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Umanità Nova, numero 31 del 10 ottobre 2004, Anno 84

Scuola: la giornata del 1° ottobre
Scuo(TiAmo)la!



Il primo ottobre in tutt'Italia si sono svolte iniziative di lotta contro la riforma Moratti. Vi proponiamo di seguito due pezzi di cronaca e di valutazione critica del movimento che si è sviluppato in quest'ultimo periodo. Gli autori sono due compagni impegnati da molti anni nel sindacalismo di base della scuola: Patrizia Nesti dell'Unicobas e Cosimo Scarinzi della Cub Scuola. Il confronto tra i due testi offre una buona occasione di approfondimento ed interessanti spunti di riflessione.

Giornata di sciopero e di lotta

Venerdì 1° ottobre si è svolta una giornata di mobilitazione nazionale promossa dai comitati di opposizione alla riforma Moratti. Nella stessa data è stato effettuato uno sciopero dell'intera giornata indetto dal sindacato Unicobas Scuola per il personale docente e non docente. Lo sciopero ha dato vita a manifestazioni locali e ad una manifestazione sotto la sede del Ministero dell'Istruzione. Scopo dell'iniziativa sindacale sostenere le mobilitazioni in corso, al fine di dare maggiore incisività e rilievo alle lotte della categoria, oltre che alle iniziative dei comitati.
È evidente infatti che si sia fatto di tutto, nell'ultimo anno, pur di evitare uno sciopero di grossa portata, che coniugasse il livello girotondista della protesta antimoratti con il livello sindacale e con la reale agitazione della categoria. D'altra parte, come le virate sulla questione della guerra hanno dimostrato, chi segue il gioco delle compatibilità politiche pre- o para- elettorali non può che schiacciare il pedale del freno: è comprensibile quindi il sottotono con cui i sindacati legati a DS e PRC abbiano vissuto questa giornata .
In ogni caso mobilitazione c'è stata; e sciopero pure.
Oggetto delle iniziative l'attuazione della riforma, ma non solo.
L'anno scolastico infatti si è aperto con i problemi di sempre, complicati da una politica di tagli che inasprisce sempre di più la situazione. Quella che sembra la solita lista della spesa è la realtà quotidiana che grava sulle spalle di migliaia di lavoratori, di studenti, di famiglie.
Le classi sono sempre più numerose, l'orario di insegnamento è ottimizzato, anche ricorrendo alla scissione di discipline tradizionalmente aggregate); il personale amministrativo è sempre più gravato per le competenze che la scuola ha acquisito "grazie" all'autonomia. Il personale ausiliario è ridotto del 6% dalle leggi finanziarie dell'ultimo triennio.
E mentre si fanno i conti con questi problemi, si pensa bene di esasperare ancora di più la vivibilità delle scuole con iniziative caratterizzate da un comune inasprimento repressivo: dalla patetica questione degli ombelichi scoperti, alla ben più allarmante proposta delle "quote" per contenere il numero di alunni stranieri, alla volontà di installare strumenti di controllo del lavoro e della libertà di insegnamento/apprendimento (telecamere e orologi marcatempo), alle incursioni dei carabinieri nelle scuole per controllare che la riforma Moratti sia applicata.
Che queste misure repressive si concentrino sulla scuola non deve stupire, poiché le scuole in questo momento rappresentano un fronte caldo.
Le mobilitazioni contro l'attuazione della riforma, che hanno caratterizzato piuttosto vivacemente il passato anno scolastico, non si sono spente, anzi, stanno attraversando la fase più interessante. La lotta dei lavoratori della scuola, spesso oscurata volutamente dal protagonismo dei comitati dei genitori e delle associazioni, è ancora viva. Dal primo di settembre nelle scuole, si lotta duramente per contrastare le disposizioni applicative della riforma, dalla definizione di obiettivi e programmi alla revisione dell'orario, che porterà inevitabili perdite di posti di lavoro, alle questioni più strettamente inerenti l'organizzazione del lavoro. La vertenza principale è attualmente quella relativa all'istituzione del tutor, docente con funzioni di supervisore, a cui verrebbero affidati incarichi di particolare responsabilità, tra cui la stesura del famigerato portfolio (sorta di fedina penale dello studente che dovrà accompagnarlo dalla materna all'università).
Mentre la CGIL, unitamente ai suoi compari, pur contestando il tutor, sta partecipando alla trattativa nazionale che ne prevede i compensi e le possibilità di carriera, in molte scuole si lotta duramente per respingere l'istituzione di questa figura, rifiutando di elaborare i criteri di individuazione, rifiutando la formazione specifica, affermando il principio della collegialità e della condivisione della responsabilità professionale. E non si tratta di affermazioni di principio, ma di una dura azione di contrasto condotta nei Collegi dei docenti, nei consigli di classe, nelle commissioni di lavoro; una lotta che mette i lavoratori in contrapposizione con i dirigenti scolastici, ai quali l'autonomia ha regalato denari ma non l'affrancamento dalla mentalità di servili esecutori delle trovate del ministro di turno.
Questa lotta, quotidiana, costante oscura e tenace, ha scatenato i pruriti repressivi del Governo e dei suoi apparati.
Il Ministero alla fine di agosto ha diramato una nota in cui riaffermava la illegittimità dei documenti e delle prese di posizione dei collegi dei docenti in contrasto con l'attuazione della riforma, con un attacco inaudito alle facoltà di espressione (e di delibera) di un organo collegiale che ha prerogative squisitamente didattiche. Analoghe comunicazioni intimidatorie sono giunte, nei giorni seguenti, riguardo alla questione del rifiuto del tutor.
A metà settembre i carabinieri hanno fatto irruzione in un circolo didattico di Roma per appurare se vi fossero comportamenti di ostacolo all'attuazione della riforma, chiedendo i nominativi di coloro che avevano promosso un non meglio identificato sciopero della prima ora che nessuno aveva proclamato.
D'altra parte la partita non è di poco conto: una grossa componente di una categoria tradizionalmente adibita alla riproduzione dell'ideologia dominante pratica una lotta che rifiuta il meccanismo della gerarchia ed apre, più o meno coscientemente, contraddizioni rispetto al proprio ruolo sociale. E non è nemmeno la prima volta che questo succede.
Quattro anni fa il "concorsone", ideato dal ministro ulivista Berlinguer e dalla CGIL, pretendeva di selezionare con quiz i destinatari di un premio una tantum di sei milioni di lire che doveva ripianare miserie stipendiali stipulate dai soliti noti. Coloro che avessero superato il test, oltre a beneficiare dell'incentivo economico, sarebbero stati individuati come docenti con maggiori competenze, secondo il tormentone cigiellino della valutazione del sistema. La manovra fu fermata da un'ampia mobilitazione e da un imponente sciopero dei sindacati di base.
Oggi, ancora una volta, i lavoratori della scuola stanno sostenendo una dura lotta contro i processi di gerachizzazione e di divisione delle carriere. Quella del primo ottobre è stata una tappa importante in un lotta che va rilanciata  immediatamente.
Sarà indispensabile mantenere alto il livello di mobilitazione anche nei prossimi mesi, poiché dopo la scuola primaria (infanzia, elementare e media), è imminente il varo dei decreti attuativi della riforma anche nella scuola superiore. La situazione è dunque destinata a divenire ancora più complessa, soprattutto per gli interessi di Confindustria nel settore della formazione tecnica e professionale e richiederà, in modo determinante, anche la mobilitazione studentesca. 

Patrizia

L'alba dentro il tramonto?

Una valutazione equilibrata della mobilitazione del 1 ottobre contro la riforma Moratti deve tener conto di diverse considerazioni.
In primo luogo, il movimento contro la riforma Moratti, meglio sarebbe chiamarla controriforma, nel corso del passato anno scolastico ha coinvolto essenzialmente la scuola elementare direttamente colpita dal taglio del tempo pieno e dall'introduzione del tutor. Si sono sviluppati coordinamenti di insegnanti e genitori, vi sono state manifestazioni di zona, città, nazionali, si sono svolte moltissime assemblee.
Una mobilitazione analoga non vi è stata nella scuola media inferiore che pure viveva direttamente gli stessi problemi e, soprattutto, nella scuola secondaria superiore che pure è destinata al processo di smantellamento più radicale.
Negli istituti tecnici e professionali, gli insegnanti e gli studenti sono restati in attesa dei regolamenti attuativi della riforma.
Il movimento, inoltre, pur proponendosi in una prospettiva generale, ha teso a svilupparsi soprattutto al centro nord e cioè nelle aree del paese dove più massiccia, per diverse ragioni, è la presenza del tempo pieno.
Va, poi, considerato il fatto che il movimento attuale è assai poco simile a quello che batté sul campo, nel 1999, il concorso indecente di Berlinguer. La partita del tempo pieno e del tutor si gioca scuola per scuola, collegio docenti per collegio docenti, contrattazione di istituto per contrattazione di istituto con l'effetto di richiedere capacità organizzative straordinarie se si considera che gli istituti scolastici coinvolti sono diverse migliaia. Questa varietà di luoghi di scontro favorisce, è innegabile, processi di autorganizzazione ma pone il movimento di fronte ad un percorso, per usare un eufemismo, complicato.
Ne consegue che, alla fine del passato anno scolastico ed all'inizio del nuovo, si rilevavano segnali di stanchezza, la sensazione che si era rallentata l'attuazione della riforma ma che il progetto del governo non è stato bloccato.
Il 1 ottobre è stato il banco di prova delle possibilità effettive di rilanciare la mobilitazione e, soprattutto, di allargare il fronte alla scuola secondaria inferiore e superiore.
Un'ulteriore considerazione merita di essere posta alla discussione. Il movimento è fortemente "unitario" nel senso, sin banale, che la categoria o, almeno i suoi settori più combattivi, chiedono con forza, basta tenere un po' di assemblee per rendersene conto, la discesa in campo dell'assieme del movimento sindacale. Quest'atteggiamento permette all'apparato di CGIL-CISL-UIL di conquistare uno spazio che in passato non aveva e determina contraddizioni immediate e, soprattutto, tendenziali, notevolissime.
Basta pensare al fatto che i sindacati istituzionali sono tutt'altro che contrari a una qualche forma di "carriera professionale docente", semplicemente intendono gestirla e non lasciarla nelle mani dell'attuale governo. Se oggi sono contro il tutor, si lasciano le mani libere per modificare, con un governo amico, il loro atteggiamento. Basta fare attenzione al fatto che nei loro comunicati si pone l'accento sul fatto che mancano risorse economiche per retribuire i tutor. E se le risorse ci fossero?
Comunque, il 1 ottobre si è potuta verificare la creatività del movimento. Per fare solo alcuni esempi:
A Modena un lungo serpentone di biciclette e roller blade si è snodato nel centro per la manifestazione di protesta conto la riforma Moratti chiamata "Bicifestazione".
A jesi è apparso lo striscione "ScuoTiAmo la scuola".
A Milano, ottomila persone si sono recate al Palamazda per lo spettacolo contro la riforma: presenti Hendel, Bisio, Cinzia Leone, Bebo Storti e Mauro Pagani.
A Torino un migliaio di manifestanti hanno fatto un presidio ed un corteo con gruppi di bambini e di genitori con simpatiche magliette ecc.
Non pretendiamo di fare un resoconto delle singole iniziative, quello che vale la pena di segnalare è il fatto che la mobilitazione ha iniziato, solo iniziato, ad intrecciare la critica alla controriforma con le rivendicazioni contrattuali, la questione del massiccio taglio degli organici, la riforma della secondaria superiore ecc…
Nello stesso tempo è servita a lanciare lo sciopero della categoria, uno sciopero per molti versi ambiguo visto che vede convergere sulla stessa data, l'8 novembre, CGIL-CISL-UIL e sindacalismo di base ma che si caratterizzerà anche nel percorso di costruzione, nella definizione degli obiettivi, nella chiarezza delle proposte.
Un percorso, a mio avviso, che andrà seguito con attenzione.

Cosimo Scarinzi





















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