Umanità Nova, numero 8 del 6 marzo 2005, Anno 85
L'8 marzo è arrivato di nuovo: a noi il compito di interrogarci su che senso abbia ancora questa giornata.
Certo abbiamo chiaro il momento che stiamo vivendo: un clima di guerra continuo contro l'umanità e in particolare contro le donne. E in guerra arriva a tutte le voci difformi l'ordine perentorio di tacere, di sparire.
Ma poiché il pensiero femminile è sempre stato per la società "osceno", nel suo termine letterale di o – sceno, fuori della scena, a me piace ancora chiedermi come siamo cambiate e come possiamo ancora cambiare.
Non mi chiedo che cosa sia stato il femminismo, non so dirlo, altre possono farlo meglio di me, e mi piacerebbe lo facessero, anche sulle pagine di questo giornale.
Ma mi piace chiedermi come sono cambiata con il femminismo, come questo ha cambiato il mondo.
E la mia risposta è che mi ha dato le parole per capirmi e capire; mi ha dato il coraggio delle mie idee, quando questo mi mancava.
L'esperienza delle donne ha portato negli anni conquiste di libertà, modi nuovi di pensare e fare politica, conflitto sociale, crescita culturale, soprattutto crescita del desiderio di stare meglio ed ha insegnato due nuovi modi di agire: partire da sé stesse ed accettare le differenze come valore.
Ma su questo agire delle donne si è innescata negli ultimi anni una profonda amnesia, che ha tentato di dimenticare e tacitare la saggezza, l'esperienza ed il pensiero che le donne avevano prodotto.
L'intervento statale nella vita di tutte è diventato ancora più intrusivo, arrivando a tentare di normare anche la più profonda delle relazioni, quella tra madre e figlio, in nome dei diritti del bambino.
Il pensiero femminile è stato semplificato e banalizzato da chi non lo conosceva, e se lo conosceva non lo capiva. Il pensiero femminile ha un linguaggio che necessita di un orecchio attento per essere capito: non si fonda su slogan o frasi fatte, per questo ha bisogno di un attento ascolto prima di se stesse e poi delle/degli altri.
Perciò è necessario, in questo momento più che mai, che le donne non spariscano, che non si adattino ai rapporti di forza, che non accettino compromessi, che non si accontentino della acquisita uguaglianza, ma si battano per la affermazione della differenza.
Tutte ci siamo sentite qualche volta, o spesso, trattate in maniera differente perché donne. Questo può aver dato fastidio, più raramente può anche aver fatto piacere, a seconda dei contesti. Da questo sentirsi considerate "diverse" nasce il desiderio di uguaglianza… Ma se ci pensiamo un po' ci accorgiamo che questa differenza, quasi sempre considerata dal mondo un disvalore, è invece la nostra forza e di su di essa vogliamo costruire. Il senso del nostro essere donne, ma anche uomini, libere, nasce dall'ascoltare e riconoscere la differenza, senza cercare a tutti i costi la complementarietà. L'uguaglianza è l'affermazione del diritto. Ma la nostra forza sta proprio nell'andare al di là del diritto, della legge, mettendola fuori gioco per l'affermazione di un mondo diverso non basato su leggi o su rapporti di forza, ma su rapporti di persone che come tali si riconoscono.
Insomma è necessario tornare ad agire, fuori dagli schemi che cercano di imporci, con le pratiche che abbiamo inventato.
Ricominciare a vivere la vita come soggetti e non oggetti; e questo vale sia per le donne sia per gli uomini. Ma nello stesso tempo superare il binomio oggetto/soggetto per la costruzione di rapporti diversi.
Attraverso la relazione tra persone il femminismo ha portato cambiamenti: ha dato la forza ad alcune di parlare, ad altre di accettarsi per quelle che sono, ad altre di scoprire la propria forza.
Ma il pensiero delle donne è rimasto troppo limitato ad un fortunato numero di donne, e di uomini che con donne libere sono venuti a contatto, ma non è riuscito a permeare di sé la società.
Il nostro impegno per il futuro non può che essere questo: rendere il mondo molto, molto più femminile.
R.P.