Umanità Nova, numero 10 del 20 marzo 2005, Anno 85
La guerra con i binocoli è facile.
(Proverbio arabo)
A fronte di un possibile sganciamento militare del governo italiano dall'Iraq entro la fine dell'anno, il ministro della Difesa Martino incontrando il collega russo Ivanov il 4 marzo ha annunciato che "il nostro impegno in Afganistan e nei Balcani aumenterà" e che "la guida italiana del Provincial Reconstruction Team a Herat comporta un impegno aggiuntivo di 200 uomini interforze e l'assunzione della leadership della missione Isaf a Kabul comporta una presenza italiana superiore agli attuali 500 uomini".
Da tempo personale italiano - militare, tecnico ed umanitario - sta predisponendo la creazione di un P.R.T. nella zona di Herat; tale struttura, come altre analoghe, è costituita da un gruppo di circa 120 uomini, alle dipendenze della Nato, che dovrebbe "proiettarsi" fuori dall'area di Kabul per progetti di ricostruzione civile e di controllo del territorio.
L'impegno italiano nell'ambito dell'Isaf (International security assistance force) è comunque già rilevante ed articolato su più livelli. Oltre al presidio di strutture a Kabul, fin dall'inizio le forze italiane (Italfor) - e in particolare i carabinieri - provvedono all'addestramento dei nuovi organici delle forze repressive; proprio ai primi di febbraio si è conclusa la prima fase di un corso per circa 200 poliziotti afgani, dopo che questi avevano affiancato le attività di pattuglie condotte ogni giorno dai militari italiani.
Così, sull'esempio del "pacifista" Zapatero che ha ritirato le truppe spagnole dall'Iraq per poi rafforzare il contingente in Afganistan, il governo italiano potrebbe presumibilmente scegliere questa strada per continuare ad assolvere alle funzioni assegnate dagli Usa nell'ambito della "guerra contro il terrorismo", evitando i problemi politici connessi al prolungarsi dell'intervento in Iraq. Infatti, sulla partecipazione italiana alla missione a guida Nato in Afganistan, il centro-sinistra non ha mai avuto niente da obiettare e la stessa attenzione critica dell'opposizione pacifista è sempre stata ridottissima, come se l'occupazione dell'Afganistan non fosse parte integrante della strategia che ha determinato anche la guerra in Iraq.
Eppure, nonostante la pressoché totale dissimulazione attuata dai media, lo scenario afgano non ha mai cessato di essere a tutti gli effetti uno scenario di guerra. Una guerra che ha partorito un governo asservito e una "pace" fondata sulla corruzione e sul potere conflittuale dei capi clan con le loro milizie, mentre la produzione di oppio e le attività connesse nel 2004 hanno raggiunto un livello record, a detta degli stessi organismi dell'Onu.
Qualche ulteriore elemento, indicativo della situazione, ce lo forniscono le poche notizie che riescono a trapelare.
Le carceri traboccano e persino le autorità statunitensi hanno dovuto ammettere torture, abusi e uccisioni avvenute in prigioni "in appalto" gestite da agenti privati Usa, ma anche nelle strutture detentive presso le basi militari statunitensi come quella di Bagram. A metà dello scorso dicembre, una rivolta è scoppiata nel più grande carcere afgano, quello di Pol-i-Kharki, nei pressi di Kabul, sedata con l'intervento dei carri armati, di soldati dell'Isaf e di reparti speciali governativi, con un bilancio di almeno nove morti. In questo carcere - come riferito da Emergency - si trovano oltre 300 prigionieri "politici" senza alcuna tutela giuridica, in condizioni miserabili e sovente oggetto di sparizioni senza ritorno.
La guerriglia continua peraltro a mantenere il controllo su vaste aree del paese e in nessuna zona le forze occupanti e governative possono ritenersi sicure: in dicembre nella provincia sud-orientale di Khost sono stati uccisi quattro agenti della polizia nazionale, alla fine di febbraio nove militari dell'esercito governativo sono stati ammazzati ai confini del Pakistan, mentre in gennaio le perdite militari Usa durante Enduring Freedom hanno toccato la cifra ufficiale di 156.
In pericolo sono anche i "civili" stranieri che collaborano col governo Karzai: tra le ultime vittime un ingegnere turco sequestrato e assassinato in dicembre nella provincia di Kunar e un consigliere britannico, consigliere presso il Ministero per lo sviluppo rurale, ucciso a Kabul il 7 marzo.
Questo è l'Afganistan libero dal terrorismo, dove 18.000 militari Usa recitano, senza convinzione né onori, la parte dei vincitori e dove si attendono altre comparse italiane.
U. F.