Umanità Nova, numero 1 del 16 gennaio 2005, Anno 85
Porto Marghera è un enorme pentolone del quale è bene non sollevare il coperchio. Nel calderone ribollente delle molte omissioni, dei silenzi, delle colpevoli assenze, si condensa una brodaglia degna della migliore tradizione industriale italiana, e non soltanto italiana.
Ora, la sentenza di primo grado che aveva assolto tutti i 28 imputati era stata considerata, all'unanimità, anche da parte di coloro che avevano taciuto voltando la testa da un'altra parte, un'incomprensibile scandalo, di fronte alle inoppugnabili prove portate dal pubblico ministero Casson e dalle associazioni che da anni combattono la loro battaglia perché la storia del sito industriale di Marghera possa essere letta per ciò che è stata veramente.
Così, per non vanificare del tutto, e ancora una volta, il lavoro di quanti pensano che giustizia non è stata fatta, e a questo punto che non verrà mai fatta, la Corte d'Appello di Venezia ha escogitato una soluzione di compromesso. Risultato: 5 dei 25 imputati, tre sono passati a miglior vita nel frattempo, sono stati condannati a un anno e mezzo di reclusione (leggete bene: un anno e mezzo) per l'omicidio colposo dell'operaio Tullio Faggian, deceduto nel 1999 di angiosarcoma epatico. I giudici hanno invece stabilito il non luogo a procedere nei confronti di questi e degli altri imputati per intervenuta prescrizione quanto a morti, malattie e reati ambientali.
Ricapitolando e dando un nome alla dirigenza del Petrolchimico coinvolta in questo dramma delle coscienze, perché di questo si tratta alla fine: gli ex dirigenti Montedison condannati, Emilio Bartalini, Renato Calvi, Alberto Grandi, Piergiorgio Gatti e Giovanni D'Arminio Monforte sono assolti dall'accusa di omissioni dolose di cautele negli ambienti di lavoro fino al 1975, perché il fatto non costituisce reato, mentre si sono visti riconoscere la prescrizione, insieme ad altri imputati, per l'omessa collocazione di impianti di aspirazione dal 1974 al 1980. I cinque condannati dovranno pagare anche un risarcimento danni ai familiari della vittime e le spese processuali dei due giudizi. Il risarcimento alla famiglia Faggian consiste in 50.000 euro a ciascuno dei due figli e 8.000 euro a ciascuno dei fratelli e delle sorelle della vittima costituitisi nel procedimento. Dopodiché tutti a casa e arrivederci.
Nello specifico, va osservato che il professor Bartalini è stato responsabile del servizio sanitario centrale della Montedison dal 1965 al 1979, e dunque non si capisce come possa bastare la firma su un assegno di risarcimento per coprire delle responsabilità forse leggermente più ampie sulle quali non si indagato a sufficienza. In aggiunta, il dottor Alberto Grandi è stato amministratore delegato della Montedison ed ex vicepresidente di Montefibre, nonchè presidente dell'Eni all'inizio degli anni Ottanta; incarichi di grande prestigio che, a detta dello stesso Casson, comportano più di un semplice coinvolgimento nei confronti del solo Faggian.
Ma andiamo avanti. I cinque ex dirigenti sono stati condannati con la concessione delle attenuanti generiche prevalenti e per gli altri reati hanno ottenuto la prescrizione per 7 omicidi colposi (causati da angiosarcoma epatico) e 12 casi di lesioni personali colpose: le epatopatie (11 in tutto) e la malattia di Raynaud (1 solo caso). Sono invece stati assolti, perché il fatto non costituisce reato, dall'accusa di omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro fino a tutto il 1973, mentre hanno ottenuto la prescrizione per l'omessa collocazione di impianti di aspirazione dal 1974 al 1980. La prescrizione è stata applicata ad altri dieci imputati: Italo Trapasso, direttore dello stabilimento di Marghera dal '73 al '74, gli ex dirigenti Montedison Paolo Morrione (ex amministratore delegato Montedipe e Montepolimeri dall'82 all'86), Mario Lupo, Gianluigi Diaz e Giancarlo Reichenbach; Carlo Massimiliano Gritti Bottacco e Antonio Belloni, entrambi ex amministratori delegati di Montefibre.
Come avrete capito il cavillo legale consiste nell'aver considerato molti dei reati caduti in prescrizione, e del resto la legge lo consente. Infatti, per altri 16 imputati, tra cui l'ex presidente di Enichem Lorenzo Necci e gli ex amministratori delegati della stessa società Domenico Palmieri, Giovanni Parillo e Luigi Patron la corte d'appello ha dichiarato la prescrizione per le contravvenzioni legate agli scarichi del petrolchimico in laguna.
Il quadro che vi ho delineato si commenta da solo: con qualche ritocco alla sentenza di primo grado si cerca di rabberciare un provvedimento che ha fatto molto discutere, mantenendo sostanzialmente immutato il giudizio sul coinvolgimento di un'intera classe dirigente in una storia di omicidi, aria sporca ed inquinamento. Come ho già detto altre volte, non si può processare il sistema di produzione che sin dagli anni Cinquanta ha retto le sorti dello sviluppo economico italiano. Una sentenza di questo genere, se mai fosse pronunciata, innescherebbe un pericoloso effetto-domino che coinvolgerebbe molti altri siti industriali a rischio sparsi per la penisola. Non esiste, allo stato attuale, un'industria pulita o un modo di produzione ecologicamente compatibile; esistono soltanto un'industria e un modo di produzione. L'unico elemento di questa breve disamina da rendere compatibile con gli interessi generali del capitalismo nazionale è il profitto. Credete che non c'è davvero altro.
Mario Coglitore