Umanità Nova, numero 11 del 27 marzo 2005, Anno 85
Il territorio ceceno è piccolo, appena 19.300 chilometri quadrati, e nel 1992 contava di un milione di abitanti. È stato dominato per secoli dall'Impero ottomano che fu l'involontario veicolo di diffusione della versione ascetica Sufi dell'islamismo. Abitata per secoli da pastori nomadi nella parte montagnosa e da agricoltori nella pianura del Terek che la taglia in due all'altezza della capitale Groznij fondata dai sovietici nel 1924 quando sembrava che il suo sottosuolo fosse ricco di petrolio e che potesse diventare una nuova Baku. La Cecenia, come la repubblica sorella Ingusetsja venne inglobata nell'Impero Russo nella prima metà dell'Ottocento nel corso della progressiva spoliazione del dominio Ottomano in declino. La sua conquista stabilì una testa di ponte importantissima per i russi che poterono iniziare a penetrare da lì nella Transcacucasia e cioè negli odierni Armenia, Georgia ed Azerbajgian. I clan nomadi del paese non permisero però ai russi di insediarsi tranquillamente in Cecenia e difesero la loro secolare indipendenza da qualsivoglia potere centrale per più di cinquant'anni con una guerra di agguati, attentati e sabotaggi contro gli insediamenti russi a cui questi ultimi risposero con una strategia barbara della terra bruciata deportando la popolazione dei villaggi della montagna, isolando quelli della pianura e compiendo stragi con inquietante regolarità. Ceceni ed Ingusci subirono la stessa sorte di popoli musulmani all'interno di un impero cristiano impegnato in un'avanzata territoriale a spese di due potenze musulmane come la Turchia e la Persia. Gli Osseti al contrario diventarono i principali alleati dei russi nella conquista del Caucaso provocando così una spirale di odi e rancori che dura tuttora e che spiega anche perché proprio una scuola osseta sia diventata il bersaglio dell'azione stragista della guerriglia wahabita cecena.
Il ruolo di popolo represso svolto dai ceceni e dagli ingusci ne spiega anche l'adesione entusiastica alla Rivoluzione Russa del 1917. Già nel 1920 il governo bolscevico si era stabilizzato nella zona con la fondazione del Soviet del Terek i cui aderenti furono in prima linea nella guerra di riconquista delle repubbliche transcaucasiche che si erano rese indipendenti nel periodo rivoluzionario. A tale proposito si narra che il giovane Stalin promise durante la riunione di fondazione del Soviet del Terek, che riuniva ingusci, ceceni e dagestani, la prossima applicazione della sharia in quei territori. Al di là degli aneddoti impossibili da verificare ma che rimandano il clima di un'epoca nelle terre del Caucaso, quello che è certo è che la formazione delle varie repubbliche a base etnica federate alla Russia con cui il potere sovietico ristrutturò amministrativamente la zona a partire dal 1924 fu un impasto di modernizzazione produttiva e conservatorismo politico e sociale. D'altra parte la rivoluzione era penetrata in Caucaso come rottura del potere zarista e possibilità per i vari popoli dell'area di rendersi almeno parzialmente autonomi; nel momento in cui veniva restaurato un forte potere centrale l'unica contropartita possibile era quella di permettere il rafforzamento identitario. Un altro capitolo tragico della storia cecena si ebbe nel 1944 quando Stalin, dopo la riconquista del Caucaso occupato dai tedeschi, ribaltò le alleanze accusando i ceceni e gli ingusci di collaborazionismo e li fece deportare in Asia centrale assegnando agli osseti una parte delle loro terre. In questo modo il mutamento portato nella politica interna dell'URSS dalla guerra patriottica colpiva anche queste popolazioni. Nel momento in cui per vincere una guerra durissima il PCUS faceva ricorso al patriottismo grande russo e alla retorica della "Madre Russia", nel Caucaso i popoli prediletti dal potere tornavano ad essere quelli cristiani da sempre alleati di Mosca mentre quelli musulmani diventavano sospetti di scarsa patriotticità. Il ritorno di questi popoli dall'Asia iniziò nel 1957 ma finì solo nel 1992 innescando tra l'altro una breve ma feroce guerra tra ingusci ed osseti sull'assegnazione di terre un tempo ingusce e assegnate agli osseti nel 1944. Altra conseguenza della deportazione fu la formazione di una mafia cecena fondata sulla diaspora in tutta la Russia di questo popolo, mafia che tuttora conta parecchio negli edifici del potere russo.
Nel 1992 il generale Dudaev riaprì il capitolo riguardante la Cecenia proclamando l'indipendenza del paese approfittando del caos in cui era immersa la Russia dopo la liquidazione dell'URSS. Gli Ingusci non lo seguirono in questa avventura preferendo rimanere nella Russia e cercare una soluzione diplomatica al conflitto con l'Ossetia. Dudaev non era per nulla un estremista islamico, generale sovietico, eroe della guerra afgana e sposato con una ragazza estone, era il prototipo del funzionario pubblico di periferia sovietico. Disponeva, però, di appoggi nell'esercito, armi e sostegno popolare e decise di forzare la mano sul terreno dell'indipendenza. Il tentativo di El'cin di chiudere in fretta tale anomalia fu cancellato proprio sul terreno militare dal momento che le truppe russe inviate a occupare Grozny "in quindici minuti" vennero cacciate miseramente. La presidenza russa ci riprovò nel 1994 con l'attacco in grande stile che diede il via alla prima guerra cecena (o seconda se si calcola il conflitto di cinquant'anni tra la Russia zarista e i montanari del luogo).
I russi riuscirono infine a prevalere a costo di migliaia di morti nei combattimenti e tra i civili ma nella primavera del 1995 un altro ex ufficiale dell'esercito sovietico, Shamil Basaev, l'uomo che si è vantato di aver speso solo ottomila euro per l'operazione Beslan, prese in ostaggio un'intera città russa, Budennovsk, obbligando la Russia a negoziare. Molte voci critiche nei giorni del sequestro della scuola di Beslan hanno ricordato che i russi negoziarono per salvare vite russe mentre hanno accettato a cuor leggero di martirizzare centinaia di ostaggi osseti. Considerazione non priva di senso ma che dimentica che nel 1995 la ferocia della guerra era ancora contenuta e che il commando ceceno era deciso ad evitare una strage ed interessato ad incassare i vantaggi di un'azione che aveva fatto scalpore e di una trattativa che li riconosceva come soggetto politico.
Durante lo stesso anno il Presidente Dudaev viene ucciso da un missile russo mentre il triangolo USA-Arabia Saudita-Pakistan scopre le potenzialità dell'insurrezione cecena per una politica del trasporto energetico che marginalizzi sempre più la Russia e permetta nel tempo di disporre direttamente delle ricchezze del sottosuolo del gigantesco paese eurasiatico. In Russia la catastrofica condotta della guerra porta a una sempre più aperta contestazione della guerra stessa che troverà espressione anche all'interno dell'esercito. Sarà proprio un militare, Alexander Lebed, a trattare un accordo con la nuova leadership cecena che riporti la pace nel martoriato paese. In virtù di quell'accordo la Cecenia rinunciava all'indipendenza e i russi avrebbero ritirato le proprie truppe; cinque anni dopo sarebbe stato convocato un referendum per decidere dello statuto del piccolo paese caucasico.
L'anno seguente Mashkadov vince le elezioni a mani basse e si prepara a sostituire Dudaev come padre dell'indipendenza, ma la situazione cecena precipita. Il paese è infatti in miseria e l'unica industria che renda è quella dei rapimenti. A contrastare Mashkadov si erge Basaev nel frattempo approdato al wahabismo, al denaro saudita e alle amicizie pericolose con gli oligarchi russi interessati a mantenere il controllo del paese e a non lasciarlo a una nuova leva di politici nazionalisti il cui indiscusso campione è l'attuale Presidente russo Putin. Basaev nel 1999 lancia un'offensiva nella repubblica del Dagestan da cui viene cacciato solo con molte perdite tra le truppe russe. Tale incursione diventa il casus belli che permette proprio a Putin, allora in corsa per la successione ad El'cin, per lanciare la seconda guerra di Cecenia nel 1999. In questi anni la guerra è diventata sempre più feroce e sanguinosa: si calcolano in duecentomila i morti di parte cecena e in trecentomila gli sfollati nelle vicine repubbliche di Ingusetja, Dagestan e Ossetia del Nord, mentre i russi hanno perso alcune decine di migliaia di soldati. Gli indipendentisti hanno dovuto abbandonare le città ma, come in un replay della guerra ottocentesca contro l'esercito dello Czar, controllano la montagna dove i soldati russi continuano a cadere in imboscate tese loro in scenari incredibili. Anche Grozny, comunque, non è sicura per gli occupanti visto che in un attentato i ribelli sono riusciti ad uccidere addirittura il presidente eletto dai russi Khadyrov e che in due riprese sono riusciti ad occupare la capitale del Dagestan e la vicina Ingusetia. Sempre per poche ore e sempre scacciati dalle truppe russe, ma questi episodi dimostrano che i guerriglieri non sono isolati nel paese e che si muovono senza problemi all'interno dei territori caucasici della Russia. Inoltre ad agosto un commando è riuscito a mettere un posto di blocco all'interno della stessa Grozny, tenerlo per un'intera giornata e fucilare sul posto 108 collaboratori dei russi scovati nelle case del quartiere occupato.
Putin aveva creduto di risolvere positivamente la situazione arruolando un ex capo ribelle al quale aveva consegnato la Presidenza: Akhmed Khadyrov. Costui, una via di mezzo tra un muftì e un faccendiere, con un esercito privato che dopo il 1997 era passato al servizio dei russi, aveva occupato di buona lena la carica, continuando a mantenere il proprio esercito e i propri affari con metodi che non avevano nulla da invidiare a quelli dei grassatori da strada. Per questo nessuno ha pianto alla sua morte e molti si sono rallegrati del fatto di non dover subire ulteriori vessazioni da parte dei "Khadyrovski" (i ragazzi di Khadyrov). Il 29 agosto, infine, Putin riesce a far eleggere il suo nuovo uomo in Cecenia, Alu Alkhanov, uno sconosciuto generale della milizia il cui scarso coinvolgimento nelle mafie cecene è chiaramente il suo pregio principale. Nel frattempo l'Ingusetia è stata invasa per un giorno il 14 giugno e il 12 agosto la guerriglia organizza l'audace colpo di Grozny. A chiudere l'infausta stagione per i russi arrivano le bombe alla metropolitana di Mosca, l'abbattimento dei due Tupolev di linea e la strage di Beslan.
L'insieme di queste azioni viene attribuito a Basaev che poi le ha
anche rivendicate. Resta il fatto che anche il moderato Maskhadov,
laico e non wahabita, sostenuto dagli occidentali ma non dal denaro
saudita e dalle compagnie petrolifere americane non ha fatto nulla per
impedire che le più vergognose azioni contro i civili venissero
attuate.
In questo modo la spirale si avvolge sempre di più attorno alla
crescita del terrore reciproco, alle morti senza fine in Cecenia e alle
stragi a caso tra la popolazione russa, mentre il conflitto nel Caucaso
è diventato il pretesto per una svolta autoritaria in Russia e
su di esso soffiano sempre di più gli USA e le multinazionali
energetiche decise ad utilizzarlo come chiave di volta per arrivare
allo sfascio della Russia e alla predazione delle sue risorse.
Giacomo Catrame