Umanità Nova, numero 5 del 13 febbraio 2005, Anno 85
ROBERTO MANCINI I guardiani della voce. Lo statuto della parola e del silenzio nell'Occidente medievale e moderno. Carocci editore, Roma 2002, euro 15,50
Uscito per il Laboratorio di Storia dei Quaderni dell'editore Carocci,
coordinato tra gli altri dal grande Mario Sbriccoli, questo volume
è un piccolo gioiello sui generis di storia sociale.
Breve ma di grande complessità, entra nell'ordine dello stato di antico regime in rapporto alla parola celata e alla parola detta, nell'ambito della società e nell'ambito della politica. Da Dionisio ad Heidegger, il volume spazia nelle interpretazioni della cultura ondeggiando tra la cultura classica, tra la grecità e il contemporaneo, senza temere storiograficamente alcunché.
Ma è essenzialmente un saggio sulla società seicentesca, ove l'immagine del Principe si conserva "chiusa dentro un sagrario tutto intessuto di artificiosi ricami, posta sopra una base d'argento, circondata d'una sfera d'oro con diamanti all'intorno, o chiusa dentro una cascetta d'ebano, o d'avorio". Principe "che non s'espone mai agli occhi del pubblico, che poche volte l'anno e nelle maggiori solennità". Con un saldo controllo delle vocalità consentite e delle parole accettabili, lontano da "turpi clamori", parte della "silenziosa solitudine" del monarca "elemento saliente attorno al quale si costruisce l'immagine simbolica del potere". Prima di avere la voce autorevole – scrive Mancini – il Principe cessa di avere la propria, e ne ottiene una nuova di cui non è interamente padrone, perché gli è stata data per l'esercizio del potere.
"Silenzi e serenitas, e distacchi, barriere: paradigmi di una diversità, giochi di rappresentazione che si sovrappongono in una pluralità indefinita di significati". Un Ordine che mette disciplina anche nella disperazione - con alcune pagine splendide di Mancini - che elogia il silenzio e il pensiero di fondo della Regola benedettina innanzi all'immondo strepito del mondo. La parola è strumento del governare, e deve essere governata. La voce del popolo è caos, "un parlare scomposto, senza indirizzo e senza una grammatica che indichi priorità, opportunità, situazioni". Non è parlare politico, è "fosco baluginio". Scriveva nella metà del Duecento il minore francescano Gilberto di Tournai: "Gli angeli sono nel silenzio, poiché non hanno altro da desiderare in modo da provare affanno nel cuore. (…) Tacciono perché obbediscono a Dio (…) non come Lucifero che in quello stesso luogo ruppe il silenzio dicendo: "Salirò sulla sommità del cielo, porrò il mio trono al di sopra delle stelle!".
Al di sopra delle stelle. E a me viene in mente il Michel Maffesoli de La parte del diavolo che aveva come sottotitolo Précis, de subversion postmoderne (Roma 2003), elogio del rivoltarsi, nel silenzio o nel tuono.
Gianni Buganza