Umanità Nova, numero 1 del 16 gennaio 2005, Anno 85
E adesso che abbiamo visto atterrare Pierferdinando con il suo bravo aereo di materiale sanitario pediatrico, c'è da rallegrarsi per lo scampato arrivo di Silvio con una partita di maglie del Milan e di Luca con lo scatolone dei berrettini Ferrari. Altrimenti la "imponente macchina degli aiuti umanitari", la "generosa gara di solidarietà" messasi in moto per aiutare le disgraziate popolazioni colpite dallo tsunami avrebbe dato il definitivo colpo di grazia alle incolpevoli vittime del maremoto. Sì, lo so, su una tragedia simile non c'è da scherzare, ma poiché ne stiamo vedendo di tutti i colori, ogni ipotesi, anche la più terrificante, non appare poi così improbabile!
Come si sa, i cosiddetti aiuti umanitari "ufficiali" che partono dai paesi ricchi per le aree colpite da calamità o da disastri più o meno naturali, possono consistere sia in rifornimenti diretti di materiale di prima necessità, generalmente prodotti alimentari o sanitari, sia in manovre economiche atte a favorire la ripresa e lo sviluppo delle zone interessate. Naturalmente poi, come in ogni faccenda in cui ci sia un dare e un avere, "l'aiuto fraterno" che i ricchi elargiscono ai dannati della terra assume una valenza differente, se non addirittura di segno opposto, per chi tali "aiuti" li dà o li riceve. Se infatti le popolazioni colpite dal dramma non possono minimamente pronunciarsi su quanto si apprestano a ricevere, ben differente è la storia per i cosiddetti donatori, tant'è che le operazioni fatte passare per umanitarie sono spesso organizzate in un modo che neanche sciacalli e strozzini...
Tralasciando per carità di patria le diatribe su chi debba gestire i fondi destinati alla "ricostruzione" (e quindi anche la squallida sceneggiata di casa nostra fra protezione civile, croce rossa e ministero degli esteri), prendiamo piuttosto in considerazione la natura dei rifornimenti. Spesso inutilizzabili perché scaduti e avariati (è già successo) o ingestibili dalle popolazioni che si dovrebbero soccorrere, funzionano comunque da efficace sbiancante per il lavaggio delle coscienze istituzionali. Svuotando, infatti, magazzini inutilizzati o acquistando tonnellate di merce qualunque dalla multinazionale o dall'amico di turno (e mai cercando invece di comprare sul posto, come raccomandano le organizzazioni non governative), nello stesso momento in cui si fanno i propri sporchi affari si fa anche la bella figura di fronte a una opinione pubblica quanto mai ricettiva: come vedete ci stiamo dando daffare e l'intervento dello stato supererà in generosità quello spontaneo dei privati! È talmente di routine questa prassi, talmente scontata e automatica da non richiedere neppure l'intervento formale di governi e capi di Stato: e infatti Bush era in vacanza e c'è rimasto, Blair era in vacanza e c'è rimasto, Barroso era in vacanza e c'è rimasto, e anche Berlusconi sarebbe andato in vacanza per rimanerci se non fosse stato per il famoso treppiede.
Diventa poi interessante vedere chi manda e come vengono distribuiti gli aiuti. Generalmente, per scelta o non potendosi fare altrimenti, i paesi inviano personale civile e addestrato ad affrontare le emergenze, quali medici, infermieri, tecnici, ingegneri, pompieri e così via. Una volta tanto, anche se magari confusamente, gli stati sembrano usare la logica e il buon senso. Quasi tutti, però; ma non tutti. E infatti, il più grande e il più potente, gli Stati Uniti come è facile indovinare, non manda personale civile, no! lui non fa come gli altri, ma invia, per non perdere l'abitudine, i suoi marines, il suo esercito, i suoi elicotteri da combattimento e le sue portaerei. Ed ecco quindi l'invasione di migliaia di soldati nello Sri Lanka e lo sbarco (per restarci) nella più popolosa nazione mussulmana, l'Indonesia. Quale migliore occasione per una penetrazione "pacifica" anche in territori in cui ancora non si è messo piede, quale scusa migliore che solo i suoi elicotteri da combattimento possono arrivare a portare soccorsi dove nessun'altro potrebbe? E così, dopo aver lasciato cadere l'opzione iniziale di una ristretta coalizione umanitaria diretta dagli Usa, scelta che avrebbe potuto rivelarsi controproducente perché troppo presuntuosa, si cede la gestione degli aiuti all'Onu e ci si liberano le mani per agire in libertà senza far nascere un eccessivo e inopportuno interesse sulle operazioni in quelle zone. Al tempo stesso poi, dopo aver aumentato la consistenza degli stanziamenti in seguito alle numerose accuse di tirchieria (a proposito: che schifo questa classifica della pelosa generosità internazionale!), cercano di recuperare la vecchia e stereotipata immagine caritatevole o, come si dice oggi, compassionevole, per poterla spendere dopo la rovinosa caduta d'immagine seguita all'intervento in Iraq. Davvero, se non ci fosse stato lo tsumani, lo si sarebbe dovuto inventare, a dimostrazione, ancora una volta, che le disgrazie dei poveri diventano sempre un buon investimento per i ricchi!.
Se infatti si guarda all'altra componente degli aiuti umanitari, quella economica, che per forza di cose ha tempi più lunghi e meno emozionali, vediamo ancor più confermarsi questa interpretazione. Il cosiddetto congelamento del debito pubblico (che per inciso non significa cancellare i debiti, ma semplicemente incassare in tempi più lunghi i mostruosi interessi che si pretendono dai debitori) può trasformarsi in un pericoloso boomerang per chi ne beneficia, perché potrebbe dare l'impressione, agli onnipotenti e mai abbastanza maledetti mercati internazionali, che tali paesi non sono solventi e che quindi non offrono sufficienti garanzie di stabilità, con il conseguente dirottamento altrove degli investimenti. Questo spiega, ad esempio, l'atteggiamento dell'India, che cerca disperatamente di fare da sola, senza chiedere né aiuti né manovre economiche apparentemente favorevoli ma in effetti studiate per frenarne il travolgente sviluppo. Come al solito la carità pelosa del mondo ricco si dimostra puro strozzinaggio, e chi ne fa le spese è sempre il povero dei poveri, la popolazione che ha perso il pochissimo che aveva e che ora si trova, se va bene, a essere assistita poveramente dal suo povero governo costretto a rifiutare gli aiuti esterni, e, se va male, a essere assistita, altrettanto miseramente, dall'ipocrisia del mondo occidentale. Comunque vada, o fare la fame da sola o mettersi nelle mani dei pescecani del capitalismo occidentale che riusciranno a trarre profitti e capitali freschi per nuovi investimenti anche da questa disgrazia. Sorvolando poi sulle "imponenti" somme dichiarate dai governi a solo beneficio delle nostre scosse sensibilità, che oltre a comprendere truffaldinamente l'ammontare del presunto congelamento dei debiti, spesso non sono che vuote patacche che ancora non hanno, e difficilmente potranno avere, la copertura finanziaria. Una schifezza, insomma, laddove, sulla pelle di persone distrutte, si costruiscono nuovi interessi economici, strategici e militari.
Massimo Ortalli