Umanità Nova, numero 40 del 12 dicembre 2004, Anno 84
La legislazione vigente in Italia sulle droghe dal 1 gennaio al 21
novembre di quest'anno ha prodotto un terrificante bilancio fatto di
16.271 arresti e 816.696 giorni di reclusione, mentre si calcola che il
50% della popolazione carceraria è detenuta per motivi connessi
ad uso/spaccio di droga e dei 70 suicidi dello scorso anno quasi la
metà ha visto coinvolte persone arrestate per droga.
Questa montagna di sofferenze umane non basta però a saziare la fame perversa di chi non sa resistere al piacere mostruoso di perseguitare persone che hanno la sola colpa di consumare sostanze proibite dalla legge, che commettono un reato senza fare nessuna vittima. Così, dopo una lunga serie di annunci, false partenze e minacce, giovedì 18 novembre la Legge Fini è ripartita al Senato, dalle commissioni Giustizia e Sanità. Com'è noto, il disegno di legge che porta come primo firmatario e principale ispiratore il Viceduce Gianfranco Fini in persona, è ultraproibizionista, con un inasprimento delle pene, anche per il semplice uso e la semplice detenzione delle sostanze. In particolare, per la detenzione delle sostanze si introducono delle nuove tabelle che delineano le quantità che se superate fanno automaticamente scattare il reato di spaccio, con sanzioni penali. Si ripristina così la quantità fissata dalla legge e non più affidata alla valutazione del giudice, come con l'attuale legislazione, frutto del referendum del 1993 che aveva abolito la cosiddetta dose media giornaliera.
Il "confine" tra uso personale e spaccio viene fissato a 500 milligrammi di principi attivi di cocaina, 200 milligrammi di eroina, 0,05 mg per l'lsd, 200 mg di metadone, 200 mg di morfina e oppio, 250 mg di cannabis. La pena prevista per chi "importa, esporta, acquista o riceve a qualsiasi titolo o comunque illecitamente detiene sostanze stupefacenti o psicotrope"in quantità superiori a quella della tabella" è la reclusione tra i sei e i venti anni, anche se per i "fatti di lieve entità" si riduce al carcere da uno a sei anni. Chi, invece, viene trovato in possesso di una quantità al di sotto di quella "tollerabile" può essere punito con la sospensione fino a due anni della patente e il ritiro del passaporto. Il prefetto può inoltre disporre alcune "misure di sicurezza" quali "l'obbligo di presentarsi almeno due volte la settimana al posto di polizia o ai carabinieri locali", "l'obbligo di rientrare nella propria abitazione entro una determinata ora e non uscirne prima di un'ora prefissata", "il divieto di frequentare determinati locali pubblici", "il divieto di allontanarsi dal comune di residenza", "il divieto di condurre qualsiasi veicolo a motore". L'obbligo periodico di firma e il divieto di allontanarsi dal comune di residenza scatta anche in caso di "recidiva" e per chi non osserva anche solo una delle disposizioni, scatta l'arresto da 3 a 18 mesi. Tutto questo sotto "la dose massima tollerabile" mentre con una dose, ad esempio di 10 grammi di hashish (una quantità che supera il limite di 250 mg di THC previsto dal testo) si incappa automaticamente nella sanzione penale. Solo nel caso in cui il soggetto risulti essersi sottoposto con esito positivo ad "un programma terapeutico in comunità", il prefetto può revocare l'applicazione dei provvedimenti presi, e ridurre la pena carceraria al massimo di sei anni. In alternativa al carcere o al ricovero in comunità, per chi commette "fatto di lieve entità" scatta l'obbligo di svolgere un "lavoro di pubblica utilità" per la durata della pena a cui è stato condannato. Nel testo, inoltre, è esplicitamente incentivata la "delazione" nei confronti dei consumatori e dei tossicodipendenti, sono previsti infatti sconti "per chi pur acquistando droga, aiuti le indagini" per scovare altri tossicodipendenti.
Viene infine stabilita "la completa parificazione ai fini del recupero, delle comunità con i Sert. Le cosiddette comunità terapeutiche, poste sullo stesso piano delle strutture pubbliche, non solo vedranno decuplicarsi i propri "clienti" grazie alla reintroduzione dei "trattamenti sanitari obbligatori" (TSO) che potranno essere imposti dal prefetto a qualsiasi consumatore di droghe, ma potranno persino certificare autonomamente lo stato di tossicodipendenza e somministrare il metadone, mentre viene vietata ai medici dei Sert la somministrazione di metadone in dosi che non siano "a scalare".
In un paese già colpito da una legislazione antidroga pesantemente proibizionista (il referendum del '93 aveva abolito le sanzioni penali per i consumatori, ma aveva comunque mantenuto sanzioni amministrative come il ritiro della patente e del passaporto pesantemente limitative della libertà personale), la Legge Fini vorrebbe rilanciare l'ennesima edizione della War On Drugs all'italiana. Questa volta l'obiettivo è la guerra ai fumatori di hashish e marijuana, senza se e senza ma. L'unificazione delle pene per tutte le sostanze riduce da 8 a 6 anni la pena minima per gli spacciatori di eroina e cocaina, mentre innalza quelle massime per il traffico di droghe leggere. Si passa dunque per lo spaccio, dall'attuale pena da due a sei anni alla pena da sei a venti anni, mentre per i fatti di lieve entità, invece, la pena attuale prevista da sei mesi a quattro anni passa alla pena da uno a sei anni. Il fascista Fini aveva dichiarato a suo tempo che "per questo governo le droghe sono tutte uguali, non c'è differenza tra quelle cosiddette leggere e pesanti", ma in effetti a tanto accanimento contro la cannabis corrisponde un trattamento di favore nei confronti della cocaina (per cui viene stabilita una quantità di principio attivo tollerabile di 500 mg, il doppio della cannabis). In una situazione in cui proprio l'aumento del consumo di cocaina è considerata la principale emergenza sanitaria legata alla diffusione delle droghe illegali, tanti privilegi per la polvere bianca da sempre più amata dai fascisti non possono non ricordare che in "questo Governo" siedono ben tre sottosegretari coinvolti di recente in inchieste sul traffico di cocaina (di cui due cocainomani confessi), mentre lo stesso delfino di Fini, il palermitano Nicola Calderoni, ha dovuto interrompere precocemente la propria carriera di coordinatore nazionale giovanile di AN, dopo esser stato beccato dalla Finanza con la bamba. La Legge Fini, d'altra parte, è figlia diretta di quella filosofia reaganiana della War On Drugs che vedeva nella persecuzione dei consumatori di cannabis la realizzazione della vendetta dell'ordine tradizionale americano contro lo spirito libertario degli Anni Sessanta. Tradotta nella situazione dell'Italia del XXI secolo, la crociata anticanapa ha come bersaglio quei ragazzacci dei Centri Sociali, che non casualmente da un annetto a questa parte sono oggetto di una vera e propria criminalizzazione in tutta Italia guidata proprio da Alleanza Nazionale.
La crociata, tuttavia, stenta a decollare. Già l'anno scorso il goffo tentativo di accompagnare la presentazione del disegno di legge ad un documento del Consiglio Superiore della Sanità, stilato dal farmacologo Silvio Garattini (di nota fede fascista), che certificava "l'uso della cannabis è gravato da pesanti effetti collaterali" e che pertanto i suoi effetti sarebbero più devastanti di quelli dell'alcool, del tabacco e del caffè, era naufragato nel ridicolo dopo che erano state rese pubbliche le tabelle del NIDA (l'istituto governativo USA sulle tossicodipendenze, da sempre su posizioni ultraproibizioniste) sulla pericolosità delle droghe, classificate in modo che al punteggio più basso corrisponda la pericolosità maggiore, che davano 9 punti all'eroina, 12 all'alcol, 15 a nicotina e cocaina e 27 a caffeina e marijuana. Oggi gli stessi media di regime sono meno inclini a lanciarsi nell'ennesima, isterica campagna antidroga e all'interno del centrodestra c'è tutt'altro che omogeneità sul tema droga (in tempi relativamente recenti i ministri Maroni, Prestigiacomo e Martino e il presidente del Senato Pera hanno firmato appelli in favore della depenalizzazione), anche se non è detto che la Legge Fini non sia il prezzo da pagare per tenere buona AN che ultimamente sta ingoiando uno smacco dopo l'altro. A livello internazionale, a far compagnia all'Italia, nella nuova compagnia dei crociati antidroga ci sarebbero solo la Cina, Cuba e il Vietnam marxisti e l'Iran khomeinista (le uniche nazioni che hanno recentemente promulgato norme più restrittive sulle droghe), mentre nel resto del mondo sta prevalendo una politica di progressiva depenalizzazione (solo nell'ultimo anno, la cannabis è stata decriminalizzata in Russia, in Canada e in Gran Bretagna). Proprio la scorsa settimana la commissione libertà pubbliche del Parlamento europeo ha approvato il rapporto sulla strategia antidroga 2005-2012, che esprime esplicitamente una critica radicale alle strategie di repressione e alle scelte proibizioniste e pone invece la centralità della riduzione del danno. In Italia, la capillare presenza di gruppi e di attività antiproibizionisti rende improbabile e grottesca la propaganda della nuova caccia alle streghe e le erode necessariamente consenso sociale.
Se la strada della Legge Fini è in salita, i suoi effetti già si stanno facendo sentire. Equiparazione droghe pesanti e leggere significa di fatto incentivare lo spaccio di droghe pesanti che, a parità di rischio, rendono comunque enormemente di più dal punto di vista economico. Negli ultimi anni, mentre il traffico di hashish in Italia è passato progressivamente nelle mani delle famiglie di coltivatori marocchini che danno il loro prodotto direttamente ai loro parenti emigrati qui (che si occupano poi di distribuirlo sul posto), quello di eroina e cocaina è rimasto saldamente controllato da mafia, camorra e 'ndragheta. La Legge Fini promette quindi di arricchire ulteriormente le mafie nostrane che già da mesi hanno inondato i mercati della penisola con la cosiddetta eroina da fumare, in attesa dello sbarco in grande del crack (per la cronaca, con 500 milligrammi di principio attivo di cocaina di dosi di crack se ne fanno da una cinquantina a un centinaio). È fin troppo lecito pensare che la guerra tra cosche che sta insanguinando Napoli, Bari e altre città del Sud sia il frutto di tentativi di stabilire nuovi equilibri di potere in attesa del fiume di soldi che la svolta proibizionista della Banda Berlusconi promette ai suoi elettori più fedeli e meno presentabili.
robertino