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Umanità Nova, numero 7 del 27 febbraio 2005, Anno 85

La "riforma" del reato di diffamazione
Attacco alla libertà di stampa



In questi giorni è in discussione alla commissione giustizia del senato il disegno di legge di riforma dei reati di diffamazione e di diffamazione a mezzo stampa, nel testo approvato ad ottobre alla camera.

L'impianto normativo uscito dalla camera presenta notevoli miglioramenti rispetto alla situazione attuale: per esempio scompare la detenzione tra le pene per il giornalista condannato per diffamazione e viene fissato un tetto massimo del risarcimento a 30.000 euro.

La cosa interessante è che durante la discussione al senato si è levata più di una voce a richiedere un inasprimento, invece, della normativa di riforma. Lo strumentario va dal ritorno della detenzione, all'interdizione dalla professione per il reo se recidivo (cosa che comporterebbe il licenziamento), al raddoppio e oltre delle pene pecuniarie, al consentire il sequestro del patrimonio del giornalista. E via così.

Ora, un giro di vite sulla stampa era già contenuto nel disegno di riforma del codice penale militare di guerra, di cui abbiamo già parlato su questo giornale: al momento la riforma in questione è stata silurata da un voto parlamentare in commissione ed è bloccata, ma ciò non toglie che i suoi profili liberticidi restino intatti, prevedendo pene detentive altissime per chi diffonda notizie sulla situazione delle forze armate e sui teatri di guerra dove opererebbero truppe italiane. Per la stampa non allineata sarebbe rischiosissimo non solo, come è già, raccogliere sul terreno notizie; ma ci si esporrebbe pure al rischio di arresto da parte della polizia militare e processi con anni di galera da scontare.

Se a questa futura normativa sull'informazione di guerra si affiancasse una più generale normativa sull'informazione fortemente deterrente e punitiva nei confronti dei giornalisti, il cerchio si chiuderebbe.

Da un lato abbiamo la legge Gasparri sull'informazione che consacra il monopolio berlusconiano sulle televisioni e mette a forte rischio la possibilità per la carta stampata, sul lungo periodo, di attingere alle risorse pubblicitarie, avendo di fatto abrogato tetti di raccolta per le televisioni.

Abbiamo poi la riforma del codice penale di guerra, di cui abbiamo detto.

Infine, abbiamo l'appesantimento, anche solo potenziale, della situazione di tutti i giornalisti e la costruzione di un sistema sanzionatorio fortemente deterrente (rischio di sequestro del patrimonio, rischio di pesanti pene detentive e pecuniarie, rischio di interdizione dalla professione).

Evidentemente un altro dei pilastri delle moderne democrazie liberali, cioè la libera informazione, è oggi, nel nostro paese, in grave sofferenza. Il sistema si sta connotando sempre più in senso autoritario e tollera sempre meno, tra le altre, la libertà di stampa. L'obiettivo non è tanto la stampa di opposizione, ma la stampa tout court: questo dà la misura del disegno in atto, della gravità della situazione e dell'urgenza di mobilitare tutte le energie di coloro cui sta davvero a cuore la libertà.

Simone Bisacca






































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