Umanità Nova, numero 33 del 24 ottobre 2004, Anno 84
La situazione dell'industria dell'auto non è rosea, a livello mondiale. In settimana General Motors ha annunciato di voler tagliare 12.000 posti di lavoro sui 60.000 addetti che impiega in Europa. Si tratta di un bel taglio secco del 20%, da realizzare attraverso la selezione degli impianti meno redditizi e produttivi, senza alcuna altra considerazione che non sia quella del perseguimento del maggior risparmio di costi possibile. A differenza di altri momenti, l'annuncio non ha portato ad un'impennata delle quotazioni di borsa: al contrario il titolo ha perso oltre il 5% in una sola seduta.
Fiat rappresenta una realtà in qualche modo vicina a GM, se non altro per quanto riguarda i problemi di posizionamento debole sul mercato europeo. Ed in effetti la quotazione di borsa di Fiat sta vivendo un altro calo pesante, che la sta di nuovo riportando verso i minimi storici dei 5 euro sfiorati soltanto nelle occasioni più drammatiche: l'aumento di capitale del luglio 2003, la fase legata alla scomparsa di Umberto Agnelli nella primavera scorsa. Questa situazione era ampiamente prevedibile e le peggiori ipotesi stanno purtroppo prendendo corpo con una dinamica accelerata.
L'effetto positivo legato al lancio dei nuovi modelli, a partire da un anno fa, la ventata di ottimismo mediatico "comunicata" dal nuovo Presidente Montezemolo, dal giugno scorso, la nomina di un amministratore delegato con riconosciuta esperienza internazionale e grande carisma, come Sergio Marchionne, hanno esaurito la propria spinta primaria. La nuova generazione proprietaria, John e Lapo Elkann, Andrea Agnelli, con i loro numerosi parenti, è riuscita per il momento a difendere la presa sul Gruppo, ma il controllo effettivo sembra destinato a prendere presto altre vie.
Anche gli ultimi dati di vendita dimostrano le difficoltà nel raggiungere soglie di sicurezza nelle quote di mercato. Il Gruppo fatica a raggiungere il 30% del mercato italiano, investito da una crescita impetuosa delle marche asiatiche a basso prezzo, che crescono sulla base di percentuali a tre cifre. In Europa, in un mercato già asfittico, la Fiat rimane attestata sui livelli minimi raggiunti nelle fasi più nere della propria storia, cioè attorno ad un 7,5% della quota di mercato. Le perdite del settore auto rimangono impressionanti (650 milioni di euro nel primo semestre 2004) ed insostenibili nel lungo periodo.
Alla sua prima uscita pubblica in veste di A.D. Fiat, il 26 luglio scorso, lo stesso Marchionne ha dovuto ammettere che la Fiat è "da rifare", che sono stati commessi troppi errori, che il piano Morchio peccava di eccessivo ottimismo. Le sue prime mosse si sono concentrate sulla "gestione delle risorse umane", sostituendo il precedente responsabile del personale, e costruendo un modello organizzativo e direzionale "a matrice", con un Comitato Esecutivo dove sono presenti tutti i Capi Divisione. Questa linea di pensiero è stata ulteriormente chiarita durante un meeting manageriale tenutosi la scorsa settimana a Firenze, dove, in inglese fluente e davanti ad una platea a tratti stupefatta, a tratti allibita, Marchionne ha precisato che per salvare la Fiat non basta un "uomo dei miracoli", data la complessità della struttura e la profondità del cambiamento che essa richiede per sopravvivere. L'A.D. della Fiat ha dichiarato che sono stati persi per strada troppi ingegneri valenti, che ci sono ritardi e debolezze nel design e anche nei motori utilizzati nella produzione. Nel nuovo modello di controllo di gestione, tutti i manager sono stati inseriti in una casella a colori, in base ai risultati che ottengono le aree da essi presidiate: le caselle verdi e gialle denotano standard di efficienza e consentono il mantenimento in servizio, le caselle rosse appartengono a quelli che se ne devono andare. Per quanto riguarda lui personalmente, il 2007 è il termine ultimo che si è prefissato per tirare la Fiat fuori dalla crisi: se l'esperimento non funziona, è pronto ad andarsene.
Per quanto riguarda i piani alti della proprietà ed il futuro del gruppo, nulla è dato sapere con certezza. La precedente strategia di Morchio sembrava voler "valorizzare" la put con Gm, facendosi pagare un bel miliardo di euro in cambio della rinuncia da parte di Fiat. Marchionne sembra intenzionato a vendere cara la pelle e i rapporti con Gm sono più duri che mai. GM non intende né salire spontaneamente nel capitale di Fiat Auto, né onorare l'impegno a comprarsela siglato nel 2000. Alla fine dell'anno si potrebbe così arrivare ad un nuovo rinvio; l'opzione del resto è esercitatile nel periodo 2004/2009 e potrebbe convenire ad entrambi prendere tempo in attesa di vedere come procede il risanamento. Le banche, dal canto loro, sembrano ormai orientate ad esercitare il prestito convertibile in scadenza a settembre 2005, quindi a convertire i loro crediti in azioni Fiat Auto, diventandone di fatto il primo azionista con il 27%. L'operazione porterebbe ad un rafforzamento patrimoniale del gruppo, simultaneo ad una riduzione del debito: c'è da credere che a questo punto non dispiaccia neanche agli Agnelli. La famiglia potrebbe decidere di arrotondare le proprie quote, destinate in tal caso a scendere dal 30% attuale al 22%, e a questi prezzi sarebbe anche conveniente farlo. Non a caso l'Ifil sta attuando una aggressiva strategia di vendita, da Rinascente a Worms, fino alla Juventus. Si tratta di raggranellare più soldi possibile per essere liquidi e poter scegliere, in modo flessibile, l'opzione più profittevole. Del resto la stessa partecipazione di Fiat in Edison resta un'incognita. Più volte è stato detto che Edison non è più strategica, ma la quota di possesso resta al 24% con opzioni di riacquisto per un altro 13% nel 2005 non ancora cedute: evidentemente aspettano un'opa da parte di Edf, oppure sperano che altri soci di Italenergia siano disponibili a pagare la partecipazione Fiat in modo da ottenere il massimo.
Sul piano produttivo, proseguono cassa integrazione, dismissioni e chiusure di stabilimenti. A breve l'impianto più a rischio è naturalmente Arese, con 500 dipendenti da scaricare completamente per la fine dell'anno. L'impegno di qualche anno fa a produrre un modello a basso impatto ambientale si è tradotto nel semplice accaparramento di svariate centinaia di milioni di euro come contributo statale alla ricerca su motori ecologici. Nel medio termine, anche Mirafiori è incamminata sulla stessa traiettoria: il trasferimento in Argentina del motore Torque, attuato a settembre, pone serie ipoteche sul mantenimento a Torino di reparti delle Meccaniche (oggi Powertrain). Il tentativo di sfondare in segmenti di mercato di fascia più alta è miseramente fallito, come era facile prevedere, e i modelli più venduti rimangono le vecchie Punto (costruite a Termini Imerese e Melfi) e le nuove Panda (costruite in Polonia). Del resto, anche un concorrente molto più solido come la Volkswagen ha provato a salire di gamma ed ha fatto un bagno di sangue, senza riuscire a combinare nulla di buono.
Resta da vedere come riuscirà il gruppo a ritornare
finalmente in attivo, dopo quattro anni di pesanti perdite operative, e
soprattutto cosa accadrebbe se questa ripresa di utile non dovesse
avvenire. Le agenzie di rating mantengono su Fiat un "outloook"
negativo, vale a dire che considerano la situazione in via di
peggioramento. Se il piano Morchio/Marchionne, più volte
definito come l'ultima spiaggia, dovesse dimostrarsi un ennesimo
fallimento, si aprirebbe una fase di assoluta turbolenza. Sarebbe
alquanto improbabile che Fiat riuscisse a tenere puntualmente fede ai
suoi impegni finanziari, in un contesto del genere. Un piano di
salvataggio costruito dallo stato, finanziato dalle banche, e gestito
da qualche commissario alla Bondi diventerebbe forse un'esigenza
necessaria, in attesa di capire quale produttore mondiale possa essere
interessato alla piattaforma produttiva Fiat ed al suo marchio in
Europa. Potrebbe essere un invito a nozze per la Toyota, che si avvia a
chiudere il suo quarto anno consecutivo da utili record e la grande
ambizione di scavalcare finalmente la Ford dal secondo posto nel mondo
per veicoli prodotti e venduti.
Dovremo imparare ad apprezzare il toyotismo per esperienza diretta?
Renato Strumia