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Umanità Nova, numero 33 del 24 ottobre 2004, Anno 84

La fine di una generazione di pensatori radicali
Smontare le trappole della metafisica




La scomparsa di Jacques Derrida segna la fine di una intera generazione di pensatori francesi radicali, formatisi nella dura scuola di vita dell'ultimo conflitto mondiale e pervenuti alla ribalta, talvolta anche mediatica, nella stagione dell'esistenzialismo, dello strutturalismo, anche se essi negavano le etichettature ("morale da carta d'identità", diceva Michel Foucault) e sono comunemente individuati come pensatori post-strutturalisti. Parliamo, oltre ai già citati Derrida e Foucault, anche di Roland Barthes, di Gilles Deleuze, di Félix Guattari, di Jean-Jacques Lyotard, di Pierre Bourdieu, e prima di loro di Jacques Lacan, l'antesignano riverito-odiato maestro del sospetto, al pari dei classici Marx-Nietzsche-Freud. L'ultimo superstite, un po' laterale, è Jean Baudrillard…

La radicalità di questi pensatori, dallo stile brillante e suggestivo, dalla solida cultura vasta e profonda, interessa il pensiero libertario non tanto nei suoi aspetti ideologici, o per le scelte politiche che ciascuno di loro ha fatto in vita (opinabili come quelle di ciascun intellettuale privilegiato), quanto per le indicazioni sovversive di uno stile di pensare il rapporto tra sé e mondo che ha attinenza con la prospettiva più ampiamente politica, sia analitica, di lettura della realtà, sia (vagamente) progettuale, beninteso in senso filosofico e non meramente propositivo o attuativo come una ricetta di azione immediata (anche se ognuno di loro non ha disdegnato l'impegno militante: Foucault verso i detenuti con il Gip nei primi anni '70, e poi a favore dei dissidenti spagnoli nell'ultimo periodo franchista, accanto al movimento gay, sostenitore di Solidarnosc e dei boat-people cambogiani, attento alla rivoluzione iraniana prima del suo ripiegamento integralista; Guattari, presente a Bologna nel settembre 1977, costeggiò i movimenti autonomi ed era attivo nel movimento antipsichiatrico; Derrida a favore degli scrittori esiliati o perseguitati; tutti comunque presenti sulla scena politica francese).

Derrida passa per l'inventore del Decostruzionismo, uno stile filosofico, ma applicabile a diversi campi del sapere (in America soprattutto nella critica letteraria), che intende scardinare la stabilità di pensiero della metafisica occidentale. I greci, come è noto, cominciarono a interrogarsi con stupore sulla natura delle cose del mondo, legando in modo inestricabile pensiero e natura alla loro esistenza rispecchiata immediatamente o filtrata attraverso le idee. "L'essere è e il non essere non è" è la formula chiave e originaria della filosofia occidentale, che registra un fatto facendolo derivare da una riflessione di pensiero che, così facendo, accetta la stabilità come elemento necessario della vita. Solo più tardi le variazioni, le trasformazioni, i cambiamenti, le rotture entrarono nell'orizzonte intellettuale, ma come variazioni di un nucleo identitario originario, oltre il quale, come cerchio fatato, nulla c'era e poteva darsi. Una formidabile barriera, innestata sin nel cervello da cui scaturisce il pensiero e l'immaginario, contro ogni ipotesi di trasformazione qualitativa di un ordine cosmico internalizzato nel modo di pensare sé e la propria collocazione nel mondo.

Contro l'appiattimento della meta-fisica sul modello della fisica naturale – solo oggi la legge del "sole che sorge ogni giorno e non può non sorgere" è di ordine statistico e non normativo, quindi il fenomeno è altamente probabile perché ricorrente, ma non necessario così come è logicamente e cogentemente necessario che 1+1 dia 2 – si sono scagliati i pensatori radicali, tra i quali Derrida. Il pensiero occidentale ritiene che dietro ogni cosa che nominiamo esista una entità di tal natura, a cui approssimarci, e ciò valga sia per le cose naturali, che per le idee registrate come rispecchiamento della realtà, e non come invenzione filtrata da una certa interpretazione del nesso io-mondo, non obbligatoriamente incatenato al mondo così come esso mi appare nella sua potenza di cattura dell'immaginario.

Fuori da questo cerchio, dice Derrida, è impossibile pensare. Ma non è detto che esistano entità preesistenti al modo in cui il pensiero le configura. Allora la critica alla stabilità dell'essere e di tutte le cose (e quindi di ogni organizzazione sociale e politica) non può appellarsi ad una dimensione esteriore che ci potrà salvare (non esiste un "fuori-testo", ci dice Derrida, dio e la rivoluzione pari sono, in tal senso anti-trascendentale…), ma rotture e cambiamenti possono darsi, a livello del pensare come attività cerebrale, solo scavando nelle tracce che il pensiero ereditato nei secoli si dà, e decostruendo le impalcature date per scontate, assodate e interiorizzate. In sintesi questo è il movimento di decostruzione.

Decostruendo si aprono varchi critici interessanti per ripensare le categorie del pensiero occidentale. Ultimamente Derrida, che passava per il meno politico dei pensatori francesi, si era occupato di Stati canaglia, di violenza e di terrorismo, del nesso tra diritto-violenza-giustizia, rivelandone elementi di contiguità illuminanti per la tradizionale critica libertaria: non esiste un diritto che neutralizza la violenza, bensì la sublima; una giustizia pensata in termini esclusivamente giuridici, prima, e giudiziari, poi, non è una giustizia pensabile in termini di equità; la violenza è integrata nella legge e nella norma, come il forte che si legittima facendosi accettare per acquiescenza e non solo per timore (la "servitù volontaria" di de La Boétie).

È possibile rintracciare testi che leggono Derrida in una chiave an-archica, non tanto dal punto di vista ideologico e politico, peraltro per noi il meno interessante, quanto dal punto di vista filosofico, ossia di una ricerca tesa a scovare un modo di pensare che faccia a meno sia di una origine che ne ipotechi pesantemente l'articolazione, le pieghe, lo sviluppo, sia di una gerarchia logica che detti le condizioni di pensabilità di ciò che è, nonché, soprattutto, di ciò che potrebbe essere altrimenti.

Salvo Vaccaro























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