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Umanità Nova, numero 31 del 10 ottobre 2004, Anno 84

Un autunno caldo?
Cuochi pronti a rosolarlo!




Le ragioni che hanno indotto i media, quest'estate, a parlare di un autunno caldo sono evidenti. Per un verso è chiaro a tutti che le questioni all'ordine del giorno sono effettivamente tali da rendere possibile e, diciamo noi, necessaria una mobilitazione forte e radicale dei lavoratori.
Basta enumerarle:
L'emergenza salariale e cioè la banale consapevolezza che l'impoverimento dei lavoratori dipendenti ha raggiunto un punto di crisi.
La precarizzazione del lavoro salariato che coinvolge strati sempre più larghi di giovani, e non solo giovani, lavoratori con le ricadute che ben conosciamo sulla vita sociale, il reddito familiare, le aspettative e la possibilità di programmare un proprio autonomo percorso di vita;
La contro riforma delle pensioni e la conseguente crisi delle possibilità di avere una vecchiaia decente per larga parte della popolazioni.
L'ulteriore taglio del welfare previsto dalla legge finanziaria.

Potremmo proseguire ma riteniamo che non valga la pena di tediare i nostri lettori.
Per l'altro, è altrettanto chiaro che l'allarme sociale preautunnale aveva il preciso fine di criminalizzare possibili, e necessari ribadiamo, momenti di conflitto sociale radicale. Basta pensare alla sin troppo nota intervista estiva del primo poliziotto d'Italia, alle cariche di Acerra, alla denuncia contro gli autoferrotranvieri che hanno scioperato qualche mese addietro per comprendere di cosa ragioniamo.
D'altro canto, il preavviso datoci è solo l'altra faccia di un dato di realtà con il quale il movimento dei lavoratori deve fare i conti e cioè la consapevolezza, magari non pienamente elaborata ma ben presente fra i lavoratori, che oggi, se si vogliono ottenere dei risultati, le lotte devono essere, ancora più che in passato, capaci di far male ai nostri avversari.
Se, sul piano delle relazioni fra le classi, i termini della questione sono ben chiari, vale la pena di porre in relazione questo dato con i movimenti che si danno sul piano istituzionale.
Ritengo che dobbiamo tenere presenti due livelli della partita in corso.
Chi abbia avuto la sorte di partecipare a qualche iniziativa della sinistra avrà notato come l'attenzione è già volta al quadro elettorale, alla possibile sconfitta del governo, al ritorno al governo del buon Balanzone. Nulla di nuovo sotto il sole rileverà qualcuno. È, però, un fatto, che i partiti influenzano, in qualche misura, i sindacati e che i sindacati, ci piaccia o meno, non mancano di terminazioni fra i lavoratori. Se si pensa, come molti pensano, che il problema è battere il cavaliere azzurro, ne consegue che, a fini elettorali, è opportuno non forzare troppo lo scontro sociale, non scontentare i misteriosi ma, in apparenza, onnipotenti "moderati", mostrare alla Confindustria, alla chiesa, alle corporazioni professionali che la sinistra è fatta di brave persone che intendono governare in maniera rispettosa degli interessi che i poteri forti incarnano. Lo stesso PRC, in nome dell'antico motto "primum vivere", è portato a mettere la mordacchia ai settori sociali e di movimento che influenza in nome dell'obiettivo di battere la destra.
Passando ad un livello più suggestivo della partita che si sta giocando, è bene ricordare che si è rotto l'asse fra governo e Confindustria e che la Confindustria stessa sta riproponendo quel patto sociale che, dal 1993, ha caratterizzato il governo delle relazioni sindacali. Vi è, da questo punto di vista, qualche novità.
Se un decennio addietro l'obiettivo unificante era il sanare i conti pubblici devastati dal governo del pentapartito ed "entrare in Europa", oggi si tratta di rilanciare lo sviluppo, bloccare il declino del sistema Italia, unire imprenditori e lavoratori i un blocco sociale virtuoso e volto a creare quella ricchezza che, poi… e sappiamo bene cosa voglia dire, sarà ripartita – preghiamo i compagni di non ridere troppo – equamente.

Basta sentire quanto ha dichiarato, fra l'altro, Luca Cordero di Montezemolo alla recente Convention dei giovani industriali tenutasi a Capri secondo il principio che i sacrifici si fanno meglio in un ambiente gradevole:
"Nuovo patto sociale. 'Occorre ricostruire il sistema degli ammortizzatori sociali e ai sindacati propongo un patto per nuove relazioni industriali, un patto sociale che sappia riformarli'. Dopo lo strappo del 14 luglio con questa offerta di concertazione rivolta esplicitamente al sindacato Montezemolo conta di aprire una pagina nuova e non caratterizzata dalla litigiosità. 'Non confrontiamoci solo sui contratti e sui salari altrimenti litighiamo' ha proposto. 'Parliamo di tutto, di ammortizzatori sociali, di cuneo fiscale, di innovazione tecnologica, di ambiente di lavoro.'"
Da "La Repubblica del 3 ottobre

È graziosa la considerazione che sul salario ed i contratti qualche problema c'è e si rischia di "litigare". Effettivamente, con questi chiari di luna, un patto sociale che non preveda qualche euro in busta paga è duro da digerire persino per dei detentori di stomaci da struzzo come sono i dirigenti dei sindacati concertativi.
Alla CGIL il nostro eroe non è dispiaciuto:
"A Epifani è piaciuto che il presidente degli imprenditori abbia messo al centro del suo discorso quelli che la Cgil considera come 'i problemi seri del Paese. Sviluppo e competitività vengono considerati dal numero uno della confederazione 'rossa' come temi privilegiati di un nuovo rapporto di collaborazione tra le parti sociali. Di conseguenza se c'era una disponibilità al dialogo con la nuova Confindustria, nel dopo Capri questa linea dovrebbe essere ampiamente riconfermata e trovare ancora maggiore seguito in Cgil. Subito dopo però si tratta di vedere su quali materie e come raggiungere dei veri e propri accordi. Epifani, comunque, ha apprezzato che Montezemolo dal palco di Capri abbia tolto, almeno per ora, dal menu del dialogo il tema dei contratti."
Da "Il Corriere della Sera" del 3 ottobre

Questo compiacimento potrebbe sembrare singolare ma si comprende se si considera che, sempre nello stesso articolo, si afferma:
"La Cgil sostiene da tempo che prima di arrivare a un vero negoziato con gli industriali i tre sindacati confederali devono raggiungere una posizione comune. Fino ad allora non se ne parla."
Ed effettivamente il fronte del sindacato istituzionale continua a sembrare un campo di Agramante con la CISL che corre come un topolino amoroso al richiamo della Confindustria e la CGIL che assume un'attitudine più vezzosa e reticente.
Savino Pezzotta, con lo stile burbero se non benefico che lo contraddistingue, afferma, infatti: "'Basta, la melina m'ha stufato. Io a discutere ci vado anche domattina, a questo punto gli altri facciano come vogliono'. Il pressing avviato da qualche settimana sulla Cgil per convincerla a ridiscutere gli assetti contrattuali, prima discreto e via via più incisivo, non ha prodotto risultati. Guglielmo Epifani continua a prender tempo, ma il segretario della Cisl, Savino Pezzotta, non sembra aver più voglia di aspettare. Soprattutto davanti alla nuova avance di Confindustria, che oggi propone un nuovo patto sociale, un accordo a tutto tondo prima della Finanziaria. 'Perdere quest'altra opportunità è come suicidarsi. Il sindacato deve muoversi, deve rischiare di più. Non si può più traccheggiare. Io mi sento ogni giorno più mortificato'".
Da "Il Corriere della Sera" del 3 ottobre

In sintesi, se sulla lotta contro il "declino" i sindacati concertativi sono d'accordo, sui temi e i modi si dividono ancora ma è sin troppo chiaro che il mazzo è nelle mani della Confindustria se la CGIL vuole tagliare fuori il governo e rifondare un rapporto privilegiato con il padronato.
Interessi di apparato ed interessi di classe, non è proprio una scoperta straordinaria, sono chiaramente divaricati.
A noi, con ogni evidenza, sta il porre al centro della nostra azione le questioni di merito, quelle che abbiamo indicato all'inizio dell'articolo e, nello stesso tempo, la denuncia degli effetti devastanti, dal punto di vista dei lavoratori, della pratica della concertazione sia partitica che sindacale e della sottomissione delle scelte sindacali a logiche elettorali.

Cosimo Scarinzi





















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