è invece una scelta consapevole e volontaria.
Come prova di ciò la questione dei codici doganali.
Il codice doganale è lo strumento indispensabile per la gestione
degli scambi commerciali internazionali, ed è nato dall'esigenza
di individuare in modo univoco ed agevole il complesso delle merci che
denomina per evitare sinonimie o omonimie che possano creare
difficoltà nelle transazioni commerciali, soprattutto
internazionali.
Il Codice Doganale Europeo, nel caso relativo a sementi, derivati
alimentari e materie prime agricole, è a tal punto dettagliato
da differenziare la natura stessa dei diversi ibridi destinati alla
semina.
Incredibile ma vero, nessuna delle molteplici specie di OGM
commercializzate dispone di un Codice Doganale che le possa
distinguere, sul piano fiscale almeno, da sementi o da materia prima
agricola di origine naturale.
Pertanto gli OGM, allo stato attuale (ho rintracciato informazioni che arrivano sino all'inizio del 2003), costituiscono una categoria merceologica "clandestina" che, in quanto tale, circola per il pianeta in modo surrettizio.
La segregazione dei prodotti agricoli e agro-alimentari OGM, dai prodotti agricoli e agro-alimentari di origine naturale, sottolineata dalla distinzione dei codici doganali, obbligherebbe i produttori e distributori ad organizzare stoccaggi e trasporti di OGM rigorosamente separati dagli altri prodotti, con aumento dei costi e un'indubbia difficoltà nel favorire "l'inquinamento inevitabile" di questi ultimi.
Inoltre il brevetto, che le multinazionali hanno a tutti costi voluto a protezione delle invenzioni biotech, costituisce il presupposto giuridico che rende inequivocabile la distinzione merceologica, ad esempio, fra un mais OGM ed un mais di origine naturale. Ci si è sempre battuti contro il principio della brevettabilità di ciò che è patrimonio naturale e collettivo, ma la richiesta delle multinazionali di essere tutelate dal diritto brevettale che definisce i prodotti protetti come "unici e originali", di fatto conferma che i prodotti OGM non possono che essere considerati come categoria merceologica in tutto distinta da prodotti di origine naturale ed è perciò che necessitano di un Codice Doganale adeguato alle proprie caratteristiche.
Al di là degli espedienti burocratici, utilizzabili per
smascherare le reali intenzioni di chi ha unicamente il profitto come
obbiettivo, è necessaria una costante opera di
controinformazione per aumentare il grado di consapevolezza di chi
rifiuta di subire passivamente le scelte del potere economico.
Contro i "trucchi" e le prevaricazioni delle multinazionali, denunciamo la farsa umanitaria, boicottiamo gli OGM!
MarTa