testata di Umanità Nova

Umanità Nova, numero 37 del 21 novembre 2004, Anno 84

In nome della scienza
La benedizione laica agli OGM




"Temo che il dibattito dai toni spesso accesi nei confronti degli OGM possa aver creato un'ostilità preconcetta. Spesso si oppongono alle ragioni della scienza posizioni ed ostacoli che hanno il sapore di oscurantismo".
Questo affermava Umberto Veronesi sul Corriere della Sera del 4 aprile 2001.

Come possiamo verificare da queste dichiarazioni il noto oncologo nonché ex ministro della sanità, già in passato è intervenuto nel dibattito sugli organismi transgenici.
Le più recenti dichiarazioni, dello scorso 4 novembre, accompagnavano una lettera aperta, sul tema di biotecnologie agro-alimentari, inviata al presidente del consiglio affinché s'impegnasse a bloccare l'approvazione del cosiddetto decreto Alemanno.
Il ministro delle politiche agricole e forestali, con il provvedimento legislativo in questione, intende definire le modalità di coesistenza tra le coltivazioni OGM, le produzioni biologiche e quelle convenzionali. A parole sembra voler salvaguardare le produzioni tipiche dell'agricoltura italiana ma di fatto apre una porta all'invasione delle sementi transgeniche che sarà difficile richiudere.
Per i sottoscrittori della lettera, un campionario di raro assortimento in cui si mischiano cattedratici universitari, parlamentari (da Forza Italia a Diesse), giornalisti televisivi, intellettuali, ricercatori, senza scordare il significativo "sigillo" del presidente dell'assobiotech, questa apertura non è ancora sufficiente. La valutano, infatti, come una proposta antiscientifica, illiberale e nociva per l'economia italiana.
Non ci interessa analizzare il contenuto del decreto (ndr. che è stato poi approvato in data 11 novembre) ma, piuttosto, demistificare l'operazione mass mediatica che propaganda alcune affermazioni di noti esponenti del mondo scientifico come fonte di verità assoluta, quando, invece, le stesse rappresentano solo l'opinione di una parte, quella strettamente legata agli enormi interessi economici dell'industria delle biotecnologie.

Prendiamo in considerazione alcune delle dichiarazioni che, diffuse dagli "organi d'informazione", hanno suscitato più scalpore nell'opinione pubblica. 

Il professor Veronesi apre le danze dicendo: ''Come pretendiamo l'indicazione 'Ogm free' dovremmo pretendere anche la garanzia 'aflatossine free' i cancerogeni più potenti che esistano sulla faccia della terra". "Se in Italia si potesse scegliere, personalmente vorrei nutrirmi di mais transegnico"

Le aflatossine, conferma F. Sala (ordinario di Botanica generale e biotecnologia delle piante presso la Statale di Milano, ex esperto Singenta) ''sono tra le cinque o sei micotossine che possiamo trovare nel mais, quindi nei mangimi animali e, al termine della catena alimentare, nel latte e nella carne che finiscono sulle nostre tavole. Quando Veronesi ha parlato di rischio aflatossine per la polenta è stato criticato, ma diceva la verità''. Ma non è tutto. ''Ricordiamo - ha aggiunto il ricercatore - che nel 2003 la Lombardia ha buttato il 20% della sua produzione di latte perché conteneva aflatossine sopra i livelli soglia, ed un caso simile si era già verificato nel 1999''.
Le aflatossine (AF) sono, senza dubbio un problema ma, come ampiamente illustrato dalla nota tecnica del 2 febbraio 2004 per l'Associazione Italiana Allevatori, il verificarsi di situazioni gravi quali quelle registrate in molti allevamenti durante la stagione 2003, è stato determinato dalle particolari condizioni climatiche di quel periodo (fattore confermato indirettamente dallo stesso Sala che segnalando il problema in relazione a due annate in particolare, ci permette di dedurre che la causa scatenante non è legata al tipo di semente usata ma piuttosto alle condizioni ambientali).

In condizioni favorevoli allo sviluppo di funghi tossigeni, le micotossine possono essere formate in una qualunque delle fasi di produzione e di trasformazione di un prodotto alimentare. In particolare, le AF possono essere prodotte nelle piante infette in pieno campo; nel corso delle operazioni di raccolta; nelle derrate immagazzinate (stoccaggio, trasporto); nel corso delle trasformazioni tecnologiche e delle preparazioni alimentari, a tal proposito sono consigliate delle tecniche agronomiche e di stoccaggio da applicare per ridurre il rischio di contaminazione. Nell'ambito di queste tecniche, la lotta contro la piralide del mais in pieno campo è solo una delle strategie da mettere in atto ed è comunque l'unica che coinvolgerebbe l'utilizzo di piante transgeniche (si tratta in particolare del Mais Bt).
A proposito di sprechi, ci piacerebbe anche sapere cosa pensano, gli illustri studiosi, del latte, munto da vacche capaci di produrne 40 litri giorno, "pompate" in tutti modi (farine animali comprese), che poi non può essere commercializzato, non perché "inquinato" dalle tossine ma perché in eccesso rispetto alle quote latte stabilite a Bruxelles.

Infine, vorremmo rassicurare l'Umberto, non quello in camicia verde ma quello in camice bianco, visto che dal 27 ottobre può soddisfare la propria voglia di polenta transgenica, in tale data, infatti, la Commissione Ue ha concesso il "via libera" definitivo all'immissione sul mercato europeo di un mais geneticamente modificato della linea NK603, prodotto da Monsanto e destinato all'alimentazione umana. Il prodotto potrà essere utilizzato dall'industria alimentare, essere presente in prodotti derivati come amido, olio, alimenti di glutine di mais, semole oltre che nei mangimi per animali. L'autorizzazione resterà valida per un periodo di 10 anni.
È evidente che le multinazionali delle biotecnologie stanno sgomitando parecchio in questi ultimi mesi nel tentativo di recuperare il tempo, o farei meglio a dire il profitto, perduto in Europa.
Come se non bastasse, il professor Giorgio Poli (preside della Facoltà di Medicina veterinaria all'università degli Studi di Milano e coordinatore dell'Area scienza e alimentazione della Fondazione Umberto Veronesi) sentenzia: "Ci preoccupiamo di cibi Ogm, che studi pubblici finanziati dall'Ue con 70 milioni di euro hanno dimostrato essere sicuri, ma non di alimenti 'sporchi' di tossine cancerogene, escrementi, metalli pesanti e pesticidi".
Ci preoccupiamo da anni invece e, pur senza considerarla come la panacea per tutti i mali del pianeta, riteniamo l'agricoltura biologica quale pratica utile per evitare la distribuzione nell'ambiente e l'assunzione di alimenti contaminati da pesticidi ed erbicidi brevettati, prodotti e commercializzati proprio da quelle multinazionali che oggi ci propongono l'opzione transgenica.

Noi volgari consumatori, ci chiediamo anche perché gli eminenti rappresentanti della scienza, invece di propagandare gli OGM, non ci preparano un bell'estratto delle ricerche che in campo agro-alimentare hanno rilevato la pericolosità di tutte le sostanze che possono arrivare fin sulle nostre tavole. Preferiscono scambiarsi le informazioni nei convegni o hanno paura di "offendere" qualcuno?
In linea con quanto sopra, il gran finale prevede un'altra dichiarazione di Francesco Sala, che sostiene che bisogna tenere d'occhio anche i prodotti "nostrani".

Un esempio? ''Il pesto genovese fatto secondo la vera ricetta ligure contiene una quantità di metileugenolo, sostanza cancerogena, 600 volte superiore alla dose massima giornaliera consentita. Al contrario il pesto industriale contiene solo eugenolo, un derivato innocuo del metileugenolo. Il segreto sta nell'altezza delle piantine di basilico: vanno colte quando superano i 10 centimetri di altezza - svela Sala - perché quelle giovani contengono il precursore tossico che solo dopo si trasforma nel derivato innocuo''.
Facciamogli i complimenti perché è riuscito a trovare un esempio (per la verità è dal 2001 che a turno tirano in ballo l'accoppiata basilico metilegenolo) che riesce a mettere in cattiva luce i cosiddetti prodotti nostrani evitando di incorrere nelle querele degli avvocati dei produttori industriali della tipica salsa ligure. Poi domando: "Ma c'è più metileugenolo nel basilico di Genova Pra o nel basilico della piana di Albenga?" Sicuro che in pochi vorranno rinunciare al condimento ligure, mi chiedo quanti sono i raffinati o incuranti cuochi che raccolgono le foglie da piante di basilico al di sotto dei 10 cm di altezza? Se lo fanno, quante volte lo fanno in un anno?

Rimango senza parole di fronte allo "sforzo informativo" messo in atto dai più noti tra i firmatari della lettera aperta pro-OGM, la loro fine argomentazione scientifica mi ha convinto, non posso mantenere un'inutile ostilità preconcetta, devo inchinarmi alle ragioni della scienza.
Ironia a parte, se qualcuno avesse ancora dei dubbi sulla non neutralità della scienza questa sceneggiata dovrebbe definitivamente fugarli.
Quando si parla in nome della Scienza, quando ci si appella alla libertà di ricerca, (libera da vincoli di carattere economico, ideologico, politico e religioso, intendiamo noi), in una situazione in cui la ricerca di base è pressoché priva di finanziamenti pubblici, slegata dall'umana necessità ma direttamente o indirettamente condizionata dagli investimenti d'impresa e dai profitti aziendali ci pare difficile che si possano esprimere posizioni intellettualmente oneste.

MarTa

testo lettera aperta: http://www.greenplanet.net/Articolo5920.html
http://www.greenplanet.net/Articolo5923.htmlt
www.farmit.com/apa/aflatossine2004
http://www.osservatorio.it/cont/cont_ogm.php



























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