Umanità Nova, numero 2 del 23 gennaio 2005, Anno 85
L'inaugurazione dell'anno giudiziario avvenuta con la cerimonia ufficiale a Roma il 12 gennaio ha consentito al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, nel suo discorso tradizionale, di fare il punto, come ogni anno, sullo stato della giustizia in Italia.
Interessante il fatto che tra le varie problematiche che l'amministrazione della giustizia si trova ad affrontare, secondo il PG della Cassazione, vi sia anche il tentativo di infiltrazione eversiva nel mondo del lavoro e "in ogni altro conflitto sociale su temi prioritari quali ambiente, immigrazione, opere pubbliche, caro-vita, casa". Il tema non è nuovo: da un po' i cosiddetti servizi segreti stanno suonando la gran cassa sull'equazione conflitto sociale=eversione.
In che modo avverrebbe l'infiltrazione? "Mediante una rinnovata e radicalizzata conflittualità nei luoghi di lavoro, che passa attraverso il superamento della tradizionale attività del sindacato, che si tenta di isolare e scavalcare e la contrapposizione, forte e pregiudiziale, ad ogni forma di mediazione".
Detto così farebbe quasi sorridere: ma dai, ogni volta che cerchi di scavalcare a sinistra il sindacato oppure blocchi con carrozzine e nonne una statale contro la discarica di turno o occupi gli uffici di qualche assessorato per protestare contro gli sfratti e il caro-affitti o partecipi con altre centinaia di persone a blocchi di supermercati ecc. ecc., sei considerato un eversore?!…
Invece non c'è mica tanto da ridere. Praticamente il giorno dopo questi discorsi sono partite decine di denunce a Roma per rapina e a Napoli per estorsione contro i partecipanti ad azioni collettive presso supermercati per protestare contro il caro-vita: in un caso si sarebbero sottratte e nell'altro ottenute, con la violenza, merci: dal che le diverse imputazioni di rapina ed estorsione.
Al di là dell'esito finale di questi procedimenti penali, va sottolineato che nella situazione (paradossale) che si va creando non vi è nulla di che sorprendersi. Il rapporto tra conflitto sociale e diritto penale è connaturato alla natura del conflitto sociale stesso e al fatto che, al di là dello schema formale della normativa, sono i rapporti di forza che governano le dinamiche sociali.
Le forme di lotta e di sensibilizzazione collettive è giocoforza che violino qualche norma penale ed è anche storicamente abbastanza netto il discrimine tra reati che violano la proprietà o norme formali e quelle a tutela dell'incolumità personale. Voglio dire che c'è una bella differenza tra ad es. rompere una catena ed occupare un edificio vuoto oppure assistere extracomunitari clandestini, da un lato, e uccidere o comunque ledere l'incolumità fisica delle persone, dall'altro. Così come le tipiche forme di lotta dell'occupazione di strade, stazioni, ecc. non possono essere confuse con le bombe sui treni.
Buttarla sul diritto penale è mossa che vuole isolare e soffocare forme di lotta che hanno coinvolto e potrebbero coinvolgere ampie fette di società, giacché i problemi quali caro-vita, disoccupazione, immigrazione, ambiente, ecc. sono ampiamente sentiti e vissuti sulla propria pelle da milioni di italiani.
Bisogna anche dire che dare dell'estorsore al disoccupato che se ne esce dal supermercato con la pasta, il pomodoro e l'olio regalati dal direttore purché se ne vada, non fa fare bella figura ad un sistema in cui il capo del governo fa approvare norme salva se stesso e salva amici da un parlamento che comanda a bacchetta, cosicché corruzioni anche di magistrati per vari miliardi restino impunite perché prescritte.
Insomma, i rapinatori di cd e libri romani e gli estorsori di pasta napoletani ci dicono che il re è nudo e le spara grosse. L'ipocrisia della repressione per chi lotta per diritti primari e dell'impunità per padroni e politici ladri è sotto gli occhi di tutti. Mette ancora più a fuoco la situazione in cui viviamo, ordina le schegge di quotidiano secondo il principio di realtà.
Simone Bisacca