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Umanità Nova, numero 35 del 7 novembre 2004, Anno 84

Lido di Venezia: è qui la festa?
NATO: alleanza di morte



La guerra ha avuto sempre un'intensa facoltà mitogenetica.
(C. Berneri, 1925)


Dall' 11 al 16 novembre 2004 al Lido di Venezia si riunirà l'Assemblea parlamentare della NATO (North Atlantic Treaty Organisation), un evento che, a cominciare dal luogo in cui si svolge ha tutti i caratteri della finzione spettacolare. La NATO è infatti nata come una macchina da guerra e non è credibile che a guidarla siano soggetti diversi dai generali e dai capitalisti, anche se la situazione mondiale non è certo quella di quando la NATO venne fondata nel lontano 1949.

L'Impero è solo un'invenzione mitologica, con buona pace del prof. Negri che ha riempito 450 pagine per avvalorarne l'esistenza; ma l'imperialismo non è neanche una sorte di Moloch con la testa a stelle e strisce divorante sacrifici umani.

Ben altra è la realtà del dominio in cui s'inserisce la storia presente e passata della NATO, caratterizzata da contraddizioni, conflitti interni e dinamiche a cui la quasi totalità dell'opposizione alla guerra dedica pochissima attenzione, liquidando tale organizzazione militare come un semplice braccio armato della cosiddetta guerra globale.

Infatti, nonostante che il Patto Atlantico sia riuscito a sopravvivere alla dissoluzione del Patto di Varsavia, giungendo a partorire una super-NATO comprendente ben 26 Stati membri, rispetto ai 12 iniziali, si trova oggi ad attraversare forse la sua più grave crisi.

Da un lato ci sono gli Usa che, con la dottrina della guerra preventiva unilaterale, hanno accantonato la NATO come loro principale strumento, proprio perché nei confronti di essa non possono più esercitare un'egemonia totale dovendo fare i conti con l'estesa adesione degli Stati europei all'Alleanza. Basta vedere i numeri delle nazioni aderenti per rendersi conto che ormai più che ad un'alleanza atlantica siamo di fronte ad un'entità euro-asiatica.

Nonostante questo, gli Usa, attraverso il mantenimento della NATO, mirano quanto più possibile a controllare, utilizzare ed indebolire gli Stati europei ritardando la realizzazione di una loro forza armata indipendente in grado di affermare le concorrenziali mire imperialiste del capitalismo europeo.

L'Assemblea parlamentare della NATO, che si riunisce due volte all'anno, non è un organo dell'Alleanza Atlantica in senso stretto, non essendo esplicitamente prevista dal Trattato di Washington; essa costituisce il punto di raccordo tra le istanze governative che operano in seno all'Alleanza Atlantica ed i Parlamenti nazionali.

L'Assemblea si compone di delegazioni dei vari parlamenti nazionali; l'attuale numero dei componenti è 214, scelti tra i membri dei parlamenti nazionali dei 19 paesi dell'Alleanza Atlantica. Ai lavori dell'Assemblea partecipano inoltre rappresentanti di 20 parlamenti associati. Alle riunioni dell'Assemblea sono, inoltre, invitati il Parlamento europeo, altri paesi con lo status di osservatori - Australia, Egitto, Giappone, Israele, Marocco e Tunisia - e le Assemblee parlamentari dell'OSCE e dell'Unione dell'Europa Occidentale (UEO).
Le decisioni dell'Assemblea sono adottate a maggioranza semplice dei voti espressi e, al termine della sessione annuale, l'Assemblea adotta raccomandazioni, risoluzioni, pareri e direttive che sono trasmesse ai governi, ai parlamenti nazionali e al segretario generale della NATO di cui è stata annunciata la presenza..

In realtà niente di strategico: molta immagine e poca sostanza. Di certo, le decisioni che contano vengono prese altrove, tanto è vero che nello schema di comando della NATO tale organo non compare neppure. L'importante è legittimare la NATO come una specie di ONU, dandole un'improbabile veste democratica, trasparente e persino umanitaria.

La delegazione italiana risulta composta da 18 parlamentari (9 deputati e 9 senatori) nominati dai presidenti della Camera dei deputati e del Senato. Tra i rappresentanti quindi non ci sono soltanto politici della maggioranza di governo, ma anche 7 parlamentari del centro-sinistra (DS-Ulivo-Margherita), compreso il presidente della stessa delegazione che è un DS.

La presenza dei Democratici di Sinistra all'interno di un tale organismo non solo non ci sorprende, ma ha persino una sua seppur discutibile coerenza. I DS da sempre accettano pienamente la NATO, così come d'altra parte aveva fatto il PCI, e le loro decisioni politiche appaiono del tutto conseguenti: nel '99, ai tempi del governo D'Alema, sostennero in prima persona l'aggressione NATO contro la Serbia, al punto da far partecipare ai bombardamenti aerei italiani, con piloti e bombe italiane, decollati da basi italiane. In tempi più recenti sono stati e continuano ad essere sostenitori della missione ISAF, a guida NATO, in Afganistan. E se, sull'Iraq, dentro il partito dei DS ci sono posizioni meno belliciste, sulla legittimità della guerra in Kosovo e dell'invio delle truppe italiane a Kabul nessuno ha niente da obiettare, tanto meno i "pacifisti" del correntone dei vari Mussi, Salvi, Melandri.

Detto questo appare del tutto logico che le istituzioni locali (Regione, Provincia, Comune), indipendentemente dal loro schieramento partitico, abbiano fatto di tutto affinché i lavori dell'Assemblea NATO si svolgessero a Venezia, nella sicurezza dei finanziamenti pubblici stanziati per l'occasione e dei cospicui interessi economici legati all'ospitalità - a cinque stelle - per un esercito di politici, diplomatici, addetti alle segreterie, consulenti militari, giornalisti, funzionari preposti all'ordine pubblico, agenti della sicurezza e servi dei servi.

Il Lido di Venezia, per le sue caratteristiche naturali e le sue strutture utilizzate in occasione della Mostra del Cinema, ben si presta ad essere trasformato in una Zona Rossa, romanticamente circondata dalla laguna ma abbastanza lontana dalle scontate manifestazioni di protesta.
Eppure, facile da prevedere, la militarizzazione nelle settimane del summit non riguarderà solo il Lido, ma investirà tutta la laguna e i territori circostanti.

D'altra parte da tempo la guerra attraversa e permea la nostra realtà quotidiana, con evidenti sintomi di assuefazione collettiva. Dall'11 settembre 2001, ad esempio, il Petrolchimico di Marghera le cui produzioni in tempi di "pace" hanno seminato morte tra i lavoratori e i cittadini, ha le sue entrate costantemente presidiate da quelli stessi militari delle truppe lagunari che hanno operato in Iraq.

Nessuno ha mai obiettato niente a riguardo, tanto meno i sindacati - concertativi su tutto - eppure si tratta di un precedente inquietante: un posto di lavoro sotto controllo militare, oggi contro il terrorismo, domani magari contro gli operai che fanno un picchetto durante uno sciopero. E la cosa diventa persino paradossale se si pensa al fatto che la "bomba" di cui avere paura davvero è DENTRO la fabbrica stessa ed è innescata non da fantomatici terroristi ma dalla logica criminale del profitto.

In altre fabbriche - come l'Alutekna oggi in crisi - ci sono state commesse per produzioni militari, quelle stesse commesse che vedono l'intermediazione interessata delle "banche armate" venete.

L'opposizione antimilitarista parte da questa evidenza sociale: siamo in guerra tutti i giorni e il militarismo non occupa soltanto l'Afganistan e l'Iraq, ma invade la società in cui viviamo. Emblematico il fatto che chi si riempie di continuo la bocca con l'amor patrio è il primo ad occupare militarmente le nostre strade e le nostre piazze come se fossero "zona nemica".

Per questo, la critica antiautoritaria contro la NATO è anche contro ogni ipotesi di organizzazione armata degli Stati, in quanto ad ogni gerarchia corrisponde una subordinazione.

Coordinamento Anarchico Veneto
(Sintesi del documento elaborato per le iniziative del 12/13 novembre)

























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