Umanità Nova, numero 32 del 17 ottobre 2004, Anno 84
Qualche informazione tecnica
L'Uranio è un metallo pesante che si trova in piccole
quantità in rocce, suolo, aria, acqua e cibi. Nella sua forma
naturale, l'uranio è costituito da 3 isotopi, con una netta
prevalenza (99.2745%) dell'isotopo 238. Gli altri isotopi sono il 234
ed il 235.
Tutti gli isotopi dell'Uranio sono radioattivi, anche se in misura
diversa.
A causa della sua grande vita media (4.468 miliardi di anni), il 238U
presenta una radioattività molto bassa. Per utilizzarlo nei
reattori nucleari, o nelle armi nucleari, è necessario
arricchire l'uranio naturale con gli isotopi 235U e 234U. Il materiale
che ne deriva è noto come uranio arricchito, e la sua
concentrazione di 235U in peso varia fra il 2% ed il 90%.
Il materiale di scarto di questo processo è noto come uranio
impoverito (DU = depleted uranium), e contiene meno dello 0.7% di 235U.
Il DU è meno radioattivo dell'uranio naturale di circa il 40%, e
di circa il 90% in meno dell'uranio arricchito.
La caratteristica fondamentale, ai fini militari, di questa sostanza
è quella di essere piroforica, ha cioè la caratteristica
di andare spontaneamente in combustione a contatto con l'aria.
L'importante presenza di stabilimenti nucleari che producono energia
permette agli USA di possedere circa 560.000 tonnellate di "materiale
di scarto" derivante da questi processi (uranio impoverito) sotto forma
di esafluoruro UF6.
È evidente che l'uranio impoverito ha importanti effetti
sanitari. È necessario osservare che i problemi, che sono
gravissimi, avvengono nel momento in cui l'uranio entra all'interno del
corpo umano, o sotto forma di pulviscolo, o sotto forma di schegge.
Un contatto diretto e prolungato con munizioni o corazzature al DU
può causare effetti clinici letali. La tossicità chimica
del DU rappresenta la fonte di rischio più alta e a breve
termine, ma la radioattività del DU può causare seri
problemi clinici nel lungo periodo (anni o decenni dopo l'esposizione)
soprattutto nel principale organo interessato, il rene: le patologie
renali sono state le più frequenti tra i militari che hanno
operato durante la prima guerra del Golfo (1991).
Il rischio dovrebbe essere minore per i soldati sottoposti a brevi
inalazioni di DU, ma la situazione è diversa nel caso della
popolazione. L'uranio lasciato sul campo di battaglia viene lentamente
trasportato dal vento e respirato, ed il fall-out può
contaminare le falde acquifere ed entrare nella catena alimentare.
Esistono casi di contaminazione ambientale vicino alle industrie
americane che si occupano di produrre proiettili all'uranio impoverito
e che hanno sotterrato gli scarti della lavorazione.
L'ingestione di grandi quantità di DU può comunque
provocare patologie a breve termine come nausea, vomito, indebolimento
e diarrea. Frammenti o particelle di DU, entrati nel corpo anche
attraverso ferite, possono provocare gravi patologie anni o decenni
dopo l'esposizione, comprendenti danni al fegato o ai reni,
immunodepressione, cancro (osseo, ai polmoni e ad altri organi)
leucemia, decadimento dei tessuti, anemia, danni genetici,
sterilità e difetti neonatali. È noto che nella prima
guerra del Golfo moltissimi dei soldati malati (circa il 60%) avevano
grandi quantità di uranio impoverito all'interno del corpo.
(liberamente tratto da una scheda pubblicata su da Indymedia)
Enormi interessi in gioco
La scienza ufficiale non ha ancora ammesso la pericolosità dei
proiettili all'uranio anche perché questi armamenti sono di uso
relativamente recente (sembra che il loro debutto sia avvenuto durante
la breve campagna punitiva dell'esercito americano contro l'ex-uomo
forte della CIA in Panama, Noriega, 1989). Ma una tale reticenza si
spiega soprattutto con gli enormi interessi in gioco: non solo questi
proietti sono efficacissimi dal punto di vista militare, non solo
rappresentano un ottimo affare per l'industria bellica (l'uranio
impoverito costa pochissimo) ma costituiscono anche un modo comodo per
risolvere, almeno in parte, l'altrimenti irrisolvibile problema della
messa in sicurezza delle scorie nucleari e media e bassa
intensità prodotte dalle centrali nucleari.
Migliaia di tonnellate di
proiettili usati negli ultimi 15 anni. In Italia di uranio
impoverito si parla solo quando le varie associazioni di militari
riescono a far pubblicare sulla "grande stampa" lo stillicidio di morti
(le prime denunce furono fatte nel 1998) fra i reduci delle avventure
militariste italiane in Somalia, nei Balcani e in Iraq e fra quanti
hanno operato in alcuni noti poligoni militari, come quello sardo di
Perdas de fogu/Salto di Quirra. Si tratta di un'opera meritevole che
però mostra solo la punta dell'iceberg costituito dalla tragedia
vissuta dalle popolazioni interessate a questo crimine di guerra,
popolazioni delle quali si parla poco o punto. Secondo le fonti
ufficiali americane nella prima guerra del Golfo furono sparate circa
375 tonnellate di proiettili all'uranio impoverito; nelle due guerre
per il controllo della Bosnia e del Kosovo, gli americani hanno ammesso
di averne sparato 12 tonnellate, di cui 10 nel solo territorio del
Kosovo. Non sono state ancora fornite cifre ufficiali sugli armamenti
all'uranio utilizzati nella seconda guerra del Golfo: secondo stime che
circolano in rete, nei soli mesi di marzo-aprile 2003 gli
angloamericani avrebbero usato dalle 1200 alle 2100 tonnellate di armi
all'uranio. Ma la guerra continua…
Milioni di persone a rischio.
Nessuno è in grado di stabilire le conseguenze sulla popolazione
irachena, però è significativo che ancora sotto il regime
di Saddam Hussein il Ministero della Salute iracheno, a causa delle
sanzioni USA decise di sospendere ben due conferenze internazionali
sulla relazione tra l'alta incidenza di cancro e l'uso di armi al DU. I
dati mostravano un aumento di sei volte dei casi di cancro al seno, di
cinque volte di casi di cancro ai polmoni e di sedici volte dei casi di
cancro alle ovaie. Nei Balcani che vivono oggi una situazione di
"protettorato" NATO, le bombe all'uranio sono state sparate soprattutto
nella zona di Sarajevo nel 1994 e nel Kosovo e in alcune zone serbe nel
1998. A parte i rassicuranti rapporti della NATO e dell'UNEP, l'Agenzia
delle Nazioni Unite sulla protezione ambientale, non esistono
però studi seri ed indipendenti sull'argomento. E così,
in rete si possono trovare, oltre a denunce di singoli medici bosniaci
e serbi sull'aumento delle patologie cancerogene e delle leucemie nelle
zone colpite dai proiettili all'uranio, notizie come quella di una
"borsa di studio offerta dalla Provincia autonoma di Trento e dalla
Fondazione Alessio Pezcoller a sostegno di oncologi bosniaci impegnati
in particolare nella lotta alle leucemie, in forte crescita dopo la
guerra". In Kosovo e in Serbia si segnala un aumento degli aborti e
delle malformazioni nel bestiame che pascola nei siti contaminati, ma
anche qui niente è stato fatto per avvertire le popolazioni sui
rischi di vivere accanto a terreni bombardati con bombe all'uranio. Ma
le popolazioni a rischio non sono solo quelle vittime delle guerre:
anche chi vive vicino ai poligoni di tiro è in grave pericolo.
Lo sanno gli abitanti dell'isola di Vieques (Porto Rico), ma lo
cominciano almeno a sospettare anche coloro che vivono accanto ad uno
dei poligoni più grossi d'Europa (13mila ettari di terreno,
utilizzati da anni da eserciti e aviazioni della NATO), quello di Pedas
de fogu/Salto di Quirra, dove le morti "sospette" sono in aumento e
dove si ipotizza un grave inquinamento ambientale.
Anche se la scienza ufficiale se ne "accorgerà" solo fra qualche anno è del tutto evidente che l'uranio impoverito contamina la terra, causa malattie e tumori tra i soldati che vivono in ambienti avvelenati dalle armi in cui è inserito, ma soprattutto tra la popolazione civile. Come hanno sancito le Nazioni Unite il 10 settembre 2001 le munizioni all'Uranio Impoverito (DU) sono armi di distruzione di massa e quindi il loro uso va considerato un crimine di guerra, un crimine contro l'umanità.
Antonio Ruberti
Puerto Rico. L'uranio dei marines
Il primo maggio del 2003 l'esercito americano ha abbandonato l'isola
di Vieques, territorio di Puerto Rico. Per 63 anni, i marines hanno
usato il territorio abitato dell'isola per le esercitazioni
contaminando negli ultimi anni con l'uranio l'acqua, la terra, il cibo
e l'aria. Il ministero della sanità di Puerto Rico ha dichiarato
lo "stato d'emergenza" per la salute degli abitanti dell'isola, che,
secondo stime del 2000, hanno il 25 per cento di probabilità in
più, rispetto a quelli dell'isola maggiore, di ammalarsi di
cancro. Quaranta nuovi casi vengono registrati ogni anno, uno ogni 250
residenti. La gente di Vieques, che per anni ha lottato affinché
cessassero le esercitazioni militari sull'isola e il territorio venisse
restituito ai legittimi proprietari, chiede adesso che vengano per lo
meno garantiti i servizi sanitari necessari a far fronte
all'"emergenza". (dal sito di "Carta")