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Umanità Nova, numero 29 del 26 settembre 2004, Anno 84

La guerra contro le donne
La galleria degli orrori su scala globale



Siamo tristemente abituate alla condizione delle donne in zone di guerra o in paesi che consideriamo, per molte ragioni, in guerra con le donne. 

Da sempre sappiamo che nei conflitti le donne sono le principali vittime: mutilate, stuprate, rese schiave.

Non ci siamo certo dimenticate le migliaia di "donne di conforto", praticamente schiave sessuali, durante la Seconda guerra mondiale, né gli stupri etnici in Bosnia, o le bambine soldato, o le mutilazioni sessuali che moltissime donne (se ne calcolano, per difetto, 130 milioni) hanno subito, né l'acido solforico con cui le donne in Bangladesh vengono sfigurate se osano rifiutare un corteggiatore.

E la galleria degli orrori potrebbe continuare, purtroppo, ancora per molte, troppe, pagine.

Però in casa nostra, noi donne occidentali, dovremmo essere al sicuro, al riparo da ogni insidia.

Ma non è così: per un enorme numero di donne la casa è un luogo d'inferno, la violenza un dramma quotidiano, familiare, che colpisce dal 20 al 50% della popolazione femminile, a seconda delle regioni.

Questo non succede solo nei paesi più poveri, svantaggiati economicamente o culturalmente: è, beata globalizzazione, un fenomeno transnazionale.

In Europa, secondo un dossier di Amnesty International, per le donne tra i 16 ed i 44 anni la prima causa di morte sono le brutalità domestiche. La violenza maschile riesce a fare più vittime del cancro e degli incidenti stradali.

Le cifre danno solo un piccolo squarcio della realtà; in Italia (i dati sono dell'Istat, e si riferiscono ad alcuni anni fa), 714 mila donne hanno subito uno stupro o un tentativo di stupro: 4 donne su 100 nella nostra bella Italia portano con sé questo orrore, e le cifre descrivono solo una piccola parte della realtà, perché la maggior parte dei casi non viene denunciata. Tra gli omicidi familiari, il 70% delle vittime è una donna e nella maggior parte dei casi l'uccisore è il partner.

Nei 15 stati dell'U.E. (quelli prima dell'allargamento a 25), ogni anno tra le mura di casa muoiono 600 donne: ogni giorno 2 donne perdono la vita a causa delle violenze domestiche nella civilissima Europa.

Se guardiamo quali sono i paesi più "violenti", prendendo la percentuale delle donne morte in rapporto al totale della popolazione femminile rimaniamo ancora più sbalordite: dopo la Romania, vengono la Finlandia, la Norvegia, il Lussemburgo, la Danimarca, paesi considerati, nei luoghi comuni, paradisi di li libertà.

Se andiamo oltreoceano troviamo che negli USA ogni 15 secondi una donna viene picchiata brutalmente, in Canada il 29% delle donne dichiara di essere stata almeno una volta picchiata dal coniuge.

Ma lo stereotipo dell'uomo brutale, rozzo ed incolto non regge: la maggior parte delle violenze è opera di uomini con un buon livello di cultura e spesso un buon lavoro.

La violenza domestica viene spesso taciuta perché "privata", non viene raccontata, viene vissuta come un disonore da occultare, anche presso le nostre famiglie. Lo stupro coniugale non è considerato un atto ignobile: la donna "appartiene" al suo uomo, comprata con il matrimonio o il primo atto sessuale, e quindi non può non essere consenziente.

Gli atteggiamenti di intimidazione e di persecuzione creano dipendenza, sottomissione; l'incapacità di raccontare crea isolamento, depressione, infelicità.

Le violenze non vengono alla luce, e quando invece sono denunciate non esiste nulla che possa sostenere la donna nella difficile ricostruzione della sua identità.

Molte organizzazioni di donne chiedono che i governi facciano leggi più severe, che puniscano gli uomini e "tutelino" le donne.

Difficilmente però questa strada porterà beneficio alle donne: l'inasprimento delle pene non ha mai portato ad un calo neppure dei divieti di sosta.

Prima di tutto è necessario conoscere, sapere, raccontare… Comprendere perché queste cose accadono per cambiarle, per non considerarle naturali, per cancellarle dalla storia. Un movimento che porti coscienza, che attacchi il potere maschile, partendo dalla forza che si ha quando ci si mette in relazione con altre donne potrà dare voce a chi l'ha persa o non la hai avuta.

Perché abbassare la testa non serve, continuare a combattere sì.

R. P.



















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