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Umanità Nova, numero 30 del 3 ottobre 2004, Anno 84

Una prigione all'aperto
Il Muro dell'apartheid in Cisgiordania e Gaza



I recenti attentati palestinesi sono stati sfruttati cinicamente dal governo israeliano come un ulteriore motivo affinché il tracciato previsto per la costruzione del muro intorno ai villaggi arabi venga completato al più presto. Come forse non tutti sanno, ad oggi sono già state erette diverse centinaia di chilometri a partire dall'area di Jenin giù sino a Gerusalemme araba (Abu Dis, futura capitale del futuribile stato di Palestina), ma senza chiudere il cerchio intorno alla città santa alle tre religioni monoteiste. Parte del muro nell'area meridionale della West Bank è in via di definizione, mentre solo sulla carta è steso il percorso perimetrale che completerà l'accerchiamento, lungo l'asse sud-nord parallelo al fiume Giordano, ovviamente non al limite del confine con la Giordania, bensì ben dentro i territori occupati (ma mai riconosciuti a livello internazionale, anzi sempre stigmatizzati dalle sterili risoluzioni dell'Onu sin dal 1967). Alla fine, quella che è la Cisgiordania, occupata manu militari dalle truppe di Moshe Dayan nella Guerra dei sei giorni, diventerà un enorme ghetto a cielo aperto, con i principali centri palestinesi rinchiusi in enclave, mentre gli insediamenti dei coloni israeliani che resteranno integri, anzi accresciuti, sul suolo arabo saranno collegati da moderne strade e autostrade riservate esclusivamente ai possessori di passaporto ebraico.

Anche Gaza subirà tale destino di prigione all'aperto, già circondata da anni da muri di protezione, valloni, filo spinato, torrette, videosorveglianza e militari di ronda, anche sul versante egiziano dove in teoria Gaza dovrebbe confinare direttamente, mentre tra confine e territorio palestinese esiste una striscia militarizzata interdetta ai civili che permette il controllo da parte di Tsahal.

Il muro di recinzione nasce diversi decenni addietro dalla mente di un funzionario israeliano e di Sharon allora potente ministro delle infrastrutture.

L'ideologia sicuritaria che oggi permea ogni politica di stato in ogni luogo ha facilitato l'erezione in prospettiva di una fortificazione circolare che farà impallidire non solo il famigerato Muro di Berlino, ma anche la fatua Linea Maginot della I guerra mondiale. Tuttavia, è errato cadere nella trappola della prevenzione sicuritaria; gli attentati sembrano dimostrare non solo che dai varchi ancora non costruiti si passa con difficoltà (a contrario, infatti, senza muro gli attentati dovrebbero moltiplicarsi, specie dopo la duplice decapitazione del vertice di Hamas nella primavera scorsa) laddove è quindi evidente che la rarefazione della risposta violenta e terroristica della resistenza palestinese è motivata da una serie di misure principali - eliminazione diretta, controlli ai check point, intelligence preventiva, infiltrazione e compravendita di informazione delicate e riservate, ecc - che solo in seconda battuta vedono il muro come valido deterrente ed efficace ostacolo alla penetrazione di cellule palestinesi e di kamikaze esplosivi.

In realtà, il muro è figlio di una logica segregazionista, che mira direttamente al fatto compiuto di una annessione di territori e risorse, già conquistate manu militari, grazie a cui scambiare una legittimità internazionale non ancora matura con la cessione benevola di una striscia di Gaza in cui il rapporto demografico israelo-palestinese, al di là dei coloni insediati e da evacuare con una sorta di buonauscita pari a 300mila dollari a testa, è irrimediabilmente a svantaggio della popolazione ebraica.

Annessione e conquista di territorio costituiscono l'obiettivo strategico del conflitto in Medio oriente, secondo il modello di apartheid pluridecennale del Sudafrica, da rafforzare però con la discriminazione violenta attuata dall'elite israeliana: non solo umiliazione, non solo stillicidio infinito, ma anche una abilità a vendersi come capro espiatorio di un passato che non si ostina a estinguersi (e di cui però il mondo arabo non ha responsabilità alcuna) grazie al quale ottenere sostegno morale e finanziario, da parte delle nazioni ricche-e-potenti del pianeta, necessario a mantenere salda una stretta militarizzata sull'intera società israeliana, già a buon punto quanto a linea di degrado civile.

Massimo Tessitore




















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