Umanità Nova, numero 39 del 5 dicembre 2004, Anno 84
C'era una volta il diritto alla casa. La casa come bisogno primario,
come diritto alla vita… come diritto. Oggi nel nostro paese, per molti,
è sempre più un miraggio, un sogno.
Possono aiutare a comprendere il fenomeno i dati sulle richieste di
esecuzione di sfratto, che sono state nel periodo 1983-2002 di
1.504.384 di cui eseguite con la forza pubblica 365.956.
Guardando le motivazioni della richieste verifichiamo come siano
totalmente cambiate nel giro di 20 anni: nel 1983 la finita locazione
era predominante (72,46%) sulla morosità (12,85%), nel 2002
c'è un inversione di tendenza, la finita locazione non va oltre
il 30% (30,48%) ma sono in continuo aumento gli sfratti per
morosità (67,46%).
Questo perché ormai in affitto sono rimaste le famiglie
più povere, che non riescono a sostenere le spese degli affitti
o dell'acquisto della casa in un mercato sempre più
liberalizzato. A Roma in alcune zone, in due anni, gli affitti sono
aumentati anche del 50%.
Su una città come Roma incombono circa 17.000 sfratti di cui
5.000 esecutivi. Un esercito, circa 45.000, sono le famiglie, anziani e
giovani coppie, costrette alla coabitazione.
Storicamente le istituzioni sono sempre state assenti nell'affrontare il problema.
Le proroghe governative degli sfratti si rivolgono ad una fascia
sempre più piccola di sfrattati: il decreto approvato a
settembre riguarda solo le famiglie con particolari condizioni di
disagio economico e sanitario.
Si sono trasferite alle regioni tutte le competenze in materia di
edilizia pubblica. L'offerta di alloggi con canone sociale è, a
livello nazionale, solo del 5% sul totale delle abitazioni.
Il precedente governo di centro-sinistra ha iniziato la più
grande opera di privatizzazione immobiliare d'Europa, la
cartolarizzazione degli immobili pubblici: si è privatizzato e
dismesso, a volte "regalando" a soggetti privati, banche e finanziarie,
pezzi interi di patrimonio pubblico, che, soprattutto nelle grandi
città, svolgevano la funzione di calmiere per chi non si poteva
permettere affitti esorbitanti.
Qualche "intelligenza" nel centro-sinistra pensava che liberalizzando
il mercato degli affitti e privatizzando si sarebbero risolte le
tensioni abitative, invece così facendo si è solo
incentivato il monopolio della rendita speculativa.
Ed adesso ci tocca vedere il finto "mea culpa", il tendere la mano,
come sta facendo, ad esempio, la giunta municipale romana che, proprio
in questo mese, ha di nuovo deliberato ulteriori sconti (del 30-40%)
agli inquilini per l'acquisto d'immobili comunali.
A Roma la situazione è esplosiva, alla cronica mancanza di case
dei romani, si aggiunge il sempre maggior bisogno di case degli
immigrati. L'edilizia residenziale pubblica è ferma da
vent'anni, i sindacati di stato degli inquilini (sunia, sicet,ecc.)
oltre a formulare le solite richieste, tramite inutili petizioni, sono
assolutamente inesistenti.
In città è sempre esistito un vasto movimento di lotta,
che ha portato, attraverso gli anni, alle molte migliaia di
appartamenti oggi stabilmente occupati.
Dalla fine degli anni '80 ci sono state le storiche occupazioni, prima dei 700 appartamenti IACP di S. Basilio, poi, nei primi anni '90, dei 3 palazzi della Federimmobiliare ad Ostia con una buona presenza d'immigrati, ed ancora una bella esperienza libertaria di P.za dei Siculi (S. Lorenzo) poi sgombrata. Negli ultimi anni si stanno moltiplicando occupazioni di scuole non utilizzate dagli enti locali, e di palazzi pubblici abbandonati dagli enti. Proprio in queste ore arrivano notizie di due nuove occupazioni di case, un ex scuola nel centro cittadino al rione Monti, effettuata da una decina di famiglie, e quella, più grande, sotto minaccia di sgombero, che dura da alcuni giorni di due padiglioni dell'ex manicomio del S. M. della Pietà (che, forse, quando leggerete questo articolo sarà già stata sgombrata).
Come se non bastassero le minacce di sgombero, ad aggravare la
precaria condizione abitativa di chi vive nelle occupazioni, si
aggiunge anche la minaccia, da parte della prefettura e dell'Acea
(azienda che fornisce elettricità), di distacco delle utenze di
acqua e luce in 26 occupazioni (case, centri sociali, sedi politiche):
nelle settimane scorse si è verificato un tentativo di distacco,
che fortunatamente è rientrato.
A Roma ci sono essenzialmente due strutture che si muovono su questi
terreni, uno è lo storico "Coordinamento cittadino di lotta per
la casa", che vede la presenza, nelle occupazioni, anche di qualche
individualità libertaria, ed è attivo dalla fine degli
anni '80; e l'altra è "Action", più recente, legata ai
disobbedienti e con collegamenti con settori istituzionali.
Da notare che recentemente anche la destra sociale legata a Forza Nuova e Base Autonoma, nelle loro quattro occupazioni romane, chiamate "OSA - occupazioni a scopo abitativo", si sta interessando al tema sociale della casa portando circa 70 famiglie a lavorare in questo loro progetto "socio –politico".
Gli effetti devastanti delle politiche liberiste (sia del governo
attuale che del precedente) hanno dichiarato la fine del diritto alla
casa. Questo è il motivo per cui la sinistra libertaria e non
istituzionale non deve lasciare il problema in mano ad altri, ma deve
trovare, soprattutto nei grossi centri urbani, dove le situazioni
abitative hanno raggiunto livelli drammatici, la capacità di
tornare a parlare ed organizzare le componenti sociali più
deboli per far prendere alle istituzioni (Comuni, Regioni, Governo)
tutte le loro responsabilità.
I movimenti di lotta per la casa non sono, come vogliono far credere i
politici di turno, un problema di ordine pubblico, ma una realtà
che vuol mettere al centro dell'agenda politica il nodo irrisolto dei
diritti negati.
Umbi