testata di Umanità Nova

Umanità Nova, numero 4 del 6 febbraio 2005, Anno 85

La guerra alle parole
Terroristi, soldati, giudici e politici



L'assoluzione di un gruppo di militanti islamici da parte di un giudice milanese dall'accusa di associazione per finalità di terrorismo internazionale avvenuta lunedì 24 gennaio ha sollevato il solito coro dalla casa delle libertà contro i giudici (questa volta Berlusconi Previti e Dell'Utri non c'entrano), accusati di fare il gioco dei terroristi ecc. ecc. La vicenda ci interessa non certo perché siamo arruolabili in uno o nell'altro partito o ci interessi sostenere la bontà dell'operato dei giudici o perché simpatizziamo per qualche gruppo fondamentalista islamico. Piuttosto, vogliamo sottolineare come in questo caso l'uso distorto a fini di potere delle parole sia stato cortocircuitato da un soggetto tutto interno al sistema di potere stesso: e su questione di non poco conto. E come in tal modo l'uso smaccatamente mistificante del linguaggio che si va facendo sia apparso in tutta la sua chiarezza.

Gli imputati raccoglievano soldi e volontari per un gruppo islamico della galassia della guerriglia irachena. Il nocciolo della questione sta nella distinzione posta dal giudice tra guerriglia e terrorismo, sulla base delle definizioni che di terrorismo danno non solo i dizionari della lingua italiana ma anche alcune convenzioni internazionali. Dopo l'11 settembre 2001 anche l'Italia si è dotata di norme specifiche per la punizione del terrorismo internazionale e sulla base di queste norme era stata imbastita l'indagine che almeno in primo grado si è chiusa con una sentenza di assoluzione. La norma nazionale deve essere interpretata alla luce delle convenzioni internazionali che cercano di dare una definizione di terrorismo: grosso modo, sono terroristici quegli atti che colpiscono indiscriminatamente la popolazione civile e che sono volti a creare in essa il panico. Per la tipologia di azioni messe in atto (attacchi a soldati americani, polizia e esercito iracheni), i guerriglieri per cui gli accusati di Milano raccoglievano soldi e volontari non sono definibili terroristi.

In men che non si dica un altro giudice, questa volta di Brescia, ha rimesso in galera gli islamisti scarcerati dal giudice di Milano. Motivazione: nell'applicare le leggi bisogna seguire lo spirito di quella comunità che ha espresso la norma stessa; ergo se il popolo italiano ha una certa sensibilità su chi sia o meno terrorista, in tal modo bisogna giudicare; e poi comunque l'associazione di cui fan parte gli islamismi in questione è considerata terrorista dal governo degli Stati Uniti. Non credete alle vostre orecchie vero? Si materializza lo spettro del volkgeist, dello spirito del popolo come criterio di interpretazione del diritto: era il criterio base del diritto nazista, per intendersi; e qualcosa di molto simile aveva elaborato il diritto stalinista (checcredete!, anche i totalitarismi c'hanno il loro diritto…!). Se il popolo vuole forca, che forca sia. Chiaramente il popolo si esprime attraverso le elezioni e dato che ha votato questi rappresentanti qua che hanno approvato queste leggi qua… Non resta che adeguarsi alla volontà popolare, cheddiamine!

Se la memoria non mi inganna, la prima ondata di bombardamenti sull'Iraq, due anni fa, fu chiamata operazione "shock and awe": letteralmente stordisci e terrorizza. I bombardamenti dovevano essere di tale intensità da indurre nel nemico un terrore misto a reverenza (tale il significato di "awe" in inglese).

Interessante. Chi è il vero terrorista? Siamo davanti alla solita storia, il bue che da del cornuto all'asino. Il bello è che nel diritto internazionale può essere terrorista solo chi agisce nell'ambito di strutture "private" e non "pubbliche", cioè al servizio degli stati: un militare non sarà mai definito terrorista. Anche se il suo agire sarà quello di un terrorista. Anzi, per come si comportano non da oggi, gli Stati Uniti usano metodi terroristici. Ma valli ad accusare di terrorismo! La definizione è riservata al nemico di turno che così etichettato perde ogni umanità: infatti, per il suo modo di operare in spregio alle minime regole del vivere comune (il terrorista colpisce indiscriminatamente la popolazione civile) in lui è proprio venuta meno l'umanità e quindi va annientato perché si è posto al di fuori della comunità umana.

Ecco a voi l'eterna lotta tra il bene e il male, S. Giorgio e il drago, ecc. ecc. Ma è tutto solo un dare un nome per nascondere il reale, mistificare il linguaggio per mistificare ciò che accade. Così per i fondamentalisti islamici gli USA sono il grande satana e vai con angeli e demoni e fulmini e saette, spade, sangue e teste mozze. Ma chi sono i fondamentalisti? Non sono forse, prima di tutto, un'elite dei paesi arabi che combatte l'elite attualmente al potere negli stessi paesi ed usa e abusa, in questa lotta, della religione e del linguaggio ad essa legato?

In guerra la prima vittima è la verità, si dice. Giusto. Ma diciamo che anche il vocabolario vien fatto a pezzi, in guerra. E, forse, la guerra alle parole prepara quella fatta agli uomini. Chiamare le cose con il loro nome e impedire la mistificazione del reale: liberare le parole asservite dal potere è esercizio di libertà.

Simone Bisacca



































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