testata di Umanità Nova

Umanità Nova, numero 9 del 13 marzo 2005, Anno 85

Also Sprach Paolo Bonolis



La corrida d'Italia, il tributo al santo più spacca-timpani del calendario è finalmente terminata. Il festival di San Remo, come un'onda biblica si abbatte ogni anno sulle nostre coste, sulle menti già duramente provate dell'italiche genti, un'onda di lustrini e ballerine e fiumi di denaro e gente che aspetta per una foto con Gigi D'Alessio o un autografo di Toto Cutugno. Precari del successo, co.co.famosi, esteti del nulla in rivolta, e il santo lì a consolare con una particina, una comparsata, una parola buona col ministro. E con una novità. Quest'anno il baraccone condotto dall'arcitaliano Paolo Bonolis, la copia della copia della copia di (un orribilmente medio) Alberto Sordi, è in quota AN e la fascistissima sarabanda si apre con un siparietto che in quanto a cattivo gusto dà filo da torcere a Elvis che sale sul palco sulle note di Also Sprach Zarathustra. Trattasi della versione rock di quella marcetta che chiamano Inno di Mameli. Eh già. Le intenzioni del conducator Bonolis erano di imitare la celebre performance di Jimi Hendrix che però a Woodstock violentò l'inno degli Stati Uniti, così come l'esercito americano violentava in quegli stessi giorni le popolazioni del Vietnam. Al contrario, l'effetto della purga Storaciana annacqua il tutto in un brodo di patriottismo da fiera di paese, e trasforma un'idea di contestazione in una grossolana e sgraziata operazione di marketing. E, come se non bastasse l'elmo di Scipio ai tempi del Metallo Urlante, con un gigantesco tricolore garrente sul video, alle spalle del chitarrista gonfio di amor patrio, i famigerati califfi Rai, in un cortocircuito che non stupisce, non pensano di meglio che farlo precedere proprio dalla versione rumorosa di Star Spangled Banner. Tanto per non sbagliarsi, ad assicurare e sottolineare la fedeltà agli Stati Uniti, caso mai Geoge Walker Texas Ranger Bush e i suoi Cavalieri dell'Apocalisse non se ne fossero accorti. La morte del Nostro Uomo a Baghdad ha certo rovinato la festa agli States, "Perché è un bravo ragazzo.." non lo si è potuto cantare e Paolo Bonolis ha persino dovuto spendere qualche parola contro tutte le guerre, ma ciò non ha impedito di investire di retorica patriottarda lo spazio di cronaca riservato alla liberazione della giornalista rapita e all'uccisione dell'uomo dei sevizi segreti, e di infarcire ulteriormente l'ultima serata di dirette aeroportuali, lacrime e feretri, saluti alle bandiere e inni. L'estetica da ventennio che già non ci aveva stupiti ai tempi del G8 di Genova torna e ritorna con la tracotanza di un manipolo di arditi e la virulenza di un refrain di DJ Francesco. Eravamo in pochi a chiamarla patria…paraponzi-ponzi-pò!

mabuse







































una storiasommarioarchiviocontatticomunicaticollegamenti