Umanità Nova, numero 30 del 3 ottobre 2004, Anno 84
Il populismo si definisce per una
serie di codici e parole d'ordine: da un lato "l'appello al popolo" e
l'idea di ridare voce e potere alla sovranità popolare,
dall'altro l'accento posto sull'autorità e spesso sul
nazionalismo.
(Pierre Milza, Institut
d'études politiques)
La recente avanzata elettorale dell'estrema destra in Germania che ha
visto il NPD toccare il 9,2% in Sassonia e la DVU il 6,1% nel
Brandeburgo, ha suscitato varie allarmate reazioni, a conferma di una
certa tendenza ad accorgersi e preoccuparsi del ritorno del fascismo
solo quando questo si manifesta in non più trascurabili
percentuali di voti.
Il problema però, a ben vedere, non è circoscrivibile
alle cifre elettorali, che non corrispondono ad adesioni di tipo
militante o ideologico e neanche ad una crescita di iscritti; tali
numeri appaiono piuttosto come la risultanza della penetrazione sociale
e culturale del populismo di destra a fronte di un'incapacità
delle sinistre politiche a dare risposte radicali e conseguenti
rispetto al dominio economico che continua a produrre crisi,
contraddizioni e guerre immancabilmente pagate dai lavoratori e dai
senza-reddito, ma anche inadeguate nel rispondere alle crescenti
aggressioni sul piano dell'antifascismo attivo.
Il precipitare della situazione sociale ha, di contro, determinato
anche la crescita elettorale dei post-comunisti della Pds, a scapito
dei partiti democristiani, liberali e socialdemocratici.
Lasciando volentieri ulteriori analisi a politologi e sociologi, soliti
il più delle volte a scoprire il problema-nazi solo quando
assume caratteri macroscopici, per farlo poi rientrare nell'indistinta
categoria del "disagio sociale", può essere utile fornire alcune
informazioni sulla storia di queste due sigle che, peraltro, sono
soltanto una parte della più vasta e complessa galassia della
destra estrema in Germania.
National-Demokratische Partei
Deutschlands
Il NPD (National-Demokratische Partei Deutschlands), sorto alla fine
del 1964, ha rappresentato il principale punto di arrivo dell'estrema
destra tedesca, ma anche il risultato delle politiche portate avanti
dalla fine della Seconda guerra mondiale dai governi tedeschi e, in
particolare, dai due partiti democristiani (la CDU e la bavarese CSU)
che in nome dell'anticomunismo hanno per decenni protetto, finanziato
ed utilizzato la destra nazista, mentre l'esercito e le forze della
polizia registravano un crescente numero di neonazisti in divisa al
proprio interno.
D'altra parte, prima della caduta di Berlino, nella Germania Est il
neonazismo è stato per decenni appoggiato, coltivato e
finanziato dai servizi segreti - la famigerata Stasi - e dall'apparato
del regime "comunista"; basti dire che durante gli attacchi contro gli
ostelli per stranieri a Rostock nel '92 tra i nazi furono arrestati ben
quattro ex-agenti della Stasi.
Sulla matrice nazista dell'NPD basti dire che nella prima presidenza
del partito, vi erano tre vicepresidenti già dirigenti del
partito nazista, l'NSDAP, negli anni Trenta e ben altri cinque
componenti l'ufficio di presidenza figuravano iscritti al partito di
Hitler prima del '36, mentre oltre il 35% degli iscritti (7.500 nel
'65) aveva attivamente militato nel partito nazionalsocialista.
Minacciato di scioglimento dai partiti istituzionali, in applicazione
delle stesse leggi che negli anni '50 sancirono lo scioglimento del
Partito Comunista, il NPD ha dovuto fin dalla sua comparsa sottostare a
tale ricatto ed allo stesso tempo ha goduto della tutela che gli
derivava dall'essere una forza parlamentare, mentre altre piccole
formazioni neonaziste concorrenti sono state messe fuorilegge.
Da qui la sua ambiguità teorica di fondo, oscillante tra il
voler risultare comunque erede del nazionalsocialismo ed il presentarsi
come partito democratico, tanto che è stato da più parti
osservato come in nessun altro partito le contraddizioni ideologiche
interne sono state più evidenti, al punto da risultare privo di
un vero programma politico. D'altronde la vaghezza e l'indeterminatezza
programmatica è stata garanzia di sicurezza nei confronti del
rischio di scioglimento da parte degli organi dello stato.
Questa prudenza tattica però è stata per anni pagata con
la perdita di consensi in settori oltranzisti della società, sia
legati all'estremismo giovanile che alle associazioni dei reduci di
guerra nostalgici del regime della svastica, ma allo stesso tempo ha
funzionato da rifugio e ricettacolo di numerosi militanti delle frange
più esposte; tale crisi, dalla fine degli anni Ottanta,
favorì l'ascesa del Republikaner Partei, nato nell'83, partito
di destra sullo stile del Front National di Le Pen in grado di portare
avanti, sotto una parvenza di rispettabilità liberale assai
apprezzata dai ceti medi, posizioni non meno destrorse sulla sicurezza,
sull'immigrazione, sulla rivendicazione della cultura e della rinascita
morale della nazione ma persino delle frontiere del '37.
Negli anni Novanta, il Republikaner Partei giunse in alcune scadenze
elettorali e in alcuni Laender ad ottenere anche il 10% dei voti, tanto
che da più parti si era parlato di inarrestabile declino del NPD.
Ma, in una sorta di contrappasso, ai Republikaner è toccata la
stessa perdita di credibilità che aveva colpito l'NPD, a loro
volta accusati di moderatismo e subalternità rispetto alla
destra liberale e democristiana (così come avvenuto in Italia
per la Lega Nord e in Austria al Fpoe di Hayder), mentre l'NPD è
tornato a catalizzare, soprattutto nell'ex-Germania dell'Est, vecchie e
nuove pulsioni antisistema, soffiando sul fuoco delle proteste popolari
contro le misure governative a favore di una maggiore
flessibilità e della riduzione delle spese sociali a partire dai
sussidi di disoccupazione.
Nonostante che, solo 4 anni fa il presidente dell'NPD in materia
d'immigrazione avesse dichiarato "io non dico niente di più di
quello che dice Berlusconi in Italia o Le Pen in Francia" (intervista
su la Repubblica, 17.8.2000), adesso torna ad indossare le vesti della
lotta contro la globalizzazione ultraliberista.
D'altronde, durante la repubblica di Weimar, lo stesso partito nazista
giocò la carta dell'opposizione al bolscevismo e alla borghesia
venduta al capitale straniero, ergendosi a difensore dei lavoratori
tedeschi.
Detto questo però non sembra che l'attuale affermazione del NPD
possa essere considerata stabile né premessa di un allargamento
significativo della base militante del partito che, in questi decenni,
ha visto sempre oscillare il suo numero di iscritti tra i 6 mila e un
massimo di 8 mila (cifra peraltro non del tutto attendibile), ossia
sostanzialmente lo stesso numero di quando venne fondato quarant'anni
fa.
Resta comunque il fatto che tale partito, e più in generale
l'estrema destra, costituisce un serbatoio utilizzabile per disegni di
stampo reazionario, come dimostra l'approvazione nel '92 delle leggi
anti-immigrazione da parte del governo, avvenuta proprio sull'onda
degli assalti xenofobi fomentati dai neonazi.
Deutsche Volksunion
La DVU (Deutsche Volksunion) è stata fondata nell'87 da un uomo
d'affari, Gerhard Frey, a capo della più grande concentrazione
editoriale dell'estrema destra, riferimento fondamentale per tutte le
elaborazioni nazionaliste, antisemite e revisioniste. La sua nascita si
configurò inizialmente come uno strumento di coordinamento tra
testate giornalistiche, quindi si trasformò in partito potendo
contare su una grande visibilità e su un enorme capitale. Nata
in contrapposizione con i Republikaner, è invece più
volte giunta ad intese con l'NPD, concordando con esso partecipazioni
non concorrenziali in occasione delle elezioni. Il suo programma, anche
se formalmente rispettoso dell'ordinamento democratico, si caratterizza
con le classiche posizioni contro gli immigrati per la difesa
dell'identità tedesca, le consuete rivendicazioni territoriali e
la protezione della politica familiare e, in essa, del ruolo di madre
della donna.
Sino a pochi anni fa dichiarava circa 17 mila iscritti ed è
presente nei parlamenti di vari Laender orientali; alla fine degli anni
Novanta ha conseguito una buona affermazione elettorale (attorno al
13%) nel Sachsen-Anhalt.
A cura dell'Archivio Antifa