Umanità Nova, numero 34 del 31 ottobre 2004, Anno 84
"Culattone" si può dire, "mercenario" invece no
Se non li conoscessimo, avremmo potuto sorprenderci per l'improvvisa levata di scudi dei recenti convertiti al politically correct, vale a dire quella massa di fascistoni, se non per tessera certo per mentalità, che pochi giorni orsono hanno brindato alla salute di Tremaglia per la colorita espressione da lui usata nei confronti degli omosessuali e che oggi si dimenano indignati perché un magistrato di Bari ha definito mercenari i quattro mercenari rapiti alcuni mesi or sono in Iraq.
Levati cielo! I quattro "eroi" declassati da body guards o contractors (come fanno figo questi termini!) a vili soldati di ventura, andati in Iraq convinti di poter fare i padreterni come nelle discoteche della riviera e trovatisi invece invischiati in storie e storiacce che sicuramente hanno travalicato le loro scarne possibilità di comprensione di quanto stava accadendo. E ad aggravare la situazione, e lo sdegno dei fascistoni di cui sopra, il fatto che lo stesso magistrato (che per inciso sta indagando sul reato previsto dall'art. 288 del codice penale che punisce chi "arruola o arma cittadini al servizio o a favore dello straniero") abbia detto che la loro posizione di fiancheggiatori (perché, non lo erano?) delle truppe di occupazione ha "potuto spiegare, se non giustificare, l'atteggiamento dei sequestratori". Se l'italiano è italiano, mi sembra che una volta tanto un magistrato abbia usato la nostra lingua nel modo più appropriato e semanticamente corretto, chiamando le cose come stanno, senza tanti giri di parole. Se poi i soliti fascistoni, pur appartenendo "culturalmente" a quel mondo che non ha mai nascosto le sue simpatie per le varie Legioni Straniere, si sentono offesi da quelle parole, penso che prima di mostrare i muscoli, dovrebbero cercare di fare un po' di chiarezza nelle loro stesse teste.
Fatto sta che, a parte le parole più o meno appropriate usate dal giudice De Benedictis, di cui tra l'altro vanno ricordate le simpatie di destra e la dichiarata ammirazione per "l'eroica morte del camerata italiano" Quattrocchi, la vicenda offre il destro per qualche altra considerazione.
Innanzitutto, al di là delle espressioni usate, il rumore che ne è nato ci permette di sapere qualcosa di più sul sottobosco delle agenzie di arruolamento dei mercenari da mandare in Iraq. Di sapere, tanto per cominciare, che la gran parte di quello che si era detto sulla "missione" dei quattro non era che un depistaggio atto a nascondere la natura combattente del loro rapporto di lavoro con gli americani: uso legittimo di armi da guerra, intervento organico a fianco delle forze della Coalizione, facoltà di controllare e arrestare persone "sospette". E questo, se non giustifica, certo spiega il loro rapimento. Ma, se una cosa del genere ce la potevamo immaginare per conto nostro, credo invece che pochi di noi fossero al corrente che, fra gli indagati dalla procura pugliese per "arruolamento", ci fosse anche un alto ufficiale della Marina italiana, il quale pare convocasse gli "arruolandi" addirittura sulla nave nella quale presterebbe tuttora servizio. A dimostrazione degli stretti legami operativi, anche se sapientemente tenuti nascosti, fra strutture militari dello Stato e agenzie di collocamento di lavoratori mercenari specializzati. Un bell'esempio di "collaborazione fra pubblico e privato per il rilancio della nostra economia".
Del resto, a ben considerare la natura delle loro mansioni, non è che ci sia tanta differenza, a parte gli aspetti organizzativi ed istituzionali, fra i cosiddetti contractors e i militari di carriera che hanno richiesto ed ottenuto, a fronte di consistenti benefici economici, di andare a combattere in Iraq. E tale affermazione non nasce dall'estremismo ideologico del solito anarchico antimilitarista, ma si rifà all'evidenza delle cose e al prestigioso Devoto-Oli, laddove definisce "mercenario" colui che viene "ingaggiato per il motivo della guerra" esercitando una "attività in cui gli elementi spirituali e affettivi cedono completamente di fronte a quelli economici o anzi venali". A meno che i militari, che sul sito "Unione dei Carabinieri" (guarda caso sequestrato dalla stessa procura di Bari) hanno denunciato di aver pagato il pizzo per poter partire per l'Iraq, non lo abbiano fatto per altro fine che quello, nobile e generoso, di esportare in terra irachena la spiritualità e l'affettività del popolo italiano e dei suoi bravi soldati.
Alla luce di queste riflessioni, addirittura banali nella loro semplicità, appare pertanto ancora più stridente il bailamme suscitato dalla contestatissima ordinanza di De Benedictis. Ovviamente le parole del magistrato hanno offerto il destro alle scontate strumentalizzazioni sulla "magistratura politicizzata" e alla rinverdita favola dei giudici "comunisti". Tanto da spingere il piduista ed ex estremista della sinistra lombardiana Fabrizio Cicchitto ad accusare il gip di coprire i sequestratori, e il fascistone Gasparri a ribadire la necessità dei test attitudinali per i magistrati. Test necessari, manco a dirlo, per un giudice che chiama mercenari i mercenari, ma non per una magistratura ieri ed oggi impegnata a coprire i responsabili delle stragi fasciste che hanno insanguinato il nostro paese. Fatto sta che, di fronte ai loro strilli, anche la parte "benpensante" della cosiddetta opposizione ha benpensato, come sempre, di scendere sullo stesso terreno esaltando il "sacrificio" del Quattrocchi e versando nuove lacrime sulle passate sofferenze dei suoi tre compari. Tutto purché non si indaghi troppo sulle inevitabili porcherie della nostra presenza in Iraq. E che queste porcherie siano di natura "illegale" o siano commesse in base alle legittime decisioni prese dal Parlamento, fa ben poca differenza.
In conclusione, ancora una volta la retorica dell'onore e del nobile sacrificio viene utilizzata per impedire che l'azione di un incauto magistrato sveli le nudità del potere scoperchiando il maleodorante bugliolo del militarismo nostrano. Tanto di quello pubblico quanto di quello privato.
Massimo Ortalli