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Umanità Nova, numero 38 del 28 novembre 2004, Anno 84

Apocalypse Now
Quando la realtà supera la finzione




«Il premier irakeno Allawi ha dato il via all'operazione: gli americani hanno sferrato l'attacco finale a Falluja, denominato "Furia fantasma". Nella conferenza stampa Rumsfeld ha detto "che il governo dell'Iraq ha chiesto questa operazione e noi l'aiutiamo. C'è il coprifuoco, i civili sanno come evitare i pericoli, e i nostri soldati sono preparati"».
E allora vediamo!

«Il colonnello Newell ai suoi soldati: "Se vedete un nemico spazzatelo via con una mitraglia calibro 50. Se vi sparano da una casa chiamate l'artiglieria che la riduce a una frittella. I veicoli, in sosta o no, tutti potenziali autobombe. Sparategli addosso e guardate se esplodono. Se non esplodono? Rimborseremo i proprietari quando tutto sarà finito».
Quando si parla di preparazione e di guerra intelligente!

«Dai pochi reporter embedded filtra qualche episodio. Come la battaglia di ore tra 150 marines e un cecchino iracheno poi scappato (pare) in bicicletta».
Beh, questa volta sembra che fosse più preparato l'iracheno, o perlomeno che sapesse andare in bicicletta come un dio.

«Zarkawi è scappato, Ghait no. Ghait Massoud è sepolto nel giardino di casa. Aveva 9 anni. La scheggia di un proiettile l'ha colpito al petto martedì scorso all'alba. È morto nel tardo pomeriggio alla luce di una lampada al kerosene. "L'abbiamo bendato, gli abbiamo dato l'acqua, ma aveva perso troppo sangue. Non abbiamo potuto far altro che guardarlo mentre moriva. L'abbiamo messo in giardino"».
Per più di dodici ore si è protratta l'agonia di Ghait. E nel giardino, guardando il cielo sotto le palme da dattero che ne hanno accompagnato la fanciullezza, è morto questo pericoloso terrorista di nove anni, con un sorso d'acqua ad alleviarne il tormento, alla luce di una iper tecnologica lampada al kerosene. Disteso per terra, fra lo strazio dei genitori, distrutti dal dolore ma sollevati dalla consapevolezza di aver dato anche loro, come il povero Ghait, il necessario contributo alla lotta del bene sul male.

«Gli aerei hanno attaccato il presunto quartier generale sotterraneo sganciando un centinaio di proiettili e quattro bombe da 900 kg in grado di perforare il cemento. Non è chiaro però se l'obiettivo sia stato raggiunto»
Peccato! E se poi qualche imbecille di civile lì vicino ci ha pure lasciato le penne perché si era rifiutato di abbandonare la propria casa, that's the war, stupid!

«Se si possono ancora chiamare case le 50.000 abitazioni di Falluja colpite dai bombardamenti a cui hanno partecipato - fanno sapere orgogliosi i comandi americani - venti diversi tipi di velivoli»
A nostro parere, nella vita, uno dovrebbe essere orgoglioso per altre cose, che so, vivendo un'esistenza dignitosa, godendo di affetti profondi, meritandosi il rispetto di chi gli sta vicino... Ma se i comandi americani sono orgogliosi per aver usato venti diversi tipi di velivoli, avranno anche i loro motivi. A ben pensarci, poi, anche noi e i nostri ragazzi in missione umanitaria dovremmo essere pieni di orgoglio per aver colto l'opportunità di intervenire a fianco di un esercito così fantasioso e creativo. Del resto, se radere al suolo una città riesce meglio con venti tipi di velivoli invece che con uno, non staremo mica a sofisticare: questo sì, questo anche, questo invece no, questo non so, questo la prossima volta...?

«I mezzi corazzati avanzano sparando e diffondendo dagli altoparlanti collaudate armi psicologiche, musica rock oppure la Cavalcata delle Walkirie, sì, proprio quella usata da Kubrik in Apocalypse Now».
Ma allora, la Convenzione di Ginevra cosa ci sta a fare? la bella statuina? Passi per la fame, la sete, le malattie, i lutti, la distruzione delle case, Abu Ghraib, Guantanamo e le periodiche visite di Martino. Ma Wagner, santo cielo! anche con Wagner dobbiamo torturarli? Non c'è proprio un limite alla cattiveria. Ma cosa diavolo gli avranno fatto, poi, 'sti cavoli di iracheni, da stargli tanto sui coglioni! Con il rischio, tra l'altro, che succeda come a Woody Allen, a cui veniva voglia di invadere la Polonia ogni volta che ascoltava Wagner.

«Il colonnello Mike Shupp parlando dall'ospedale di Falluja afferma di non avere notizia di iracheni intrappolati in città... e se ci sono non hanno bisogno di aiuti: "Abbiamo noi tutto quello che serve alla popolazione, porteremo i feriti all'ospedale e svolgeremo il lavoro umanitario da qui"».
Se coi tempi che corrono è difficile avere certezze, una comunque pensiamo di averla: che non vorremmo essere abitanti di Falluja, costretti a sperimentare l'assistenza umanitaria dell'esercito americano. Non a caso né la Mezzaluna né la Croce rossa hanno accesso alla città. Il "lavoro", come quegli spostati fanatizzati in divisa chiamano la distruzione di tutto quello che gli si para di fronte, per essere fatto bene e completato, riesce meglio se nessuno viene a ficcarci il naso. Chissà poi cosa sarebbero capaci di raccontare quei ficcanaso imboscati?

«All'ospedale Numaan Khalaf, tassista di Falluja, ieri stava seduto accanto ai letti spogli dei suoi due figli, Alaa, 11 anni, ferito al petto, Nafe, 7 anni, che ha perso una gamba. A chi si avvicinava, chiedeva: "Questi bambini assomigliano a Zarkawi?"».
No di certo, ma intanto, se non sono riusciti a prendere Zarkawi, almeno hanno preso Alaa e Nafe. Sono sempre due iracheni e, crescendo, due potenziali terroristi, no? E poi, a sentire quell'altro comandante yankee, "non c'è emergenza umanitaria a Falluja". Avrà anche ragione, ma almeno ci facciano capire a che punto bisogna arrivare per poter parlare di emergenza.

«"Questo bastardo respira ancora". Marine spara a bruciapelo sul ferito. Orrore in una moschea dopo uno scontro a fuoco. Il guerrigliero era steso a terra. Il soldato: "Finge di essere morto". Poi lo sparo».
E qui si vede la grandezza e la superiorità della democrazia americana. Il generale Sattler, comandante dei Marines, ha detto che si dovrà stabilire se il soldato ha agito per autodifesa o in violazione della legge sui conflitti armati. Quindi "regolare" inchiesta ed eventuale punizione di quel soldato un po' troppo carico. Noi però siamo malfidati e pensiamo che la sgamerà come i suoi colleghi aguzzini di Abu Ghraib o Guantanamo. Anche perché le regole d'ingaggio dell'esercito americano in Iraq possono essere riassunte in due sole parole: Weapons Free - Grilletto Facile. Che è come dire che si può sparare a qualsiasi cosa, perché tutto è considerato ostile. Una buona notizia, comunque, per chi ama gli animali. Un giornalista "al seguito" riferisce che un ufficiale è riuscito a fermare in extremis un tiratore scelto che stava per sparare a un gatto.

«Il marine di Falluja non scandalizza gli Usa. Il Pentagono allarga l'indagine ma la stampa non dà risalto al caso. Anche le associazioni dei diritti umani caute nel giudicare l'uccisione del ferito».
Sempre a proposito della grandezza e della superiorità della democrazia americana. Mica come quegli esaltati dei paesi arabi, o quegli europei con la puzza sotto il naso, che si sono scandalizzati per questa faccenda. Tra l'altro i commilitoni del soldato dicono che era "stressato, esausto, impaurito". E sicuramente è vero, perché la guerra è anche questo, una serie infinita di atti talmente disumani da rendere disumano anche un pacifico ragazzone che fino a ieri, probabilmente, non andava più in là di una birra e un pacchetto di pop corn il sabato sera.

«È un delitto che fa male al cuore. Margaret Hassan, una donna buona, generosa, che ha dedicato la vita agli altri e che non aveva lasciato l'Iraq nemmeno quando su Baghdad si scatenò l'inferno della guerra, è stata assassinata dai suoi rapitori».
Un'infamia che si aggiunge alle tante, troppe infamie di questa infame guerra. Civili innocenti, persone inermi che hanno fatto della loro volontà disarmata un'arma per sconfiggere gli orrori della guerra, pagano un tributo ingiusto e doloroso. Non ci sono scale di valori che giustifichino le gerarchie della morte o le ragioni degli assassini. Ci sono solo delle persone che, restando a Baghdad o restando a Falluja, testimoniano il diritto della vita e dell'umanità a prevalere su quello della morte e della crudeltà. E anche se oggi sembra che la loro scelta debba essere quella perdente, noi sappiamo che anche la loro testimonianza e la loro resistenza saranno, dovranno essere, i puntelli di un mondo diverso. Non saremmo anarchici, altrimenti.

«Svelato l'aereo delle torture. Gli americani lo utilizzerebbero per far sparire prigionieri, anche in Italia. Rapimenti, aerei di copertura e torture su commissione. Un'inchiesta giornalistica del Sunday Times  rafforza tre anni di sospetti e di denunce sul fatto che i servizi segreti americani stiano applicando una strategia di "guerra sporca" per combattere Al Qaeda con mezzi vietati da tutte le convenzioni internazionali».
A parte il fatto che qualcuno dovrebbe spiegare cosa si intenda per "guerra pulita", questa del Gulfstream 5 che vola da un continente all'altro trasportando "inesistenti" prigionieri destinati a torture sul posto o in altre località a ciò preposte, non ci pare il grande scoop che vorrebbe sembrare. Primo, perché quanto a torture sui prigionieri la civilissima democrazia Usa ha già fatto le sue brave esperienze, secondo perché anche la storia dell'aereo non è del tutto originale. Ci pare di ricordare, infatti, che nei lontani anni settanta, le altrettanto civilissime dittature militari di Videla in Argentina e Pinochet in Cile facessero largo uso di questi mezzi di trasporto per sbarazzarsi, in volo, dei loro oppositori. Che allora fossero "sovversivi", che oggi siano "terroristi"..., qualcuno provi a spiegarci la differenza.

«"Una città fantasma che puzza di esplosivo e cadaveri". "Una città atterrata da un altro pianeta, isolata da tutto e da tutti". "Le strade sono vuote, come molte case. Tra i combattimenti ci sono periodi di silenzio, assoluto e sinistro. Una città di fantasmi"».
Operazione compiuta. "Furia fantasma" ha raggiunto il suo obiettivo, alla faccia di chi ha osato supporre che non ce l'avrebbero fatta. Una città di fantasmi, un dedalo di strade fra case distrutte e giardini sventrati, dove i cadaveri vanno a saziare l'appetito dei cani randagi. Una città fantasma popolata anche dai fantasmi dei sequestrati, iracheni od occidentali, orrendamente uccisi nelle sinistre camere di tortura venute alla luce con l'avanzare degli americani. Una città fantasma popolata di gente terrorizzata chiusasi nelle cantine oppure rifugiatasi nel deserto che la circonda. Quella che il generale Myers, ora, si pone il problema di far tornare perché, dice, "è importante che la gente si senta sicura". Certo, che detto da lui c'è da preoccuparsi davvero.

«Secondo me - risponde il generale - la forza militare da sola non basta a cambiare il corso della storia di un Paese. Un'operazione si rivela buona se ne consegue un risultato economico e politico. Voglio dire che ora è il tempo della ricostruzione a Falluja».
E pensare che c'è stato chi aveva volgarmente insinuato che si combattesse solo per il petrolio! La distruzione di una città di trecentomila abitanti, con il suo insopportabile carico di morti, sofferenze e tragedie, quel soldato la chiama, asetticamente, una "operazione". Ma al di là delle parole usate, il concetto è chiaro, molto chiaro. E infatti i bravi marines si apprestano, ora, ad attaccare le altre città del triangolo sunnita. Che andranno anch'esse, bontà loro, ricostruite, perché nessuno possa dire che "l'operazione" non è stata buona.

Massimo Ortalli

n.b. Tutte le citazioni riportate sono tratte da articoli apparsi su "Il Corriere della Sera"




























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