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Umanità Nova, numero 40 del 12 dicembre 2004, Anno 84

Astuzie della democrazia
Torture: colpirne uno per coprirne cento



La storia è questa, tanto scandalosa quanto scontata e risaputa: la Croce Rossa internazionale ha inviato alle autorità Usa un rapporto riservato sulle condizioni di detenzione a Guantanamo nel quale si denuncia, papale papale, che in quella prigione destinata ad ospitare i "terroristi" islamici si tortura. O meglio, per restare al linguaggio felpato delle diplomazie istituzionali, che nella base cubana si usano metodi "paragonabili alla tortura", comprensivi di violenze fisiche e morali esercitate continuativamente sui detenuti.

Tutto normale, si potrebbe dire, se non che il rapporto osserva anche che "la condotta dell'autorità diventa sempre più raffinata e repressiva rispetto alle visite precedenti". E questa ultima considerazione è un po' meno scontata di tutto il resto.

Da tempo, ormai, in questa terza o quarta guerra mondiale unilateralmente dichiarata dagli Stati Uniti contro il resto del mondo, emergono, con ben poco lusinghiera costanza, fatti e avvenimenti indegni di quella civiltà superiore in nome della quale si dice di combattere. Se le torture di Abu Ghraib non sono state che la punta dell'iceberg della costante violazione di ogni diritto umano, quanto accade a Bagram o nelle altre prigioni afgane non è meno grave o rivoltante: semplicemente sono circolate meno foto amatoriali. A questi episodi più noti, che hanno goduto della inevitabile cassa di risonanza presso una opinione pubblica che ogni tanto deve essere indotta a sentirsi moralmente superiore a chi la governa, se ne dovrebbero aggiungere chissà quanti altri, stando almeno a quanto di volta in volta trapela sulle porcherie dell'imperialismo. O, per dirla come ce la raccontano, di questa guerra del bene sul male.

Tanto per non fare esempi, è di questi giorni la conferma di quanto si sospettava da tempo riguardo ai metodi usati dai servizi americani nei confronti dei sospetti terroristi: sequestri di persona con la complicità delle polizie locali (e in questo pare che l'Italia si sia distinta in modo particolare), interrogatori senza la minima garanzia giuridica, deportazione a bordo dei famigerati aerei-carcere, detenzione in carceri segrete presso paesi amici, trattamenti coercitivi tranquillamente identificabili come torture fisiche e morali. Non c'è che dire, per un paese che ha costruito la propria immagine anche sui milioni di avvocati impegnati a difendere 24 ore su 24 i diritti inalienabili dei liberi cittadini americani contro le storture dello statalismo, davvero una bella figura! E per continuare a non fare esempi, anche i gloriosi e irreprensibili corpi speciali della Marina Usa, i famosi Navy seals, hanno fatto la loro parte nel depredare, seviziare e torturare la popolazione irachena, come ci documenta l'ennesimo servizio fotografico spuntato su Internet da non si sa dove.
Ebbene, di fronte a questo pullulare di testimonianze, a questo apparente trionfo della trasparenza e della libertà d'informazione, non resterebbe che unirsi all'affollatissimo coro dei tessitori delle lodi della grande e inimitabile democrazia d'oltreoceano: sì, è vero, alcuni dei "nostri" torturano i nemici, disprezzano le convenzioni internazionali, se ne sbattono delle leggi, usano metodi che abbiamo sempre rimproverato agli altri, terrorizzano la popolazione civile, agiscono al di fuori di ogni senso di umanità, però il sistema è sano, e proprio il fatto che queste magagne vengono alla luce ne evidenzia l'indiscutibile superiorità rispetto a tutti gli altri. Il singolo che sbaglia, se proprio ha sbagliato, prima viene smascherato, poi viene dato in pasto all'opinione pubblica, quindi giudicato e, se del caso, anche condannato. Cosa chiedere di più, allora, oltre alla doverosa punizione di chi ha abusato della fiducia dei propri superiori?

Beh, se proprio non si può chiedere di più, converrebbe almeno porsi alcuni interrogativi, se non altro per tentare di capire meglio come stiano le cose. Da più parti si afferma che la denuncia di questi abusi avviene o casualmente, per l'ingenuità di mentecatti che non riescono a celare le prove dei loro delitti, oppure volutamente, secondo un disegno politico degli oppositori dell'amministrazione, interessati a denunciarne le deviazioni istituzionali. Nel primo caso si tratterebbe di falle consequenziali alle dinamiche dell'informazione, nel secondo degli effetti necessari e salutari della più collaudata e sana dialettica democratica. Sempre e comunque, l'immagine che si ricava è quella di un sistema nonostante tutto pulito, perché capace di riconoscere, correggere e punire i propri errori, e quindi di ripristinare il rispetto delle regole e di impedire il ripetersi degli abusi. Insomma, nessun messaggio può essere più rassicurante: possiamo stare tranquilli, chi sbaglia è punibile e questi errori non potranno ripetersi. 

Ma allora, proprio in forza di questo ragionamento, cambiamo prospettiva e proviamo a pensare che le cosiddette fughe di notizie non siano affatto fughe di notizie, ma l'espressione di una precisa volontà politica, di un sottile disegno finalizzato a creare quegli alibi necessari per comportarsi ed agire come e peggio di prima. La sequenza potrebbe essere questa: per combattere la sporca guerra contro il terrorismo (per soddisfare i miei interessi egemonici) non posso farmi legare le mani dalle convenzioni internazionali, ma ho bisogno di strumenti e mezzi di coercizione assolutamente impresentabili; dato però che prima o poi questi possono essere scoperti con conseguente scandalo dell'opinione pubblica internazionale, tanto vale che sia io a farli scoprire, in modo da sfruttare l'occasione e poi alzare il tiro; se sono io, infatti, a denunciare e a (fingere di) colpire le deviazioni non solo mi sottraggo ad ogni possibile ricatto morale, ma addirittura faccio credere che le mie denunce possano servire ad impedirne il ripetersi e che quindi vigano ancora un diritto internazionale e una moralità superiore. Questa apparente rispettabilità darà nuova legittimazione al mio agire e così potrò continuare con gli stessi metodi senza dovermi neanche preoccupare di nasconderli. Quindi, facciamolo scoppiare questo "bubbone" e avanti a tutta forza!

Paradossale? Non direi proprio, come spiegare altrimenti che la Croce Rossa, dopo la quinta visita a Guantanamo, e quindi la quinta involontaria sceneggiata sul controllo del rispetto dei diritti umani, abbia dovuto sconsolatamente dichiarare che "la condotta dell'autorità diventa sempre più raffinata e repressiva rispetto alle visite precedenti"?

Massimo Ortalli






























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