Umanità Nova, numero 3 del 30 gennaio 2005, Anno 85
I recenti avvenimenti in Ucraina rivestono un'importanza molto
superiore a quella che gli è stata riservata dalla stampa
occidentale per lo più schiacciata su di un'interpretazione per
così dire "forattiniana" degli eventi descrivendo la Kiev del
2004 sulla falsariga delle varie Praga, Budapest o Bucarest del 1989
dove si sarebbero confrontati vecchi burocrati comunisti e un movimento
giovane ed esteticamente gradevole sceso in piazza per ottenere
democrazia e libero mercato. Naturalmente niente di tutto questo ha un
minimo di attinenza con la realtà dal momento che gli eredi del
vecchio PCUS ucraino sono i due partiti socialista e comunista la cui
consistenza parlamentare è notevole (insieme rappresentano
più del 40% del parlamento) ma che nel corso di queste elezioni
hanno subito una debacle impressionante che li ha visti uscire di scena
al primo turno non raccogliendo più del cinque per cento dei
voti per i loro candidati. Inoltre la loro indicazione di voto al
ballottaggio contestato è stata quella dell'astensione, infine
il loro voto a favore della mozione di sfiducia all'interno della Rada
contro il premier uscente e Presidente proclamato dopo il primo
ballottaggio Yanukovich alla seconda presentazione ha permesso al neo
presidente Yushenko di levarsi dai piedi ogni impiccio sulla strada
della gestione del potere nazionale. È ben vero che i due
partiti hanno ottenuto in cambio la diminuzione dei poteri quasi
assoluti che la costituzione ucraina assegnava al presidente e
l'aumento di quelli parlamentari e ministeriali, ma questo come si suol
dire rientra nel gioco ed anzi rappresenta una decisa evoluzione del
paese da un modello autocratico simile a quello costruito in Russia da
El'cin e rafforzato da Putin, verso un altro modello che contempla
l'esistenza di meccanismi di contrappeso tra i vari poteri.
Un paese costantemente in bilico tra USA e Russia
In realtà, quindi, i partiti che più avrebbero dovuto rappresentare la persistenza della vecchia autocrazia sovietica hanno finito per trovarsi nel campo occidentale all'interno della crisi che ha infine travolto il centro di potere costruito dall'ex presidente Kuchma che aveva basato il suo potere prima sull'affermazione nazionalista degli interessi dell'Ucraina nei confronti dell'ingombrante vicino russo e, in seguito, si era avvicinato a Mosca al punto di costituire con Russia, Bielorussia e Kazakistan una zona di libero scambio che avrebbe dovuto prefigurare una futura unione sul modello di quella europea tra gli stati più importanti dell'ex Unione Sovietica. I negoziati per la sua costituzione sembra fossero già in corso da tempo ma avrebbero subito un'accelerazione dopo la "rivoluzione delle rose", il golpe in Georgia che ha spazzato via Shevardnadze e lo ha sostituito con Saakashvili l'uomo di Washington nella regione. Oltre agli stati già citati avrebbero dovuto aderire alla costituenda Unione anche Armenia, Tagikistan e Kirghizistan. Quest'ultimo è uno degli stati che ultimamente si è riavvicinato a Mosca dopo una breve luna di miele con gli USA ai quali aveva concesso in piena campagna afgana (inverno del 2001) un'importantissima base aeronautica che permette agli incursori di Washington di tenere sotto scacco allo stesso tempo Mosca e Pechino minacciando queste capitali di un possibile attacco senza necessità di rifornimento. Nel corso del 2003 la leadership kirghisa si è riavvicinata a Mosca e ha concesso una base aeronautica anche all'Armata russa in modo da bilanciare l'influenza americana. In ultimo la decisione di iniziare le trattative per aderire alla costituenda Unione sotto l'egida di Mosca segnalava che la Russia stava riprendendo l'iniziativa in quello che al Cremino viene considerato l'"estero di casa", il proprio cortile nel quale evitare che sia Washington a dettare legge.
Allo stesso modo Kuchma, eletto da un blocco nazionalista in contrapposizione al candidato ex comunista nel 1994 aveva prima aderito al GUUAM (Georgia, Ucraina, Uzbekistan, Azerbaigian, Moldavia) costituito dagli USA allo scopo di formare un blocco di paesi ex sovietici più disponibili a staccarsi dall'influenza moscovita e ad orbitare in quella americana, poi nel giro di due anni aveva iniziato a ricucire i rapporti con Mosca a causa della forte dipendenza del paese dai rapporti economici con la Russia, soprattutto sul piano energetico, e della minaccia di secessione della Crimea e dell'area russofona nell'est del paese. Dal momento che gli USA e l'Europa procedevano con molta lentezza sulla strada di una possibile integrazione dell'Ucraina all'interno del blocco economico occidentale, la stessa leadership di Kuchma aveva ritenuto sensato tornare ad un accomodamento con la Russia pur mantenendo un buon rapporto con gli Stati Uniti culminato nell'invio di mille e cinquecento uomini dell'esercito ucraino in Iraq, soldati poi ritirati dalla Rada nello stesso momento in cui veniva votata la sfiducia a Yanucovich.
La politica internazionale e soprattutto la collocazione del paese
nel cuore della Russia meridionale, al centro dei giacimenti di carbone
più importanti dell'Europa e nel bel mezzo degli oleodotti e dei
gasdotti che dal Caucaso e dal Caspio portano petrolio e gas verso
l'Europa ha condizionato fortemente la vita indipendente di questo
paese sorto nel 1991 dall'inabissamento dell'URSS.
Scontro tra oligarchi in un paese tra i più poveri d'Europa
Ed è nella politica internazionale e nei legami esteri dei gruppi di potere attivi nel paese che vanno ricercate le radici dello scontro risoltosi il 26 dicembre con la vittoria di Yushchenko. Dal punto di vista strettamente politico i due candidati, infatti, non esprimevano nessuna opzione di destra o di sinistra, dal momento che ribadivano entrambi il rifiuto di mettere in questione le privatizzazioni dell'era Kuchma che, non diversamente che in Russia, hanno portato alla costituzione di una ristretta élite di oligarchi che controlla totalmente l'economia del paese, e che nessuno dei due ha avanzato uno straccio di proposta per alleviare la povertà profonda nella quale vive il 70% della popolazione, minatori, piccoli contadini, impiegati pubblici e disoccupati le cui condizioni di vita sono considerate molto inferiori a quelle dei loro corrispettivi russi e che portano l'Ucraina al fondo di tutte le classifiche sulla qualità della vita in Europa con la sola compagnia di Moldavia e Bielorussia. Inoltre tutti e due i candidati hanno avuto parte nella gestione dell'era Kuchma e hanno contribuito a quello che può essere considerato il regime più corrotto che la storia europea conosca insieme a quello russo di El'cin: il neo presidente è stato direttore generale della Banca d'Ucraina tra il 1993 e il 2000 prima di diventare Primo Ministro e cedere il posto al perdente che lo ha mantenuto fino all'esito del voto di dicembre alla Rada.
I riferimenti di politica estera, naturalmente, non riguardano le
preferenze personali di questi due illustri rappresentanti del regime
quanto una divisione prodottasi all'interno dell'élite di
oligarchi che hanno approfittato delle privatizzazioni degli anni
Novanta. Gli oligarchi del sud del paese dove si trova
l'importantissimo porto di Odessa che funziona tuttora da terminale
occidentale dell'intero commercio russo verso l'Europa meridionale e
quella centrale e quelli dell'est del paese russofono, farcito di
investimenti russi e collegato per l'estrazione del carbone alla rete
energetica russa ha scelto di mantenere un rapporto privilegiato con
Mosca in modo da rafforzare il volume dei propri affari. L'èlite
della parte occidentale, legata all'area tra Kiev e Leopoli ha invece
forzato il gioco nel senso di stabilire legami sempre più
stretti con l'Occidente e, in particolare con la Polonia, antica
padrona di questa area geografica e corrispettivo occidentale immediato
per l'intera Ucraina occidentale. La speranza, ovviamente, è
quella di entrare al più presto all'interno dell'Unione Europea
pagando anche il dazio dell'adesione alla NATO in modo da beneficiare
delle politiche di esternalizzazione delle imprese europee e di
regolarizzare il consistente flusso di lavoratori ucraini che fuggono
ad ovest cercando lavoro e reddito (più del 30% delle badanti
oggi attive in Italia è ucraina). In pratica lo scontro è
stato dettato da una frattura profonda nella classe dominante ucraina
tra i più favorevoli alla trasformazione del paese in un pezzo
dell'indotto italiano, tedesco e francese, e i partigiani
dell'integrazione all'interno del blocco a capitalismo nazionale russo
in via di costruzione. La vicinanza geografica e l'impatto delle
infrastrutture presenti sul territorio del paese hanno contato
moltissimo nello schieramento geografico delle regioni ucraine, anche
se il retaggio storico e quello linguistico tra aree russofone e aree
polonofone non deve essere preso sottogamba dal momento che la
divisione tra i due elettorati ricalca quella storica linguistica tra
le due aree di influenza. Infine va sottolineato come Yushchenko sia
riuscito a vincere con un programma di integrazione in Europa nel
momento in cui la Polonia è diventata membro effettivo e di
primo piano dell'Unione Europea e ha potuto influenzare pesantemente i
comportamenti di questa nel senso di un fattivo e concreto appoggio
alla causa del proprio protetto. In qualche modo Yushchenko ha quello
che è mancato a Kuchma nel 1994: l'appoggio credibile di un
vicino già integrato in occidente e smanioso di recitare la
parte del fratello maggiore in modo da mettere nell'angolo lo scomodo
orso russo.
L'indebolimento dell'orso russo
La Russia esce da questa vicenda pesantemente indebolita nel suo
tentativo di costruirsi come potenza regionale eurasiatica dotata di un
certo spessore e come già in Georgia alla fine del 2003 deve
prendere atto dell'arrivo al potere di una leadership che le è
frontalmente opposta. Cosa farà Putin e come intende utilizzare
il patrimonio di voti espressi da quella metà della popolazione
che si riconosce più in un progetto di integrazione pan russo
che non in quello di integrazione subordinata in occidente è il
primo problema che si pone a questo punto della situazione. Per ora
Yushchenko si sta movendo con i piedi di piombo e il suo primo viaggio
da presidente è stato quello fatto a Mosca per cercare un modus
vivendi con Putin, ma questo non vuole dire nulla: il vero banco di
prova si avrà tra agosto e settembre di questo anno quando si
vedrà se Yushchenko rispetterà gli accordi che dovrebbero
limitarne il potere in favore del Parlamento e se farà o meno
domanda formale di adesione all'Unione europea. La risposta a queste
due domande determinerà l'atteggiamento della Russia che, in
caso le risposte di Kiev siano troppo lontane dai desiderata di Mosca,
potrebbe anche arrivare a favorire e finanziare la secessione delle
zone russofone del paese.
Un "colpo di stato postmoderno"
L'ultimo aspetto da segnalare in tutta questa vicenda è il suo stesso andamento, tale da meritare agli avvenimenti la definizione di "colpo di stato postmoderno". A fronte di brogli probabili ma mai dimostrati da parte dei sostenitori di Yanukovich è stato scatenato un partecipato movimento di piazza che non ha incontrato resistenze significative da parte dell'apparato repressivo (anche perché Yushchenko, come abbiamo visto, è da più di dieci anni un uomo del regime) e ha soprattutto avuto un appoggio assolutamente incondizionato da parte dei media occidentali che non hanno mai messo in questione le sue buone ragioni.
Oggi gli stessi protagonisti di quei giorni raccontano come gli avvenimenti succedutisi a partire dalla fine del primo ballottaggio fossero stati preventivamente studiati a tavolino da un'équipe costituita da Us aid organizzazione governativa americana il cui fine è "la promozione della democrazia", l'Iri istituto internazionale del partito repubblicano, l'Ndi istituto del partito democratico, dalla fondazione del miliardario Soros, da quella del partito socialdemocratico tedesco e da quella della Democrazia Cristiana sempre tedesca nonché dalla fondazione Westminter promossa comunemente da conservatori e laburisti inglesi. Questo nutrito gruppo di finanziatori si è costituito alla fine degli anni Novanta per gestire la transizione nei paesi dell'est costituendo una task force di pronto intervento finalizzata all'abbattimento dei regimi le cui politiche si opponessero alla penetrazione dei capitali occidentali all'interno dei loro mercati nazionali. Per fare questo nel corso del primo esperimento in Serbia si sono serviti di un'organizzazione già esistente ossia Otpor, inizialmente opposizione studentesca democratica, la hanno finanziata e plasmata fino a farne il gruppo principale che ha guidato l'assalto vincente al regime di Milosevic. Negli anni seguenti gli esponenti di Otpor sono stati riciclati come organizzatori di questa forma moderna di golpe andato in scena prima in Georgia e oggi in Ucraina. Lo stesso colore arancione simbolo dell'alleanza di Yushchenko sembra sia stato scelto in una riunione tra esponenti della CIA e agenti di Otpor in trasferta in Ucraina. I finanziamenti sono piovuti copiosi visto che dagli USA sono arrivati nel solo 2004 58 milioni di dollari per "promozione della democrazia" e due istituti del Vermont hanno ricevuto 11 milioni a testa per promuovere la costituzione di media di opposizione in Ucraina.
Queste vicende non sono prive di utili lezioni per noi. In primo luogo cancella ogni legittimità al movimentismo democratico all'Est che si configura come un cavallo di Troia dell'apertura dei mercati autarchici di questi paesi ai capitali occidentali, in secondo luogo la collaborazione tra europei e americani in queste operazioni ci fa capire quanto l'opposizione tra americani e "vecchi europei" fosse fittizia e nascondesse la realtà di un imperialismo unitario a guida USA che può anche configgere in un momento successivo per la divisione delle spoglie ma che è assolutamente compatto e solidale nel perseguire la fine di ogni barriera alla propria espansione capitalistica. In particolare, poi, le fantasie su di un asse Francia-Germania-Russia escono ridicolizzate da una vicenda che ha visto tedeschi e francesi uniti agli USA nell'infliggere un colpo geopolitico durissimo alle ambizioni della Russia. Infine dovremmo iniziare a ragionare su come i poteri reali del mondo siano in grado di utilizzare l'arma della mobilitazione di piazza a proprio favore e come, in assenza di soggettività sociali autonome questi ultimi non siano altro che pedine utilizzate in giochi più grandi di loro.
Giacomo Catrame