Umanità Nova, numero 39 del 5 dicembre 2004, Anno 84
Chi la scorsa settimana avesse provato a collegarsi al sito
www.lavoriprecari.it o alle pagine di www.lavoriprecari.it/redlab
avrebbe avuto la sgradita sorpresa di scoprire che erano stati
sequestrati "preventivamente" per ordine della Procura di Roma. Le
pagine fatte sparire sono curate dalla RdB e dedicate (come si capisce
facilmente dal nome) alle problematiche relative al lavoro precario.
Come da tradizione kafkiana, all'inizio non sono state fornite le
motivazioni del sequestro anche se poi i gestori del sito hanno reso
noto che la richiesta è partita dal "presidente
dell'associazione "Casa dei Diritti Sociali" in riferimento ai
comunicati pubblicati sul sito redlab sulla vertenza sindacale in atto
nell'associazione e nella cooperativa sociale collegata ad essa." (dal
comunicato della RdB).
In altre parole il solo fatto di aver pubblicato materiale di natura
sindacale, come è ovviamente quello scritto da lavoratori e
relativo ad una vertenza di lavoro in atto è costato la censura
di tutto il contenuto del sito, anche del materiale che non aveva nulla
a che vedere con quella faccenda.
Per fare un paragone è come se a seguito di una querela
venisse sequestrato non solo il giornale nel quale è comparso il
pezzo incriminato (cosa che non accade) ma ne venisse anche impedita la
stampa e diffusione dei numeri successivi e, visto che stiamo parlando
di un archivio web, venisse anche impedita la visione dei numeri
arretrati.
Il buonsenso avrebbe voluto un comportamento diverso, visto che era
possibile sia una preliminare diffida per far sparire solo le pagine
"scomode", sia una semplice copia del sito che non avrebbe portato via
più di qualche ora, ma quando si tratta di questioni collegate
ad Internet sembra proprio che la logica abiti da tutt'altra parte.
L'atto è di una estrema gravità e non solo perché colpisce un sindacato di base ma perché prosegue una attitudine che, se prendesse piede, significherebbe tempi duri per tutti coloro che pubblicano materiale dissidente. E non è certamente un caso che il sequestro abbia colpito un sito che si occupa di un argomento "caldo" come quello del precariato, uno dei settori centrali nello scontro capitale-lavoro, un'area evidentemente da tenere sotto controllo anche su Internet.
Azioni del genere fanno parte dell'attacco statale alla libertà di comunicazione elettronica fatto a colpi di censura contro i siti non allineati: meno noto ma non per questo meno importante il recente caso di "autistici/inventati", denunciati dalle FS in quanto sui loro server ospitavano un sito che faceva satira sul ruolo avuto dalle ferrovie nel trasportare le armi destinate alla Guerra. Per fortuna, dopo la rituale censura delle pagine incriminate, un giudice ha dato torto al più grosso e "autistici/inventati" hanno evitato una multa salata.
Sempre per restare in argomento, un aggiornamento relativo al
sequestro di Indymedia (vedi UN n.32/04): tra i tanti si è mossa
anche la EFF (Electronic Frontier Foundation), la più vecchia e
nota associazione che difende le libertà su Internet, che ha
chiesto alla magistratura statunitense di rendere pubblici gli atti che
hanno avviato la procedura.
La risposta non si è fatta attendere, i documenti restano
segreti a norma dei trattati vigenti, ma secondo l'EFF nella risposta
avuta c'era una implicita ammissione riguardo l'origine italiana del
provvedimento, come molti già sospettavano.
Pepsy