Umanità Nova, numero 35 del 7 novembre 2004, Anno 84
Una delle caratteristiche della "grande informazione" è
l'occultamento di tanta parte di ciò che accade (di una fetta di
realtà quindi) dietro gli avvenimenti che "fanno notizia".
Così i media hanno versato fiumi di inchiostro e detto una
valanga di parole sulle vicende degli immigrati deportati da Lampedusa
alla Libia, ma hanno nascosto quello che c'è dietro questa
ignominiosa scelta del governo italiano: il progetto condotto da
diversi paesi della Unione Europea di costruire campi di concentramento
per i clandestini fuori dai confini d'Europa (vedi cronologia
sull'iniziativa italo-tedesca). Progetto, sia detto in chiaro, che sta
trovando una sponda nella commissione europea, sia nella versione Prodi
che in quella Barroso.
Con il nome asettico e tranquillizzante di portali dell'immigrazione o di centri di assistenza si progetta infatti di creare nei paesi contigui all'Unione Europea campi, in cui sarebbero concentrati tutti gli stranieri che sono riusciti o che tentano di accedere al territorio europeo per cercarvi una protezione o una vita migliore.
Ricordo di aver descritto su queste colonne (UN del 17 gennaio 1999) i primi passi della costruzione di un cordone sanitario in difesa della "fortezza" Europa. Ora si sta passando ad una seconda fase: quella del rinvio dei "clandestini" in campi di concentramento situati nei paesi del cordone sanitario. Ovviamente non manca la motivazione umanitaria quella di salvare la vita a coloro che, vittime degli sciacalli dell'immigrazione clandestina, giorno dopo giorno tentano di raggiungere le coste europee.
Ufficialmente l'iniziativa di costruire i campi fuori della Comunità l'ha lanciata il governo inglese durante il vertice europeo di Salonicco del 19 giugno 2003. L'idea inglese è semplice: deportare in appositi campi situati nei paesi di transito tutti coloro che sbarcano sul territorio comunitario (assieme, naturalmente, a tutti i "clandestini" intercettati dalle polizie locali) in attesa della definizione della pratiche d'asilo. Nel caso di esito positivo il richiedente verrebbe accettato nella UE, altrimenti sarebbe rispedito nei paesi di origine. La novità non è quella di costruire i campi di concentramento (ne stanno fiorendo un po' in tutta Europa, dall'Italia alla Germania, dalla Slovenia alla Polonia e alle Canarie) bensì quella di deportare immediatamente fuori dalla UE gli extracomunitari che riescono ad arrivarci. Il vertice di Salonicco non accettò la proposta inglese, a causa della resistenza di alcuni governi (francese e belga, soprattutto) ma secondo quanto riferito dal quotidiano inglese The Guardian, l'UE, in mancanza di una unanimità dei consensi, era comunque pronta ad accettare singole iniziative nazionali. È quello che è puntualmente avvenuto negli ultimi mesi, quando Prodi (Presidente uscente della Commissione europea) e Buttiglione (allora commissario in pectore alla Giustizia) hanno sostenuto l'iniziativa del governo Berlusconi per un accordo italo-libico per la deportazione.
La fortezza Europa va difesa dall'assalto dei barbari ma… salvando le forme. Così i paesi della UE e gli organi comunitari cercano di rispettare, formalmente, la Convenzione di Ginevra del 1951 ma in realtà fanno di tutto per aggirarla, almeno dal 1997 quando la UE decise di darsi una politica comune del diritto d'asilo, politica che però… tarda a vedere la luce. Finora sono stati accettati il concetto di "paese sicuro" (i cui abitanti vengono considerati come non aventi bisogno di protezione dall'UE) e quello di "richiesta manifestamente infondata" (che permette di trattare in modo molto sbrigativo la gran parte delle richieste d'asilo). Ora si cerca di esportare il problema fuori delle frontiere comunitarie.
L'UE non avrà problemi a trovare paesi confinanti disposti a tenersi qualche migliaio di clandestini in putridi campi di concentramento, in cambio di crediti e forniture di armi. La Libia ha accettato ottenendo in cambio la fine dell'embargo e tecnologia militare (con la scusa del pattugliamento delle coste). Altri saranno costretti ad accettare: è bene sapere che l'accordo di Cotonou, firmato nel giugno 2000 con tutti i paesi dell'area Africa-Pacifico-Caraibi, contiene una clausola che costringe i firmatari a prevedere accordi di rimpatrio dei loro connazionali entrati irregolarmente nella Comunità.
Siamo dunque di fronte all'ennesimo atto della politica di chiusura nei confronti tanto dei migranti che sfuggono alla povertà che di coloro che chiedono protezione da guerre e dittature, una politica di santuarizzazione dell'Europa voluta da Stati che favoriscono l'ormai quasi generale convinzione che migranti e stranieri siano una minaccia per la sicurezza collettiva. Purtroppo se non riusciremo a contrastare questa deriva subiremo tutti le drammatiche conseguenze di questa dissennata scelta.
A.Q.