testata di Umanità Nova

Umanità Nova, numero 10 del 20 marzo 2005, Anno 85

Animalismo di destra
Cento per cento nazisti



È sicuramente assai complesso da affrontare il rapporto tra nazismo e animalismo, ma poiché da tempo la galassia animalista è attraversata da presenze d'estrema destra, forse vale la pena spendere due righe a riguardo.

A Padova e dintorni, ad esempio, dove si ricordano ancora i manifesti del Movimento sociale Fiamma Tricolore contro i "bastardi" che abbandonavano i cani, da tempo fanno massicciamente la loro comparsa manifesti a firma "100% Animalisti"; manifesti che contengono messaggi violenti e di cattivo gusto, ma anche volgarmente maschilisti come uno recentissimo contro le donne in pelliccia (finemente suddivise in "gnocche" e "babbione").

Da un articolo comparso mesi addietro sul giornalaccio di Feltri Libero, si è appreso che il fondatore di "100% Animalisti", gruppo che si definisce ambiguamente non-politico, è tale Paolo Mocavero (meglio conosciuto come Dj Moka) che alle elezioni amministrative del '99 era stato a Padova il candidato-sindaco di Forza Nuova.

Ma questo non è l'unico esempio della "sensibilità" animalista nella destra radicale; articoli contro la vivisezione si sono apparsi in questi anni su varie testate, da Azione Giovani ai comunitaristi passando da Nuova Acropoli, e recentemente un raggruppamento come la Comunità politica di Avanguardia ha solidarizzato con l'animalista militante Marina Berati di "Agireora" affermando: "…la Berati rimane capofila di quel circuito animalista-ambientalista che ha sempre chiuso la porta del confronto e della collaborazione agli antagonisti provenienti dal nostro ambiente, in nome di un antifascismo idiota, sterile e parolaio. Nonostante ciò, ci sentiamo vicini a chiunque si trovi in queste condizioni create ad hoc per tarpare le ali della libertà. Ribadendo la nostra solidarietà militante a tutte le persone colpite da avvisi di garanzia per reati di opinione o per aver agito in favore della libertà e del rispetto degli animali (anti-vivisezione, contro le pellicce, ecc.)".

Spiegare in termini soltanto di "infiltrazione" (anche se qualche pensierino a riguardo qualcuno l'avrà sicuramente fatto) tale interessamento appare riduttivo; in realtà ci sono ragioni di ordine ideologico non trascurabili.

Il rapporto "ecologia e tradizione" rientra infatti perfettamente nel paradigma nazista del "Sangue e Suolo", ed in esso va inscritta la visione "conservatrice" della natura e delle sue leggi che stabiliscono la sopravvivenza e il prevalere delle razze e degli individui più forti, ispiratrice di una concezione "eco-biologica" della caccia (e della guerra).

Concezione che lega rigidamente il destino dell'individuo e della comunità alle solite "eterne" categorie: il popolo, la nazione, il territorio con le sue caratteristiche morfologiche, ambientali, climatiche, incluse flora e fauna.

Da qui la contraddizione, solo apparente, del fatto che gran parte dei gerarchi nazisti pur essendo vegetariani - secondo le prescrizioni del gruppo criptonazista Thule - ritenessero sacra l'attività venatoria.

Il carattere elitario ed iniziatico di tale vegetarianesimo è peraltro confermato dal fatto che la Vegetarier-Bund (Società Vegetariana Tedesca), fondata nel 1892, venne soppressa dal regime nazista e molti vegetariani vennero deportati nei lager; quello stesso regime che promulgò severissime leggi per la protezione degli animali e la salvaguardia dei loro diritti, mentre allestiva e faceva funzionare i campi di sterminio per i "subumani". 

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