Umanità Nova, numero 33 del 24 ottobre 2004, Anno 84
La vicenda è abbastanza nota ma vale la pena ricordarla. Nel
novembre scorso quattro piloti elicotteristi di stanza in Iraq
rifiutarono di prendere parte a una missione lamentando l'inadeguatezza
difensiva dei loro Chinook: esposizione al fuoco nemico senza misure di
sicurezza, sistemi d'arma ridicolmente inadeguati, impossibilità
di mettere in atto le misure di difesa antimissile. Insomma, gli
effetti della scontata cialtroneria di un esercito affidato al
pressapochismo e all'eterno magna magna dei vertici militari, di cui
non ci sarebbe neanche da parlare, se non fosse per la spaventosa
incidenza delle spese per la Difesa sul bilancio dello Stato, vale a
dire sulle nostre salassatissime tasche. Quel gesto, comunque, non
poteva non provocare "serie" conseguenze per i quattro professionisti
resisi d'un tratto consapevoli che forse era più salutare fare
gli operai in fabbrica che non i piloti di elicotteri militari, anche
perché, i comandi italiani, nella prosopopea di una missione
finalmente al fianco e alla pari dei bionici alleati angloamericani,
questa ennesima figura da cioccolatini l'avrebbero volentieri evitata.
E infatti, all'unisono, è partito il ragliare degli impavidi
eroi del "armiamoci e partite", frementi di sdegno, nelle comode stanze
romane, per la "vigliaccheria" nei cieli dell'Iraq dei soldati
italiani. Dal ministro della Difesa Martino: "Non abbiamo mai perduto
un elicotterista e quindi non si deve essere preoccupati", a quello
degli Esteri Frattini: "La paura non può incidere sul servizio
dei militari. In caso contrario si dà un colpo definitivo al
valore dell'impiego delle Forza Armate", per finire al piccolo
capolavoro di demenzialità creativa del generale Chiavarelli
comandante dell'aviazione: "Sino a che io sarò qui, nessuno di
loro volerà più, sono ottimi piloti ma pessimi soldati.
Il loro atteggiamento ha creato un clima di tensione per gli altri
soldati in zona di guerra e così ho ritenuto opportuno farli
rientrare".
Fatto sta che pochi giorni or sono la stessa procura militare, incaricata di vedere se esistessero gli estremi per una condanna degli elicotteristi, ha dovuto chiederne il proscioglimento, riconoscendo che i quattro, di ragioni, ne avevano da vendere. E che il loro comportamento, se pur strideva con la logica militare, anzi, proprio per quello, era perfettamente coerente con quella della salvaguardia di vite umane. E questo, nell'esercito italiano, come in tutti gli eserciti del mondo, è un problema non da poco. Di sostanza, direi! Ne è freschissimo esempio, d'altronde, la vicenda dei 19 soldati della riserva Usa che l'altro giorno, non avendo la vocazione al suicidio, si sono rifiutati di scortare, perché privi di misure di sicurezza, un trasporto di petrolio nel nord dell'Iraq e che pertanto sono stati rinchiusi in una tenda sotto la minaccia delle armi dei loro commilitoni. Tutto il mondo è paese, a quanto pare.
Tralasciando comunque le successive dichiarazioni del solito Chiavarelli (mi spiace non poterne mostrare la foto, perché direbbe tutto), che con la confusa coerenza del perfetto militare ha ribadito che dei soldati, tanto più se professionisti, devono solo obbedire agli ordini anche se questi, come sovente accade, sono ordini idioti, e tralasciando anche l'assordante silenzio di ministri altrimenti molto ciarlieri, ci pare che questa vicenda permetta di trarre alcune considerazioni. Anche se, naturalmente, non ci interessa entrare nel merito di miserevoli categorie quali onore, vigliaccheria, coraggio, senso del dovere, attitudine all'obbedienza e via dicendo.
È chiaro che chi firma un contratto con un datore di lavoro decide di accettare regole e compiti previsti da quanto va firmando. E se nel contratto dei militari di professione queste regole e questi compiti prevedono di uccidere o di essere uccisi, non è che uno dei tanti aspetti del rapporto di lavoro che si va instaurando. Il buon senso vorrebbe che nessun essere umano fosse così depravato da firmare contratti del genere, ma questi, una volta firmati, andrebbero e vorrebbero essere rispettati. Il problema, evidentemente, sta, come si diceva una volta, a monte. E a monte troviamo la disumanità del potere, una disumanità talmente pervasiva da rendere disumane anche le sue vittime. E i suoi strumenti. E da creare una scala gerarchica alla quale nessuno dei contraenti può sottrarsi, pena il crollo rovinoso dell'intera struttura.
Se ad esempio è "giusto" che i vertici militari puniscano chi si è rifiutato di obbedire agli ordini (ovviamente, per noi, il dovere sarebbe la disobbedienza e non l'obbedienza, ma questo è un altro discorso), dovrebbe essere altrettanto giusto che tutti, quindi anche i vertici politici e militari, fossero sottoposti alle stesse regole. Ma sappiamo che questo è impossibile, perché così si incrinerebbe il privilegio, uno dei più solidi pilastri sui quali il potere fonda se stesso. Immaginiamoci, infatti, che così come sono stati puniti gli elicotteristi, nello stesso modo fossero puniti, e per colpe ben più pesanti, chi sta loro sopra. Dal ministro Martino che, dopo aver "guidato" le nostre truppe in Iraq al grido di "vincere o morire" ora, per paura delle conseguenze politiche di questa guerra insostenibile, parla allegramente di ritiro anticipato dall'Iraq; al ministro Frattini, che per gli stessi motivi del collega appare ben più pauroso degli elicotteristi, anche se rischia solamente il posto e non la vita; fino all'esimio generale che, invece di esserci andato lui sotto processo per incapacità, scarica, come da prassi, le proprie criminali responsabilità sui sottoposti.
Ci pare, dunque, che l'unica conclusione da trarre da questa vicenda sia quella di sempre. Ossia che questa struttura, al di là dei patetici discorsi sugli eserciti democratici o, addirittura, del popolo, è irriformabile e che la disumanità e la stupidità ne sono corollari indispensabili e inestirpabili. L'esercito ha quelle funzioni e chi ci lavora volontariamente deve solo ubbidire per assolverle. E se, a volte, anche sotto il panno militare, riesce a farsi strada un sussulto di umanità, il modo per dare dignità a quel sussulto non è limitarsi a disubbidire, ma togliersi quel panno militare e buttarlo, una buona volta, nel bidone della spazzatura.
Massimo Ortalli