Umanità Nova, numero 7 del 27 febbraio 2005, Anno 85
La chiusura degli stranieri in campi di concentramento, per periodi sempre molto lunghi e a volte addirittura lunghissimi, si è ormai generalizzata nella Fortezza Europa e ai suoi confini tanto che questa emarginazione che colpisce i nuovi paria della società - tali oggi sono divenuti i migranti e coloro che chiedono asilo politico - ha ormai preso un posto decisivo nelle politiche dell'immigrazione dell'Unione europea. Accanto ai campi l'UE sviluppa altri strumenti che ne costituiscono un necessario corollario: la "responsabilizzazione" dei paesi d'origine o di transito e la razionalizzazione dei metodi di espulsione.
Il regime in vigore in questi campi non è omogeneo: esso differisce a seconda se si tratta delle "zones d'attente" francesi o i CPT italiani, dei "detention centers" inglesi o dei "Centros Internamento Extranjeros" spagnoli, vere e proprie prigioni per stranieri, degli Ausreizencentrum tedeschi, dove gli indesiderabili vengono "incitati" a partire volontariamente, dei "centri chiusi" che il Belgio prevede di moltiplicare per concentrarvi coloro che chiedono asilo in attesa di allontanarli come viene fatto nei francesi "centres et locaux de rétention". Ma la tipologia si arricchisce se si prendono in considerazione alcuni paesi che hanno aderito recentemente o che si trovano ai confini dell'UE (da Malta all'Ungheria, dall'Ucraina ai paesi nord africani) visto che l'ultima trovata europea è quella di far costruire campi nei paesi confinanti in modo da "filtrare" all'origine gli indesiderati.
Eppure questi campi hanno una caratteristica comune: la mancanza di legittimità di fronte ai principi "liberali" e "democratici". Lo dimostrano le continue sentenze con le quali la stessa Corte Costituzionale, che non può essere certamente accusata di estremismo internazionalista, ha fortemente colpito la fetida legge denominata "Bossi-Fini". In questi campi infatti vengono concentrate persone che non hanno compiuto alcun delitto e la cui unica "colpa" è quella di essere degli "stranieri" che cercano di sfuggire alla guerra o alla miseria ma, soprattutto, in questi campi vengono calpestati i diritti fondamentali dell'uomo: il diritto dei rifugiati ad avere asilo, il diritto alla vita privata e familiare, il diritto a non subire trattamenti inumani o comunque degradanti, il diritto dei bambini a vivere non segregati. Questo vale, naturalmente, per i campi chiusi ma vale anche per quelli più o meno mascherati da "centri di accoglienza temporanea". Per far passare questa vergogna i "democratici e liberali" Stati europei hanno sposato la propaganda razzista e xenofoba che fino ad una ventina di anni addietro era il cavallo di battaglia della destra più estrema, propaganda basata sull'associazione "migrante = delinquente" e, dopo l'11 settembre, "migrante = terrorista", che oggi è ormai un convinzione diffusa in ampi strati della popolazione europea. Si è così sviluppato un clima generale di diffidenza nei confronti degli "stranieri", specie quelli di origine musulmana o slava, che favorisce la loro criminalizzazione e quindi l'accettazione di politiche poliziesche che trovano il loro culmine nella costruzione dei campi.
Ma i luoghi comuni che gli apparati statali europei hanno propagandato non si fermano qui. Basti pensare alla questione della presunta "pressione" dei migranti ai confini dell'UE, pressione che se non fermata avrebbe comportato una vera e propria invasione capace di minacciare la stessa esistenza delle nostre "comunità". Una sciocchezza anch'essa oggi largamente accettata!
Da vittima di guerre e miseria, com'era considerato fino agli anni '80, colui che chiede asilo si è oggi trasformato in un terribile aggressore della nostra pace e del nostro – del tutto presunto – quieto vivere. La "nostra" sicurezza si garantisce solo con l'esclusione degli stranieri: in Europa la xenofobia è divenuta, di fatto, legge dello Stato.
Per la verità vengono fatte delle eccezioni. Se lo straniero è un lavoratore di settori rifiutati dagli "indigeni europei", se si fa sfruttare e non fa troppe storie sul posto di lavoro, anche lo straniero può essere "accettato". O meglio, può essere tollerato. Ma la condizione di questa tolleranza è che risponda alle esigenze del mercato del lavoro, cioè agli interessi del padronato. Insomma chi ha un lavoro o riesce a procurarselo viene tollerato mentre gli altri vengono equiparati a terroristi, trafficanti e delinquenti. Per loro ci vogliono i campi di concentramento e le espulsioni di massa.
La gestione da parte dell'UE delle sue frontiere esterne è finalizzata a costruire filtri rigidissimi concepiti con il fine di favorire la volontà lucrativa delle classi dominanti. I discorsi sulle lotta ai trafficanti di essere umani e sul dovere di proteggere le vittime della tratta degli umani rimangono ipocriti ragionamenti senza effetto: spesso coloro che li fanno sono all'origine dei mali che denunciano.
Noi difendiamo a spada tratta la libertà di circolazione e il diritto di asilo, e pertanto il diritto alla regolarizzazione di tutti i migranti. Siamo infatti convinti che solo una società capace di ripartire equamente le ricchezze del pianeta, di cui la libertà di circolazione è uno dei mezzi, sarà in grado di frenare lo spostamento delle persone. Non è chiudendosi in una Fortezza che il nord ricco riuscirà ad evitare i problemi creati da un sistema che sfrutta l'uomo e l'ambiente.
A. Quaglierini