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Umanità Nova, numero 12 del 10 aprile 2005, Anno 85

La morte del Papa e il "terror vacui" dei cattolici
Favole celesti, radici terrene



Ognuno di noi, secondo il suo credo o in base alle sue certezze scientifiche, pensa alla morte in maniera diversa o come termine di un unico percorso della vita terrena, o come inizio di un nuovo percorso "celeste". I cattolici, appunto, sostengono in base alle loro convinzioni religiose, che dalla morte si rinasce: quando e come non si sa, ma l'esempio del Cristo risorto è l'emblema della vita che sconfigge la morte; ma stiamo parlando non di una vita qualsiasi, ma di quella eterna. I cattolici aggiungono che non basta credere per essere salvati, ma che occorre passare attraverso il giudizio insindacabile di Dio che deciderà coloro che raggiungeranno direttamente il Regno dei cieli, coloro che dovranno passare attraverso un percorso di purificazione e colo che saranno condannati alla perdizione eterna. Non tutti quindi, anche per le varie "eresie" ecclesiastiche, sono destinati a salvarsi.

Quello che in questi giorni i cattolici ci hanno comunicato sulla morte del loro Papa, sulla speranza che potesse vivere, ma su questa terra, magari in eterno, e sulle richieste dello stesso Pontefice di prolungargli il più possibile, anche artificialmente, l'esistenza, mi hanno fatto pensare oltre che alla paura dell'ignoto, legittima in ogni essere umano, anche altri due elementi:

- Che loro stessi diffidino di quanto affermano e propagandano con tenacia agli infedeli

- Che temano, nel caso in cui l'ipotesi su cui fondano le loro credenze sia veritiera, il giudizio finale, che potrebbe presentare loro conti assai salati sulla condotta terrena e che le assoluzioni finali, le beatificazioni postume e le estreme unzioni servano più come assicurazioni terrene, ma che non siano delle cambiali spendibili nell'Aldilà.

In fondo è lo stesso accanimento sulla vita, a qualsiasi costo ed in qualsiasi modo, che ha segnato le prese di posizione ecclesiastiche su Terry Schiavo e su quello che loro definiscono come assassinio, mentre noi consideriamo come utile, e semmai tardiva, uscita, da un'inutile sofferenza. 

Su questi punti, come sull' aborto, sull'eutanasia, sulla prevenzione, etc. la distanza tra noi e loro è incolmabile: quello che per loro è un attacco alla vita, per noi è salvaguardia essenziale della vita stessa, come scelta consapevole e libera del proprio destino, già imbrigliato da mille catene per poter ancora essere incatenato alle scelte, esse sì terrene, di qualche fiduciario di Dio sulla terra.

Quella vita di cui poi, loro stessi, ma non solo, si riempiono la bocca, ma fanno difficoltà a riconoscere quando in passati lontani e recenti la hanno calpestata, massacrando, inquisendo, torturando, tutti coloro che in forme diverse collidevano con il loro potere, anch'esso perfettamente terreno. 

Ed infine il mondo laico della politica, che non ha mai smesso di inginocchiarsi di fronte ai crediti ed ai debiti, anch'essi più terreni che ultraterreni, il quale ha deciso di fermarsi per rimarcare la sudditanza di un'intera nazione ad un piccolo Stato, che ingerisce pesantemente sulla condotta morale dei cittadini (a dire il vero di tutto il mondo, o almeno cerca di farlo), sulle scelte in materia di fecondazione, di nascite… e che in cambio continua a chiedere soldi, prebende e finanziamenti per non perdere il contatto terreno, casomai quello celeste non bastasse.

Anticlerico










































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