testata di Umanità Nova

Umanità Nova, numero 9 del 13 marzo 2005, Anno 85

Pollino: una centrale nel cuore del Parco
Una ferita mortale



Quando si parla del meridione, del suo stato di miseria, dei servizi sociali carenti o inesistenti, della sua disoccupazione cronica, ecc., ecco che subito economisti, politici, tecnici ambientali e urbani della società della gerarchia e del capitale sembra che si mettano le mani in tasca per togliere l'ultima ricetta coniata, che, a detta loro, dovrebbe risolvere l'endemica questione meridionale. 

Una ricetta che affidandomi al ricordo più o meno suona così: "il meridione per superare il suo disagio sociale e avviarsi seriamente verso lo sviluppo non ha bisogno di cattedrali nel deserto, come in molti pensavano negli anni del boom economico, non ha bisogno di ciminiere industriali… il meridione possiede ciò che gli occorre per lanciarsi economicamente. Possiede le sue bellezze naturali e paesaggistiche, splendide coste, sublimi catene di montagne, la storia, la cultura e le tradizioni dei suoi piccoli centri interni, le sue deliziose produzioni tipiche enogastronomiche… l'unione europea, il governo nazionale, le regioni sono pronte a finanziare le iniziative d'impresa per un simile sviluppo e quindi se le comunità del meridione sapranno farsi avanti potranno rendersi artefici del proprio destino…".

Ma ecco che poi sono sempre questi stessi economisti, sempre questi stessi politici, sempre questi stessi tecnici ambientali e urbani che nel meridione, come del resto dappertutto, col beneplacito dei sindaci permettono lo scarico di materiale radioattivo, di rifiuti di ogni qualsivoglia natura, che propongono la costruzione di nuove discariche, inceneritori, le colate di cemento, la distruzione dei centri storici, l'uso dei pesticidi e degli ogm in agricoltura, ecc. .

Peccato, direbbe qualcuno di quelli che pensa di poter riformare l'attuale sistema sociale… se questi stessi economisti, se questi stessi politici, se questi stessi tecnici ambientali e urbani fossero un po' più logici non avremmo di queste contraddizioni e la società potrebbe essere riformata in meglio. Ed ecco che allora si muovono nella logica illusoria di una lotta tutta e solo protesa a riformare in meglio l'esistente, si accontentano di essere riusciti a impedire l'installazione dell'inceneritore nella loro zona, intanto quegli stessi personaggi contro i quali la lotta era diretta ripropongono l'installazione dell'inceneritore in altra zona e allora via si riparte con la lotta e l'illusione continua.

Certamente la lotta è in sé positiva perché mostra i denti al padrone ed impedisce allo stesso di poter serenamente imporsi e imporre le sue scellerate scelte sociali, ma il padrone resta pur sempre padrone… il padrone se è tale non può pensare all'ambiente, alla salute, e neppure è mosso da una distorta logica che gli fa partorire contraddizioni che da un lato vanno verso la salvaguardia della natura, dell'ambiente, della salute dei cittadini e dall'altra le calpestano e le distruggono.

Il padrone, in quanto tale,  nelle sue evidenti contraddizioni non è mosso da una logica distorta che gliele fa partorire. 

Per il padrone le contraddizioni non contano, perché in quanto tale, le sue azioni non tendono certamente a preservare l'ambiente, a difendere la natura, la salute dei cittadini, ma a preservare e difendere la gerarchia di cui è emblema, a preservare e difendere il profitto, il lucro.

Non bisogna meravigliarsi, dunque, se questi signori accanto alle loro ricette che sembrano tutte protese verso uno sviluppo in sintonia con l'ambiente e la natura ci piazzano poi gli inceneritori, le megacentrali elettriche a biomasse, le centrali nucleari. In quanto padroni, la contraddizione non la vedono. In quanto padroni vedono l'essenza dell'operazione, vedono insomma il lucro e il profitto che possono ricavare da entrambe le operazioni, perché il denaro pubblico che va a finanziare il "loro" sviluppo in sintonia con l'ambiente e la natura e il denaro pubblico che va a finanziare la costruzione di inceneritori, megacentrali elettriche a biomasse, centrali nucleari  non lo beccano certamente, come loro sostengono, le comunità per diventare artefici del proprio destino, ma loro stessi.

Ed è proprio un'operazione di questa natura quella che il governo italiano vuole mettere in atto nel meridione d'Italia tra le regioni della Basilicata e della Calabria.

Per anni le popolazioni interessate si sono battute per il Parco Nazionale del Pollino, e finalmente il Parco è stato poi istituito. I politici prendendosi i meriti hanno fatto a gara nel propagandare il fatto e nel promettere finanziamenti a pioggia per uno sviluppo turistico in sintonia con la natura che avrebbe garantito benessere alle comunità cadenti nel comprensorio del parco. Molti finanziamenti saranno sicuramente arrivati, saranno sicuramente stati spesi e divisi ma non certamente fra le comunità del parco… è facile invece immaginare da chi, certamente da quegli stessi personaggi che li hanno fatti arrivare.

Infatti, ancora doveva essere istituito il parco e già partiva la guerra fra le varie bande istituzionali d'affari con fasi di commissariamento governativo e fasi post-commissariali, con atti, delibere e progetti, di cui alcuni già in opera che stanno assestando dei colpi durissimi all'ambiente naturale del parco e ad uno sviluppo sostenibile per il territorio. 

Come ad esempio la delibera per l'"l'abbattimento selettivo" dei cinghiali che riapre la caccia all'interno del parco, l'ipotesi di riperimetrazione del parco per un ridimensionamento totale dell'area protetta nell'ordine dei circa 9 mila ettari ed i progetti di realizzazione di parcheggi e viabilità in alta quota con colate di asfalto e cemento.

E come se tutto ciò non bastasse arriva oggi per il Parco del Pollino, stimato come uno dei più grandi parchi d'Europa, la decisione di riattivare, fra alcuni mesi, la centrale elettrica del Mercure convertita a biomasse vegetali, centrale sita proprio nel cuore di questa immensa oasi naturale, sul confine del territorio calabrese, precisamente nel comune di Laino Borgo, e naturalmente il tutto col beneplacito evidente o ipocritamente celato degli amministratori regionali, provinciali e comunali. 

Il tipo di centrale previsto è di una potenza di 35/40 MW e per la sua alimentazione richiederà certamente l'importazione di combustibile, in quanto le 320.000 tonnellate/annue occorrenti non saranno certamente reperibili nell'area in questione, pena l'abbattimento della vita vegetale dell'intero parco, quindi dovranno per forza giungere da altre aree geografiche con un dispendio di combustibili fossili per il trasporto che di conseguenza mineranno la vita del parco stesso e delle comunità circostanti, dal momento in cui risulta che, stando a dati relativi a progetti analoghi, dovrebbero in media giungere 80 TIR al giorno per 250 giorni lavorativi annui, attraversando poi, per ironia, quell'A3 rimasta giorni e giorni chiusa per una nevicata. 

Inoltre l'obbligo di un impiego, nel ciclo di combustione, di sole biomasse di origine vegetale (rifiuti della lavorazione del legno non trattati e scarti vegetali da attività agricole, forestali, e agroalimentari), tanto sbandierato dai sostenitori della centrale come operazione energetica pulita, come garantisce le popolazioni e l'ambiente dal momento in cui l'autorizzazione rilasciata dal Settore Attività Economiche e Produttive della Provincia di Cosenza, non implica per la società che andrebbe a gestire il tutto alcun vincolo definitivo per l'utilizzo di altre tipologie di rifiuti, purché comprese in quelle indicate in altre disposizioni di legge in materia?

Inoltre i vantaggi economici ed occupazionali della riattivazione della centrale come dovrebbero ricadere sulla zona (cosa tanto sbandierata dai politicanti di mestiere)? Dal momento in cui la centrale sarebbe gestita nei termini in cui si è detto solo una cosa è certa: i vantaggi andrebbero tutti ad ingrassare gli interessi di settori produttivi lobbistici e indotti, mentre per la popolazione e per il parco ci sarebbero solo malattie e morte.

Ma per fortuna, a parte le chiacchiere dei politici, cresce il dissenso popolare verso la riattivazione della centrale sia in Basilicata che in Calabria. Comitati ed associazioni prendono ogni giorno di più posizione contraria. Scanzano, Acerra e Benevento stimolano a non abbandonare la lotta.

Una lotta che dal rifiuto di queste fabbriche di morte, si auspica che possa portarci ad una lotta ancora più complessiva e più generalizzata contro l'attuale sistema sociale basato sulla gerarchia e sullo sfruttamento. Una lotta protesa non solo ad impedire le costruzioni di questi mostri ma atta anche a saper elaborare una progettualità sociale autonoma dal potere e contro il potere.

Una progettualità che parta dal basso, autogestionaria, che sappia mettere in discussione, per restare in tema, non la gestione dei rifiuti ma l'eliminazione dei rifiuti dannosi alla salute dell'uomo e della natura. Una progettualità che con la democrazia diretta, con l'azione diretta, con le decisioni e le azioni da non delegare più ai politicanti ed ai padroni di turno, sappia farci assaporare già nell'oggi la società dei liberi e degli uguali per la quale insieme si lotta.

LiDo







































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