Umanità Nova, numero 40 del 12 dicembre 2004, Anno 84
"I grandi vini sono puri, razionali a armonici, quindi, per definizione, anarchici"
(Luigi Veronelli)
Oggi la gastronomia è una faccenda che riguarda tutti, non
(solo) i ricchi tra grandi chef e ristoranti di grido. Di questo
dobbiamo ringraziare Luigi Veronelli.
Erano gli ormai lontani anni '50. La cosiddetta "cultura di massa"
stava progressivamente distruggendo le tante particolarità
locali, le tante tecniche che la sapienza contadina aveva accumulato. I
mobili di legno venivano distrutti dal luccichio della formica, la
plastica invadeva l'ambiente umano e, nelle campagne, stava scomparendo
il vino… Sì, avete capito bene, il vino! Le uve venivano
ammassate nelle cantine sociali da dove uscivano prodotti
standardizzati, tutti uguali, di qualità infima.
Se oggi nel nostro paese il vino è uno dei prodotti di
eccellenza dell'agricoltura, se oggi possiamo gustare vini di
qualità, con un legame ritrovato con il territorio, la sua
storia e la sua cultura materiale lo dobbiamo ad un giovane editore
allora sconosciuto. La lotta di Luigi non riguardava solo la
qualità dei prodotti ma anche la salvaguardia dei produttori
locali. Si guadagnò persino una condanna a sei mesi per aver
incitato alla rivolta i vignaioli piemontesi!
Dopo questa prima vittoriosa battaglia sul vino, Luigi ne condusse
molte altre, tutte all'insegna della difesa dei contadini, dei
consumatori, della qualità del cibo. Questa sensibilità,
che oggi incontra molti compagni di strada tra i tanti
antiglobalizzatori del primo e del terzo mondo, fa di Luigi un
pioniere, il cui ruolo è stato riconosciuto dai tanti che si
battono per gli stessi obiettivi.
Negli ultimi anni si è impegnato affinché i
"giacimenti gastronomici", come li chiamava lui, avessero la
denominazione comunale. Il suo obiettivo era sconfiggere la
standardizzazione imposta dalle multinazionali del cibo, rendendo
pubblica l'origine di ogni frutto della terra. Ma non solo. Oltre alla
trasparenza della filiera di produzione, mirava alla determinazione del
prezzo alla sorgente, in modo che le ricariche dovute alla
distribuzione fossero chiare e i contadini venissero tutelati.
Era convinto che questa lotta poteva trovare un terreno di "coltura"
politica e materiale nei centri sociali e, nonostante la palese
ingenuità di certe sue scelte, si avvertiva chiara la tensione a
dar corpo ad un progetto che non avrebbe avuto fiato nei meandri della
politica istituzionale.
Il suo percorso di natura squisitamente libertaria si è
talora intersecato con quello degli anarchici. Ricordiamo la scelta di
pubblicare, nel 1956, un'antologia di scritti di Proudhon, "La
questione sociale". Tra l'altro vale la pena di rammentare che grazie
alla pubblicazione di scritti del divin marchese si guadagnò
l'onore di un rogo di libri, l'ultimo nella storia della moderna
inquisizione italiana.
Fa parte per molti anni nel Partito Socialista ma, dopo la svolta
craxiana, lo abbandona ed aderisce, sia pure in una maniera tutta sua,
all'anarchismo, anche se non sarà mai un militante
nell'accezione classica. Il suo modo di concepire l'anarchismo era un
mixer di convinta adesione, qualche pasticcio tutto suo come l'opinione
che ci si dovesse presentare alle elezioni e una buona dose di
sentimento.
In una delle sue annuali serissime compilazioni di natura enologica "I
vini di Veronelli" ci racconta dell'emozione provata nello scoprire a
S. Stefano la tomba di Gaetano Bresci, su cui si dilunga per diverse
intense pagine. Con il vino tutto questo centrava poco ma Luigi era uno
così: gli piaceva accostare le cose che amava.
Non ha mancato di collaborare alla nostra stampa, scrivendo su
Arivista anarchica, e redigendo per i tipi di Eleuthera "Vietato
vietare", un ricettario il cui scopo era infrangere i tabù
alimentari di tutte le religioni.
Convegni, feste, incontri anarchici hanno visto comparire bottiglie di
vino di gran qualità donate in sottoscrizione da Gino. In molti
ricordano le etichette del vino dell'Incontro internazionale anarchico
a Venezia nel 1984, ma la sua generosità "enoica" non si fermava
alle grandi occasioni: ne hanno beneficiato tante volte nelle loro
feste i compagni di Bergamo, la città in cui viveva.
Gli anarchici della FAI Reggiana scrivono: "Lo vogliamo ricordare
gioioso quando ha inaugurato – al taglio del nastro rosso e nero – il
Circolo Berneri ristrutturato in via Don Minzoni, nella primavera del
2003, assieme a tantissime compagne e compagni, fratelli e sorelle,
commosso al calore dell'evento. Lo vogliamo ricordare nel Circolo
Berneri, brindando assieme a noi a buon lambrusco, discutendo sui
nostri vitigni ribelli come i nostri pensieri e i nostri sogni." Uno
dei suoi ultimi impegni è stata la collaborazione al convegno
sulle cucine organizzato a Messenzatico dai compagni reggiani.
Aveva 78 anni. Al suo funerale c'erano anche le nostre bandiere a salutarlo.
F. R.