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Umanità Nova, numero 11 del 27 marzo 2005, Anno 85

Lampedusa
L'isola dei deportati



Lampedusa, isola siciliana in mezzo al mediterraneo, è stata ancora una volta il teatro indecente di un'infamia che non accenna a finire. Centinaia di immigrati giunti massicciamente sull'isola a metà marzo sono stati deportati verso le destinazioni più disparate. 

Il 19 marzo dieci attivisti della Rete Antirazzista Siciliana si sono recati sull'isola per vigilare e intervenire direttamente su quanto stava accadendo.

Nel primo pomeriggio di sabato 19 una delegazione della RAS ha fatto richiesta di ingresso al Centro di Permanenza Temporanea, ma è stata respinta. Alcuni hanno poi tentato lo scavalcamento della recinzione di un cantiere adiacente la pista dell'aeroporto di Lampedusa che si trova proprio accanto al Centro di Permanenza Temporanea ma sono stati bloccati dalle forze dell'ordine e ci sono stati momenti di tensione. Un compagno palestinese ha comunicato in arabo a una novantina di immigrati che venivano condotti verso l'aereo della Air Adriatic la possibilità di chiedere asilo politico, e per questo è stato letteralmente aggredito dalle guardie.

Tre immigrati hanno cercato di scappare ma sono stati immediatamente ripresi mentre all'interno del CPT si è contestualmente scatenata una protesta: stracci, tovaglie sventolate e richieste di aiuto.

Successivamente è accaduto qualcosa di agghiacciante: alcuni lampedusani, presenti all'aeroporto per assistere compiaciuti alle deportazioni in atto hanno aggredito e minacciato i militanti della Rete Antirazzista Siciliana. Nel frattempo un immigrato veniva fatto scendere dall'aereo a suon di botte e ricondotto al CPT a bordo di un cellulare. All'interno del Centro sono poi entrate due camionette dei carabinieri mentre l'aereo decollava.

In tarda serata è stato impedito l'ingresso al CPT a due senatrici (Acciarini e De Zulueta) giunte sull'isola. È stata loro negata anche la richiesta minimale di conferire con la direzione del centro all'interno del CPT e non davanti ai cancelli, dove i compagni e le compagne della RAS mantenevano un presidio. 

L'indomani mattina la delegazione è riuscita a entrare. Nel frattempo gli immigrati hanno iniziato uno sciopero della fame. Alle 10,30 centoventi immigrati, ammanettati e caricati sui cellulari di polizia e carabinieri, sono stati condotti al porto per essere trasferiti via mare a Porto Empedocle.

Inquietante la mancanza di notizie dell'immigrato pestato il giorno prima dalle forze dell'ordine per aver tentato la fuga: non risulta da nessuna parte il ricovero in Pronto soccorso.

Una seconda delegazione della RAS ha tentato di entrare in tarda mattinata nel CPT mentre veniva confermato che il giorno prima a bordo del primo aereo c'era stata una carica delle forze dell'ordine contro i migranti e contro quelli che avevano tentato la fuga. 

La richiesta non è stata accolta mentre un secondo aereo veniva riempito con un altro cospicuo gruppo di immigrati: probabili destinazioni Crotone e poi la Libia.

Alle compagne e ai compagni della Rete Antirazzista Siciliana non è rimasto altro che fare ritorno in Sicilia guardati a vista dal massiccio spiegamento di uomini in divisa che per tutto il tempo li aveva sorvegliati.

La copertura mediatica fornita a questi accadimenti dai principali mezzi di comunicazione è stata approssimativa ed evasiva nella maggior parte dei casi. Se la Rete Antirazzista non fosse stata presente sull'isola molto probabilmente non si sarebbe saputo molto.

La presenza a Lampedusa di funzionari e investigatori libici è servita a sancire ufficialmente che il porto libico di Zuwara, vicino al confine con la Tunisia, è il luogo di partenza di buona parte degli immigrati sbarcati sull'isola. Tutti "rimpatriabili" in Libia, dunque, anche se libici non sono.

Il destino dei rimpatriati è cruento: l'espulsione coatta verso quello che non è neanche il proprio paese d'origine significa condannare definitivamente a morte persone che nella migliore delle ipotesi vengono lasciate a crepare in mezzo al deserto o vengono ammazzate lontano da tutto e da tutti. Questo è il prezzo che gli immigrati pagano per i rinnovati ottimi rapporti diplomatici tra Italia e Libia, tra Berlusconi e Gheddafi. Più armi e scambi commerciali a patto che del "lavoro sporco", legato alla gestione-repressione dei flussi migratori, se ne occupi la Libia.

L'azione della Rete Antirazzista Siciliana è stata ancora una volta molto generosa, anche se l'amarezza per l'esito finale della vicenda ha prevalso su tutto. È utile fare tesoro di questa seconda incursione della Rete in quel di Lampedusa (la prima trasferta lampedusana risale all'ottobre dell'anno scorso) per aumentare la capacità di mobilitazione antirazzista. Le proteste degli immigrati sono state sì disperate, ma significative. Quello che davvero lascia sconcertati è il clima di aperto razzismo e concreta ostilità espressa dagli abitanti di Lampedusa nei confronti di tutto ciò che è diverso o che può nuocere ai meri interessi economici legati all'immagine turistica dell'isola. Una devastazione sociale e culturale nella quale ha trovato terreno fertile la Lega Nord che proprio a Lampedusa riscuote un certo consenso elettorale. Un contesto da brivido che rende ancora più difficile l'intervento militante antirazzista e che in qualche modo garantisce agli apparati repressivi dello Stato di agire pressoché indisturbati. Speriamo di poter invertire questa tendenza assassina.

TAZ laboratorio di comunicazione libertaria









































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