Umanità Nova, numero 9 del 13 marzo 2005, Anno 85
In Gran Bretagna è in corso uno scontro tra i tre poteri dello stato liberale: esecutivo, legislativo, giudiziario. Il governo Blair si è visto bocciare dall'Alta corte la normativa che dal 2001 ha consentito l'incarcerazione senza processo e a tempo indeterminato dei cittadini stranieri sospettati di terrorismo. Il governo non ha scarcerato i sospetti detenuti ormai da tre-quattro anni, ma ha presentato al Parlamento una nuova normativa che prevede al posto del carcere gli arresti domiciliari: ancora una volta, senza processo e senza limite temporale. Alla camera dei Comuni in prima lettura una trentina di deputati laburisti ha votato contro, pretendendo almeno un controllo giudiziario del provvedimento con cui verrebbero applicati gli arresti domiciliari che, allo stato, dovrebbero essere disposti dal ministro dell'interno. Alla camera dei Lord il governo è andato proprio sotto, stante l'idiosincrasia dei pari inglesi per la lesione dei diritti individuali, considerati l'essenza inviolabile del liberalismo. Da sottolineare che il governo Blair aveva giustificato e giustifica ancora le sue misure liberticide con l'eccezionalità dei tempi che necessiterebbero deroghe ai principi universalmente riconosciuti nella Convenzione di Ginevra.
La vicenda ricalca parzialmente ciò che sta avvenendo negli
Stati Uniti, dove alcuni giudici hanno dichiarato illegittimo
l'internamento a Guantanamo su ricorso di associazioni per la difesa
dei diritti umani.
Va posta particolare attenzione a questa vicenda perché è
uno dei tanti episodi dello scontro tra poteri in atto all'interno dei
sistemi liberali, i quali, come è noto, si reggono sul
bilanciamento e sull'equilibrio tra i tre poteri che li compongono.
Storicamente, i sistemi liberali sono andati in crisi quando il
legislativo e il giudiziario hanno perso il controllo dell'esecutivo,
quando cioè nelle mani del governo (e in particolare del capo
del governo) si è concentrato un potere privo di controlli. Il
gioco infatti si regge sui controlli reciproci e
sull'effettività degli stessi. La tensione tra i poteri dello
stato liberale è specchio degli scontri nella società sia
a livello sociale che a livello politico ed ideale. Sulle istituzioni
si scaricano, cioè, le tensioni, i conflitti, che attraversano
la società. Si noti poi che mentre il potere esecutivo
interviene direttamente sulla società, il legislativo lo fa solo
indirettamente attraverso il complesso sistema di approvazione delle
leggi ed il giudiziario è strutturato in modo da consentire
più gradi di giudizio e quindi anch'esso incide mediatamente.
Quando Berlusconi dice che se fosse per lui le leggi verrebbero
approvate molto più velocemente, manifesta tutta la carica
eversiva (del presente ordinamento) di quella parte di società
di cui è espressione il suo governo e la sua maggioranza. Ogni
rivendicazione dell'esecutivo di maggior potere, ogni fastidio per il
parlamentarismo e per i controlli del giudiziario è sintomo di
involuzione autoritaria.
La situazione in cui tutto si gioca è l'emergenza. E
naturalmente su chi e a che condizioni e per quanto tempo prende
decisioni in modo eccezionale per affrontare una situazione eccezionale
(l'emergenza, appunto) che si gioca la partita.
Notiamo quindi che un'emergenza permanente è un ossimoro: ma è su questo ossimoro e sulla sua ri-soluzione che dovremo per forza riflettere e lavorare. Infatti, stante l'emergenza (emigrazione, terrorismo), l'esecutivo invoca più poteri e in deroga: la restrizione della libertà personale per gli stranieri è decisa da un organo esecutivo (governo, ministro, prefetto) e sulla base non di condotte penalmente rilevanti, ma sulla base di sospetti (così come la detenzione presso i CTP degli immigrati irregolari qui da noi si basa sulla loro inconfessabile, perché razzista, presunzione di pericolosità).
Per di più, l'incarcerazione o gli arresti domiciliari possono essere applicati senza limiti di tempo. Non solo quindi manca ogni certezza sugli elementi che portano al restringimento della libertà personale (sospetti, presunzioni), ma neppure appare determinato il periodo di carcerazione.
Pare chiaro che siamo già fuori dal sistema liberale con misure come queste.
L'esperimento in corso è applicare questi meccanismi a
categorie di soggetti determinate (stranieri sospetti di terrorismo,
stranieri in quanto tali, in quanto implicitamente sospetti) invocando
un pericolo collettivo (il terrorismo). Lo schema è noto e
perverso: abituare il linguaggio e la pratica quotidiana alla lesione,
al restringimento di diritti individuali, ora, per alcuni, domani, per
tutti: non solo perché rientranti in qualche categoria
pericolosa, ma perché essere controllati sarà normale e
giusto, sarà per il nostro bene. Indotto a credere che la sua
vita e la sua integrità fisica sono minacciate, il singolo
abdica volentieri diritti di libertà. Così per le
collettività.
Come detto, abbiamo a che fare con un ossimoro, dalla cui risoluzione
dipende il nostro futuro di libertà. Forse la ri-soluzione sta
nella ri-voluzione? Sarà un discorso interessante da affrontare.
Simone Bisacca