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Umanità Nova, numero 41 del 19 dicembre 2004, Anno 84

Tempo di guerra
Riforma del codice penale militare



Sul n. 38 di UN avevamo dato conto dell'approvazione al senato in data 18 novembre del disegno di legge n. 2493 che prevede la delega al governo per la riforma delle norme dei codici penali militari di pace e di guerra. Passato alla camera per la definitiva approvazione, il ddl ha preso il n. 5433. Analizziamo ora dal punto vista un poco più tecnico le norme che potrebbero presto diventare legge dello stato.

L'art. 4 (Principi e criteri direttivi relativi alle modificazioni del codice penale militare di guerra) al comma 1, lettera c), dispone: "prevedere, al di fuori del territorio nazionale, che la legge penale militare di guerra e le disposizioni di legge che presuppongono il tempo di guerra si applichino per i reati commessi nel corso di un conflitto armato, anche indipendentemente dalla dichiarazione dello stato di guerra; prevedere, nell'ipotesi in cui manchi la dichiarazione dello stato di guerra, che l'applicazione della legge penale militare di guerra e delle disposizioni che presuppongono il tempo di guerra sia disposta con atto avente forza di legge".

La lettera d), stesso comma, dispone: "confermare l'applicazione della sola legge penale militare di guerra, ancorché nello stato di pace, ai corpi di spedizione all'estero per operazioni militari armate al di fuori dei casi della lettera c), prevedendo la diminuzione delle pene edittali fino ad un quarto, ad esclusione di quelle relative alle violazioni del diritto umanitario".

Per comprendere appieno il portato di queste norme, bisogna ricordare che lo stato di guerra è deliberato dalle camere, che conferiscono al governo i poteri necessari (art. 78 Costituzione) e viene dichiarato dal Presidente della Repubblica, che è anche capo delle forze armate (art. 87, c. 9, Cost.).

Alcuni reati contenuti nel codice penale ordinario (Libro II, Titolo I, Capo I, titolato: Dei delitti contro la personalità internazionale dello Stato) prevedono a loro volta il tempo di guerra come condizione di punibilità di certi fatti che altrimenti non lo sarebbero. Pensiamo all'art. 245 c.p. Intelligenze con lo straniero per impegnare lo stato italiano alla neutralità o alla guerra; all'art. 247 c.p. Favoreggiamento bellico che punisce "chiunque, in tempo di guerra, tiene intelligenze con lo straniero per favorire le operazioni militari del nemico a danno dello Stato italiano, o per nuocere altrimenti alle operazioni militari dello Stato italiano, ovvero commette altri fatti diretti agli stessi scopi, è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni, e, se raggiunge l'intento, con l'ergastolo"; pensiamo all'art. 253 c.p. Distruzione o sabotaggio di opere militari, reato punito con l'ergastolo "se il fatto ha compromesso la preparazione o la efficienza bellica dello stato, ovvero le operazioni militari"; così l'art. 256 c.p. Procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato, reato per il quale si applica la pena dell'ergastolo "se il fatto ha compromesso la preparazione o la efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari"; ancora, l'art. 265 c.p. Disfattismo politico: "chiunque, in tempo di guerra, diffonde o comunica voci o notizie false, esagerate o tendenziose, che possano …menomare la resistenza della nazione di fronte al nemico, o svolge comunque un'attività tale da recare nocumento agli interessi nazionali, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni"; infine, il reato di cui all'art. 266 c.p. Istigazione dei militari a disobbedire alle leggi (pena da due a cinque anni se commesso pubblicamente) è aggravato se commesso in tempo di guerra. 

Il codice penale militare di guerra (cpmg) attuale, all'art. 3, prevede l'applicazione del codice stesso e delle altre leggi penali militari di guerra "dal momento della dichiarazione dello stato di guerra fino a quello della sua cessazione". Eccezione è costituita (art. 9 cpmg) per i corpi di spedizione all'estero per operazioni militari, cui, "ancorché in tempo di pace", è applicato automaticamente il cpmg; salvo espressa applicazione del codice penale militare di pace, come accaduto per la prima guerra contro l'Iraq nel 1990, in Somalia, in Kosovo.

Quindi attualmente, per aversi stato di guerra, sono necessari approvazione di camera e senato nonché deliberazione del capo dello stato; a tale dichiarazione consegue l'applicazione del cpmg e delle leggi penali militari di guerra, nonché la punibilità, sulla base del codice penale ordinario, di determinati comportamenti altrimenti leciti o puniti meno gravemente. Ai corpi di spedizione all'estero per operazioni militari si applica automaticamente il cpmg (salvo, come visto, diversa determinazione del parlamento).

Torniamo al nostro art. 4 della legge delega per la riforma della legislazione militare di pace e di guerra. La lettera d) del c. 1 non fa che riprendere il testo dell'attuale art. 9 cpmg prevedendo l'applicazione automatica del cpmg ai corpi di spedizione all'estero per operazioni militari: viene solo aggiunto l'aggettivo "armate", come se esistessero operazioni militari dis-armate…

Ma è sulla lettera c) del c.1 che dobbiamo appuntare la nostra attenzione, perché qui avviene la scissione tra stato di guerra e tempo di guerra: il primo non è più presupposto del secondo e quindi dell'applicabilità della legislazione di guerra. Per aversi tempo di guerra non è più necessario che sia dichiarato lo stato di guerra, cioè che il paese sia entrato in guerra contro qualche altro stato. Il tempo di guerra assume un profilo autonomo e diventa protagonista di vita propria: viene cioè data forma giuridica allo stato di fatto in cui viviamo, non più in pace, ma neppure, formalmente, in guerra. Siamo, appunto nel tempo di guerra, tempo interstiziale tra pace e guerra tradizionale, in cui ci stanno facendo precipitare, un tempo non tempo secondo i canoni tradizionali, ma tremendamente reale.

Dunque rileggiamo l'art. 4, c. 1, lett. c) del progetto di legge che ci interessa. La prima parte prevede che "al di fuori del territorio nazionale" si applichino automaticamente cpmg e leggi che presuppongono il tempo di guerra  "per i reati commessi nel corso di un conflitto armato, anche indipendentemente dalla dichiarazione dello stato di guerra"; la seconda parte dispone che per aversi applicazione del cpmg e delle leggi che presuppongono il tempo di guerra, anche senza dichiarazione di stato di guerra, sia sufficiente un atto avente forza di legge: quale un normale decreto legge approvato dal governo (che andrà convertito in legge dal parlamento entro 60 gg.a pena di decadenza). Se la prima parte prevede un'applicazione automatica della legislazione di cui trattiamo "al di fuori del territorio nazionale", evidentemente la seconda parte è dettata per il suolo patrio, al quale potrebbe essere applicato il cpmg e la legislazione che prevede le pene draconiane che abbiamo visto con un semplice decreto legge governativo.

Pensiamo ai giornalisti indipendenti a caccia di notizie non addomesticate e ai pacifisti e antimilitaristi presenti sul terreno di un conflitto armato all'estero cui partecipa il nostro paese; o alle proteste contro la guerra, alle reti di solidarietà, ai gruppi, che operano avendo "intelligenze con lo straniero" sul nostro territorio. Scattata, automaticamente all'estero, o per volontà governativa all'interno, l'applicabilità della legislazione penale di guerra, rischiano seriamente di vedersi accollati reati punibili con decine di anni di galera o addirittura con l'ergastolo.

Non è uno scherzo, è il tempo di guerra in cui già viviamo.

Simone Bisacca































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