testata di Umanità Nova

Umanità Nova, numero 9 del 13 marzo 2005, Anno 85

Ricordando… Cosimo Valente



Ricordando… Cosimo Valente

Cosimo Valente ci ha lasciati il 25 febbraio. Negli ultimi mesi le malattie avevano fiaccato il suo fisico ma non il suo spirito: ancora negli ultimi giorni inveiva contro i tagli nella sanità che colpivano pensionati e lavoratori e si preoccupava del deficit di Umanità Nova.
Lo abbiamo salutato in tanti in un gelido sabato. Le nostre bandiere e i nostri pugni chiusi lo hanno accompagnato sino al cimitero, dove è stato cremato. Lì i suoi nipoti lo hanno ricordato con parole che danno la misura di un'esistenza che ha lasciato il segno tra quelli a lui vicini: "Ciao, nonno Cosimo. Da oggi non potremo più ascoltare i tuoi racconti, ma le tue parole rimangono un suono vivo dentro di noi. Come un tesoro prezioso conserveremo per sempre il ricordo della tua vita intensa, traendone esempio e custodendo e coltivando i valori che ci hai trasmesso. Hai sempre combattuto e pagato di persona per essere un uomo libero. Da quando bambino, non hai potuto finire le scuole perché la tua famiglia non si era piegata alla dittatura fascista.

Da giovane hai coltivato il tuo ideale libertario e, durante la guerra, hai combattuto per questo ideale da partigiano. (…) Per essere un uomo libero, ancora negli ultimi giorni della tua vita, reclamavi perché ti venissero tolte le sbarre dal letto. Hai lottato tutta la vita contro le ingiustizie, mantenendo sempre una grande umanità e senza scivolare in facili schematismi. (…) Questi sono il coraggio e l'umanità che di te vogliamo ricordare sempre, e che da te vogliamo imparare. Grazie per l'esempio che sei stato." La cerimonia si è conclusa con il ricordo di una compagna della Federazione Anarchica di Torino e con le note di "Figli dell'officina" e di "Addio Lugano bella".

Cosimo, Simì come lo chiamavamo noi, lascia un grande vuoto. Era un compagno che non amava apparire, un po' timido, ma la sua presenza si avvertiva sempre al momento del bisogno. Che si trattasse di rimettere in sesto il pavimento della sede, di argomentare sui vari problemi, di trovare parole di mediazione quando la mediazione pareva impossibile, lui c'era.

Nato a Canosa nell'aprile del 1919 conosce presto le difficoltà e gli stenti della vita e comincia a maturare una forte coscienza sociale in un ambiente, come quello canosino, dove l'anarchismo si radica profondamente: a 17 anni lo troviamo a Milano da dove cercherà senza successo di raggiungere la Spagna rivoluzionaria. Ma l'appuntamento mancato in Spagna lo trova presente in Grecia. Arruolato e mandato sul fronte ellenico, ben prima dell'8 settembre 1943 intrattiene rapporti clandestini con la Resistenza greca, nella quale entrerà subito dopo l'armistizio. Cosmà, come lo chiamano i partigiani greci, vorrebbe imbracciare il fucile, ma i suoi compagni sono senza scarpe e la sua capacità di artigiano calzolaio è preziosa. Sono mesi intensi i cui ricordi per molti anni hanno animato le nostre serate in sede. La fame, la fatica, il senso di fratellanza con altri poveracci come lui ne sono il motivo dominante, ma, sottile come una filigrana, sempre in quei racconti emergeva la profonda umanità di Cosimo, un suo senso della giustizia che, anche in quei momenti difficili non veniva meno. Esemplare la vicenda in cui si oppose alla fucilazione di un partigiano reo di aver sottratto dell'olio: in quei momenti un po' d'olio rappresentava la differenza tra vivere e morire, tuttavia Cosimo non arrivò mai a ritenere che una vita umana potesse essere barattata con un po' di cibo, foss'anche per la sopravvivenza. 

Tornato a Canosa dopo un viaggio avventuroso si sottrarrà ad una nuova chiamata alle armi. Quando i carabinieri si affacciarono alla sua bottega di calzolaio si spacciò per il fratello. Questa scelta gli costerà una condanna per diserzione, mai scontata perché nel frattempo venne emanata l'amnistia. Anni dopo con orgoglio ci ha mostrato la sentenza.

Nel dopoguerra la sua coscienza libertaria lo porta ad aderire in modo netto al movimento anarchico: entra nel gruppo Germinal di Canosa. Aveva quasi cinquant'anni quando, come molti proletari meridionali, emigra a Torino per cercare condizioni di vita migliori. A Torino farà il bidello al Politecnico sino alla pensione. La sua partecipazione alla vita del movimento lo vede sempre presente accanto alle nuove generazioni di anarchici che in quegli anni davano nuova e forte linfa all'anarchismo sociale. A Torino si verifica una frattura generazionale tra i vecchi compagni, incapaci di capire le istanze dei giovani "sessantottini" che si affacciavano, magari anche in maniera confusa, al movimento. Mentre tanti suoi coetanei restano raccolti in un gruppo omogeneo per età lui sceglie di aderire prima al gruppo "Azione Anarchica" e poi al "Bakunin" formati da (allora) giovani compagni. È tra gli organizzatori delle iniziative anarchiche cittadine ed è anche attivo all'interno dei nascenti Comitati di quartiere, che all'epoca erano espressione di un'autentica volontà di partecipazione autogestita dal basso.

Aveva quasi sessant'anni, erano i cosiddetti "anni di piombo", quando la polizia fece l'ultima perquisizione a casa sua. È stato, all'inizio degli anni '80, tra i fondatori del Circolo Berneri, cui è appartenuto sino alla morte.

Finché la salute glielo ha permesso (e anche oltre) è stato in piazza con noi. Come dimenticare il giorno in cui, ormai ultrasettantenne, ci era accanto in piazza S. Carlo quando i bonzi del sindacato vennero fischiati e riempiti di insulti, bulloni, ortaggi? Si fece largo tra i marcantoni del servizio d'ordine della CGIL, e, nonostante la corporatura esile, raggiunse il palco e lanciò il suo ombrello. Noi eravamo già preoccupati quando ritornò sorridente. 

Nel luglio del 2001 lo vedemmo scendere dal pullman proveniente da Torino per la manifestazione contro il G8 a Genova. Sotto il braccio teneva il suo sacco a pelo, perché aveva deciso che voleva esserci anche il giorno successivo. Aveva appena compiuto 82 anni e aveva alcuni by-pass al cuore, ma il suo spirito era più forte dell'età, più forte degli acciacchi. Lo vogliamo ricordare così, il nostro compagno. 

Ci mancherai.

Ciao, Simì!

I compagni e le compagne del Circolo Berneri e della Federazione Anarchica di Torino







































una storiasommarioarchiviocontatticomunicaticollegamenti