Umanità Nova, numero 4 del 6 febbraio 2005, Anno 85
Nel tardo pomeriggio del 19 gennaio scorso, ventinove immigrati sono fuggiti dal Centro di Permanenza Temporanea di Pian del Lago (CL) scavalcando la recinzione e dileguandosi nella campagna circostante. Le forze dell'ordine sono però riuscite a rintracciarli tutti quanti dopo una ricerca durata diverse ore e che si è protratta fino al giorno seguente.
Nell'edizione nissena de La Sicilia del 20 gennaio 2005, questo episodio è stato sfiorato in un articolo nel quale l'autore - tale Riccardo Riggi - si produce in un agghiacciante panegirico sul Centro di Permanenza Temporanea di Pian del Lago.
Affondando a piene mani nei dati forniti dalla locale questura, l'autore dell'articolo tesse l'elogio del campo di concentramento di Caltanissetta: la carcerazione di "4.875 stranieri ospitati nel quadriennio 2000-2004" diventa nelle parole del redattore un "processo di gestione".
Poi, tutto contento, riferisce della capacità del CPT di "scovare tra essi ben 1.742 extracomunitari da rimpatriare". E ancora, nel 2004, su 1.707 stranieri "ospitati" nel centro di permanenza "1.082 sono stati trattenuti, 625 i rimpatriati".
Alla fine, l'estasi: il CPT di Caltanissetta è quello "con il più alto numero d'espulsioni in Italia, ben 905".
Dopo le rassicuranti dichiarazioni rilasciate da Michele Emma - dirigente dell'Ufficio immigrazione - e con quella che appare come una vera e propri benedizione dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i i Rifugiati e del Comitato per la prevenzione delle torture del Consiglio d'Europa secondo cui "il Cpt è il miglior centro d'Italia", l'articolo si chiude con la notizia di agenzia che parla dell'ultima fuga.
Sarebbe lecito domandarsi se i redattori de La Sicilia si siano chiesti perché questi immigrati si ostinino a voler scappare a tutti i costi dal "miglior centro d'Italia".
Invece hanno preferito raccontare delle esistenze di donne e uomini riducendole a meri numeri di una casistica infame che conta i trattenuti e gli espulsi e si compiace di un efficientismo che fa correre i brividi lungo la schiena. È certamente un segno dei tempi: tempi di guerra, una guerra dichiarata non solo agli immigrati, ma al senso più profondo dell'umano.
La macchina repressiva punta tutto su una rispettabilità artefatta, e lo fa servendosi di un giornalismo acritico e compiacente. Nonostante tutto, la verità delle cose appare sempre nella sua dirompente e sarcastica attualità. Ancora una volta, le gambe e l'angoscia dei fuggitivi braccati dalla polizia, la voglia di scappare dall'abbrutimento, dall'annichilimento, dall'orrore di una carcerazione insensata, ingrata e infame costituiscono la risposta più sincera, più urgente e più drammatica alle ipocrisie di un'informazione meschina, sempre meno libera e sempre più ridotta ad essere il megafono del potere costituito.
Proprio in questi giorni di forzata commemorazione degli orrori del nazismo, i rappresentanti delle istituzioni italiane ed europee hanno fatto sfoggio di grande sensibilità antirazzista e antifascista. Un esercizio retorico funzionale all'annuale sdoganamento delle vecchie volpi di sempre: da Gianfranco Fini a Vittorio Emanuele, tutti molto attenti a condannare i crimini razziali di ieri e altrettanto solerti nel chiudere gli occhi di fronte ai crimini di oggi.
Tutto sommato è significativo che siano proprio questi loschi figuri a voler propinare lezioni di civiltà agli altri. Anche questo è funzionale all'attuale guerra permanente.
La mistificazione della realtà che subiamo quotidianamente è assai simile all'uso sapiente della propaganda di cui si serviva il regime nazista: anche oggi i campi di concentramento sono dei campi "di accoglienza" e i "clandestini" di oggi somigliano tanto agli "asozialen" di ieri.
Delle giornate della memoria calate dall'alto e banalizzate alla stessa stregua di qualsiasi festa comandata non sappiamo davvero che farcene.
A tenere viva la nostra memoria c'è la consapevolezza che, oggi come ieri, preferiamo stare dalla parte delle donne e degli uomini, qualunque sia il loro status giuridico, qualunque sia la loro provenienza.
TAZ laboratorio di comunicazione libertaria