Umanità Nova, numero 41 del 19 dicembre 2004, Anno 84
Alessio Lega, "Resistenza e amore", Block nota 2004. Per richieste: alessio.lega@fastwebnet.it; www.alessiolega.it
Chi scrive non ha trattenuto un gesto di esultanza quando la segreteria
telefonica gli ha comunicato che il primo album di Alessio Lega,
"Resistenza e Amore", aveva vinto la targa Tenco come miglior disco
d'esordio.
Ma, indipendentemente dai motivi "di bandiera" per cui uno può fare il tifo, la soddisfazione deriva da una cosa su cui tutte le recensioni finora uscite sono d'accordo: era ora che arrivasse questo strameritato riconoscimento. Ma per quel che mi riguarda la questione non era che l'Alessio calcasse il palcoscenico dell'Ariston, ma che uscisse finalmente il CD ufficiale: il successo non poteva esserne che la logica e necessaria conseguenza.
Perché Alessio Lega, cantautore giovane ma che già da dieci anni calca le scene di circoli anarchici, centri sociali, feste di ogni genere, non è solo un generoso artista militante che accorre con la sua chitarra ovunque si chieda di ascoltare la sua voce.
Alessio Lega è un Artista con la A maiuscola (oltre che cerchiata), e con quest'opera ha dato la definitiva prova di saper interpretare ai massimi livelli quell'arte della canzone, che un altro suo estimatore, Lorenzo Flabbi, ha paragonato a quella dell'"affresco: non è il disegno e non è il colore, non è il senso del frammento e non è la visione d'insieme, bensì tutti questi fattori contemporaneamente tesi a un risultato comune."
A partire dalla musica: per questa operazione Alessio ha scelto come sostegno un gruppo che poco o nulla sembrava avere a che vedere con la dimensione dello chansonnier, gli sperimentalisti Mariposa. Un'operazione coraggiosa che Giorgio Maimone ha paragonato alla collaborazione fra la PFM e De Andrè, che per primo osò "mettere la minigonna" alle sue canzoni. Beh, il paragone mira alto ma coglie nel segno, e il risultato è quantomeno piacevole.
Undici canzoni e quattro frammenti in un suggestivo viaggio che alterna ritmi, tempi e atmosfere in un insieme che riesce a non essere mai noioso o scontato senza per questo essere incoerente. Si è detto che ci sono i due filoni principali del lavoro di anni di scrittura: quello militante e quello sentimentale, presenti nello stesso titolo: "resistenza" e "amore". Ma forse è semplicistico delimitarli in maniera netta, perché nella personalità dell'artista questi aspetti sono inscindibili, dato che alla fine hanno lo stesso significato.
Ad esempio il problema dell'identità, dell'altrove dell'estraniamento, è questione esistenziale vissuta dall'individuo, ma è anche un dato epocale vissuto da gran parte dell'umanità nel nostro millennio: "e così vivo in 'sta città/ come straniero che non parla/ la lingua della società/ il tarlo della perla" magari meditando alla sera "su questa luna che m'insegna dove/per questa insegna che mi segna altrove".
Così abbiamo citato "Straniero" e "Altrove", capo e coda dell'opera, due dei pezzi di più grande respiro melodico e poetico.
Ma non sono da meno i brani in cui temi sentimentali ed esistenziali sono percorsi con partecipazione ma anche con ironia ("Parigi val bene una mossa", "Nemmeno per un attimo", "Un'oasi nel deserto", "Chi")
Quello che dà il titolo all'album, "Resistenza e amore" per l'appunto, unisce simbolicamente i due "filoni" di cui parlavamo prima: "Ah, fortunato/in tutta questa assenza/di quiete e di lavoro/trovar la vena d'oro/ d'amore e resistenza".
Troviamo poi l'"Ode al moto perpetuo", concepita alcuni anni fa come "inno anarcociclista", recitativo un po' solenne e un po' ironico con richiami futuristi, comunque inno di liberazione. Dall'oppressione sociale e dall'oppressione delle nostre invivibili e inquinate città. "Non avrete da perder le vostre catene/ma da stenderle fra due ruote in tensione/libertari, anarco-ciclisti conviene/arrivarci a pedali alla rivoluzione".
Ci sono "Vigliacca!" e "Rachel Corrie", canzoni toccanti, intrise di umanità e antimilitarismo.
Citiamo per concludere quella che è ormai un classico: "Dall'ultima galleria", partorita dopo gli orrori di Genova 2001, già pubblicata in singolo, ha una eccezionale potenza espressiva a cui nulla toglie il nuovo arrangiamento.
Beh, la raggiunta maturità compositiva dell'Alessio è testimoniata anche dall'alternanza delle soluzioni metriche e dei giochi di parole, dalle quartine di endecasillabi ai vari casi di allungamento o contrazione del verso, ai diversi incastri di assonanze e rime. Ma sempre con metri rigorosamente consapevoli e controllati, forti di riferimenti letterari da ogni angolo del mondo sui quali Lega ha una cultura sterminata, e della sua capacità ormai di padroneggiare al meglio i propri strumenti.
Parlando di consapevolezza, non è un caso che alla rassegna del Tenco fosse l'unico artista in gara a figurare anche fra i relatori delle conferenze pomeridiane.
È fin troppo facile snocciolare i paragoni fra Lega e i suoi solidi, ed amati riferimenti nel mondo degli "chansonnier": dalle muse transalpine Brassens, Brel, Ferrè, Renaud, ai vari De Andrè, Guccini, Tenco, alla musica popolare, ai Dischi del Sole.
Ma crediamo sia un errore riferirsi solo al passato parlando di questo cantautore a cui ci si dovrebbe riferire in primo luogo in prospettiva futura.
A chi altri, se non a persone come Alessio, dovrebbero affidati i prossimi destini della musica italiana? Successi come questo dimostrano che il genere del cantautore "engagé", pur con le trasformazioni che comportano gli anni, hanno ancora moltissimo da dire e siamo sicuri che ce ne faranno presto accorgere.
Non resta che augurarci che vengano raccolti nelle prossime pubblicazioni alcuni pezzi "sparsi" della passata produzione di Lega (come "La tomba di Bakunin", "Mare nero", "Ai funerali del pirata") che possono stare accanto alla cose migliori che hanno prodotto i cantautori dello stivale. E che a queste pubblicazioni ne seguano molte altre, con la diffusione e la risonanza che merita questo poeta.
Federico Ferretti