Umanità Nova, numero 31 del 10 ottobre 2004, Anno 84
L'evidenza della crisi attraversata da Rifondazione Comunista è
segnalata da un dato, apparentemente contraddittorio quanto
sorprendente: nonostante che alle ultime elezioni europee ed
amministrative tale partito abbia registrato un senz'altro
significativo incremento dei propri voti, il numero degli iscritti
tesserati nell'ultimo anno è andato quasi dimezzandosi.
Significativa dell'erosione della base militante del PRC è stata
la partecipazione alla manifestazione romana del 25 settembre che,
rispetto agli scorsi anni, quando analoghe iniziative di inizio autunno
avevano intercettato ben altri numeri, si è rivelata decisamente
inferiore all'attesa.
Capitalizzando la logica del votare per il meno peggio, alle ultime
elezioni Rifondazione Comunista era riuscita ad intercettare, grazie
alla sua opposizione "senza se e senza ma" alla guerra, un buona
percentuale di elettori pacifisti delusi dai partiti di centro-sinistra
e questo avvicinamento era stato sicuramente favorito dalla svolta a
favore della non-violenza platealmente operata - per non dire imposta -
dalla dirigenza bertinottiana.
Su tale svolta, ci sarebbe molto da dire, anche perché è
stata presentata come il mettere in soffitta Lenin e la rivoluzione a
favore del satyagraha di Gandhi, in realtà ci pare che abbia
molto più a che fare con la politica che con l'etica.
D'altra parte, ormai da tempo Rifondazione Comunista sta abbracciando
sempre più la critica "antiliberista" piuttosto che quella
anticapitalista, alla ricerca di sintonie più soft con il
movimento no-global e i settori terzomondisti dell'associazionismo
cattolico.
Tale deriva, per un certo tempo legittimata anche con il sostegno al
neo-zapatismo di Marcos, ha però comportato lo svilupparsi del
dissenso interno legato alle diverse componenti di minoranza,
comprendenti tendenze hard-comuniste di varia matrice (trotzskista,
luxemburghiana, guevarista, post-staliniana), non disposte ad accettare
supinamente una linea politica moderata, subalterna al centro-sinistra
italiano e ai disegni della socialdemocrazia europea.
Questo dissenso adesso sta divenendo sempre più incalzante e
rumoroso, tanto da far paventare una scissione, alla luce della
decisione della maggioranza di appoggiare Prodi come candidato
alternativo a Berlusconi alle prossime elezioni politiche; infatti se
è vero che nella logica della politica dei partiti autoritari il
fine giustifica i mezzi, risulta comunque difficile conciliare
l'identità di "sinistra radicale" che Rifondazione Comunista
vorrebbe darsi e l'indicazione di votare per un leader democristiano e
notorio rappresentante della borghesia italiana quale è Prodi,
che certo non promette niente di nuovo per i lavoratori e che non ha
neppure intenzione di rompere con la politica di guerra del governo
Berlusconi.
D'altronde sappiamo già cosa significa essere governati da Prodi
e tale prospettiva non ci rallegra certo il cuore.
La recente scelta di Bertinotti d'incontrarsi con il governo della
guerra per cercare di giungere alla liberazione delle due volontarie di
"Un Ponte per Baghdad" tratte in ostaggio (o in arresto?), oltre a
dimostrare la totale incomprensione del contesto e delle
responsabilità che hanno determinato lo "strano" rapimento delle
due Simone, ha quindi inevitabilmente suscitato ulteriori polemiche e
contrasti proprio all'interno del suo partito e nell'area di movimento
ad esso più vicina che pur aveva simpatizzato con l'apparente
intransigenza di Rifondazione Comunista nei confronti dell'aggressione
Usa all'Iraq.
In realtà, se la conquista del potere è lo scopo della
propria azione politica, sia la maggioranza che le minoranze hanno le
loro brave ragioni, all'interno di una dialettica che ci ricorda molto
il gatto che si morde la coda.
Nel caso, infatti, che Rifondazione Comunista - dopo aver contribuito
moltissimo a personalizzare in Berlusconi il "nemico" del conflitto
politico e sociale sino ad elevarlo a simbolo della reazione e del
neo-liberismo - si sottraesse all'appoggio della candidatura "unitaria"
di Prodi, facile prevedere che nell'eventualità di una vittoria
di Berlusconi l'intero centro-sinistra sarebbe pronto a scaricare
proprio su Rifondazione Comunista (oltre ovviamente che sugli anarchici
astensionisti) il peso della sconfitta, con grande tornaconto dei
Comunisti Italiani ben contenti di poter recitare la parte degli
antagonisti duri ma responsabili all'interno della coalizione di
centro-sinistra.
D'altro canto, le minoranze, aldilà della difesa delle
ortodossie marxiste, intuiscono che la linea di Bertinotti sta
allontanando sia parte dello "zoccolo duro" militante sia l'area
sociale di riferimento, a composizione operaia e popolare, che in
questi anni ha optato per Rifondazione Comunista proprio perché
lo ritenevano - a torto o a ragione - l'unico partito ancora con
un'identità di classe, non appiattito sulle logiche concertative
dei sindacati e non succube delle tristi illusioni riformiste dei DS
incapaci persino di esprimere un chiaro e non equivoco rifiuto delle
imprese di guerra in Afganistan e Iraq.
Per sperare di battere le destre almeno dentro le urne, il
centro-sinistra dovrebbe imparare la lezione di Zapatero, assumendo una
posizione nettamente contraria all'interventismo italiano in Iraq, in
considerazione del fatto che la maggioranza degli italiani è
favorevole al ritiro delle "nostre" truppe. Invece il No alla guerra
del centro-sinistra - e dei DS - si ferma davanti alle possibili
dissonanze con l'ONU, la NATO, l'Unione Europea e persino con le
intenzioni, tutt'altro che rassicuranti, del candidato Kerry che
vorrebbe vincere Bush accusandolo di essersi imboscato ai tempi del
Vietnam.
Così, Rifondazione Comunista, si trova dentro un difficile
guado, mentre un numero crescente di suoi aderenti si allontana o
perché non capisce o perché non si vuole adeguare.
Per loro auspichiamo migliori approdi e più limpide acque, nella
speranza di ritrovarli nella comune lotta contro il capitale.
E gli auguriamo di scoprirsi anch'essi comunisti libertari (così
come, incredibilmente, è successo pure a Bertinotti, su
Liberazione del 15 maggio 2004), ma sul serio.
Sandra K.