Umanità Nova, numero 39 del 5 dicembre 2004, Anno 84
Nel 1990 Bari era considerata la città gioiello del meridione
d'Italia, in opposizione a Napoli, capitale riconosciuta del degrado
urbano e sociale. Ma all'inizio degli anni '90 fu avviato il processo
di destabilizzazione della Jugoslavia, teatro dello scontro tra
l'egemonia americana e quella tedesca. Di conseguenza, come porto
dell'Adriatico, Bari divenne un crocevia del traffico di armi e di
clandestini, perciò la macchina propagandistica e mistificatoria
del degrado si mise in moto anche nei confronti di Bari.
Agli inizi degli anni '90 le cronache riportano casi di colera localizzati a Bari. Nel 1973 era accaduto altrettanto a Napoli: una presunta epidemia di colera stroncava completamente il turismo nella città. Il "colera" napoletano fu causato dalla recrudescenza della guerra fredda e dalla necessità di rilanciare l'insediamento NATO rendendo la città sempre più dipendente da esso. In realtà, nell'estate del 1973, la media dei decessi per patologie gastrointestinali non fu diversa da quella degli anni precedenti e successivi. Non si trattò quindi solo di un colera politico, ma anche di un colera strategico-militare.
A metà degli anni '90, Napoli si poté invece incamminare verso il suo presunto "rinascimento", mentre Bari era costretta ad imboccare la strada del degrado, motivato dalla necessità politico-strategico-militare di produrre un tessuto sociale criminale per gestire le attività illegali connesse alla guerra in Jugoslavia.
La guerra in Afganistan ha posto fine al "neo-rinascimento" bassoliniano, in quanto Napoli ritorna a svolgere un ruolo di retroterra logistico della guerra. Di questa logistica della guerra fa parte anche il crimine organizzato, il traffico di oppio e di morfina la cui produzione è stata rilanciata in grande stile in Afganistan dall'occupazione delle truppe americane.
La sorte di un'area, di una città, è dunque intrecciata con gli equilibri strategici planetari, con lo scontro tra le potenze e con le loro incursioni colonialistiche in aree distanti e apparentemente prive di relazioni tra loro. La criminalità organizzata non è mai un fenomeno sociale spontaneo, ma è sempre stata legata alle esigenze della guerra aperta o strisciante fra gli Stati.
Non sempre a gestire la criminalità organizzata è esclusivamente lo Stato che la ospita, ma è anche e soprattutto la potenza straniera che lo sovrasta.
Sul rapporto tra mafia e guerra fredda, tra mafia e OSS (poi CIA), si può intravedere una sorta di paradigma generale dei rapporti tra esigenze di guerra e produzione/gestione di crimine organizzato.
Ci potremmo chiedere perché mai in questi giorni sul caso Napoli/Scampia si ripropongano anche da sinistra le consuete interpretazioni sociologistiche del fenomeno criminale. La spiegazione si trova nel sistema della comunicazione che taglia fuori qualsiasi interpretazione che non avalli la retorica del degrado. Quando un movimento di opposizione politica o sociale pone come sua esigenza prioritaria quella della visibilità, si condanna anche a subire il conformismo della comunicazione ufficiale, che non prevede interpretazioni dissonanti dalle esigenze propagandistiche del Dominio.
Comidad - Napoli