Umanità Nova, numero 13 del 17 aprile 2005, Anno 85
Non è per prendersela sempre con il capellone di turno, ma io sono convinto che la colpa di tutto questo casino sulla morte del papa sia proprio del presidente del consiglio.
Non mi riferisco alla battuta che lo voleva interessato all'interim sul papato (con il nome di "Pio tutto"), ma alla sua ultima apparizione televisiva da Vespa: tutto è cominciato lì.
Berlusconi ha registrato il programma il pomeriggio di
giovedì, la sera il papa si è aggravato e la Rai ha
deciso di trasmettere lo stesso il comizio di Berlusconi, visto che
c'erano le elezioni due giorni dopo.
In RAI poche cose non si debbono mai fare: la principale di queste
è mancare di rispetto alla chiesa cattolica. Visto che il
consiglio d'amministrazione ed il direttore generale sono in scadenza e
sono tutti alla ricerca di una poltrona su cui sistemarsi, hanno deciso
di far ammenda alla mancanza di rispetto della sera prima diramando, la
mattina successiva, un ordine di servizio per reti e testate con
l'indicazione di dare la massima copertura alle condizioni di salute
del papa.
L'obbedienza zelante è una dote indispensabile dei giornalisti RAI che hanno cominciato le dirette da San Pietro, subito imitati dalle televisioni Mediaset (il Berlusca, sotto elezioni, non poteva certo permettersi di apparire poco sensibile ai sentimenti del mondo cattolico).
Ore ed ore di collegamenti da Piazza San Pietro, da cui non succedeva nulla, hanno creato il classico fondale da diretta televisiva in piazza: tutti dietro al cronista che parla, il cameraman stringe l'inquadratura sulla faccia del cronista, qualcuno fa ciao con la mano, qualcun altro che, telefonino alla mano, avvisa casa di guardarlo in televisione.
Su tutti è esploso il fenomeno Vespa. L'unico motivo per cui passerà alla storia della televisione uno così, è che è stato l'unico conduttore a cui un Papa ha telefonato in diretta. Lui lo sa benissimo, ed è per questo motivo che, ormai da anni, si preparava a gestire la dipartita di GPII. Oltretutto in questi giorni gli stanno rinnovando il contratto fino al 2010 (il suo attuale contratto scadrà nel 2007, ma il rinnovo lo fanno subito per garantirgli un altro po' di anni in TV anche nel caso di un cambio della maggioranza parlamentare). Il papa si va ad aggravare proprio nell'unica sera in cui lui non può sospendere la sua trasmissione. La mattina dopo, fa penitenza, andando a San Pietro, in lacrime, predice che il papa "non s'affaccerà più dalla sua finestra" e comincia uno show che lo porterà ad impossessarsi, per giorni, di RAI Uno.
Il problema che è sorto è che il papa non è morto subito.
L'agonia può essere data in diretta, anche con enfasi, solo se è breve.
Tre giorni di talk show monotematici sulla salute papale hanno
determinato un avvitamento del circo mediatico. Tutti a intervistare i
personaggi più improbabili (mitico il maestro di sci di
CampoFelice, dove il papa sciava), sugli argomenti più
incredibili ("Qual è l'etimologia della parola camerlengo?"),
con risposte ancora più surreali ("Ci aspettavamo che il papa
potesse morire"), solo per riempire lo spazio in attesa della notizia
della morte.
L'effetto emulativo tra le televisioni, a quel punto, non ha risparmiato nessuno. Oltre alle 6 berlusconiane e a "La 7", MTV ha mandato in onda la cassetta "tragedie" (quella che manda quando ci sono catastrofi tipo lo tsunami o le torri gemelle), con un numero di telefono a cui far arrivare SMS così pieni di "k", "6" e "x" a imitazione di un presunto linguaggio giovanile da far pensare che fossero preparati dalla stessa redazione. I canali satellitari di Sky, a pagamento, hanno mandato - tutti (compresi quelli di scienza e cucina) - ciclicamente un filmato sui 26 anni del pontificato, oltre, naturalmente, a Sky Tg 24 in diretta permanente da Piazza San Pietro. Gli unici film trasmessi su tutte le reti nazionali erano quelli di argomento religioso.
Il tutto, poi, sotto elezioni e con tutti i politici attentissimi a non alterarsi le simpatie degli elettori cattolici e a premettere a qualsiasi dichiarazione un augurio per la salute del papa.
Una delle caratteristiche delle notizie gestite in questo modo è che sono autoalimentate. Un evento avviene perché c'è qualcuno che predice che avverrà.
Dopo aver fatto tutto questo cancan sull'agonia del papa non potevano mica tornare alla normale programmazione una volta che il papa era morto, ma non sepolto, ed allora i giornalisti hanno cominciato a far passare, come notizia, l'arrivo di fedeli da tutto il mondo per rendere omaggio alla salma del papa.
All'inizio, in realtà, non c'era molta gente. Non più di quella che si incontra normalmente nei giorni di udienza, qualche curioso, qualche parrocchia, molti turisti.
Complice la continua diretta televisiva, che annunciava l'arrivo di folle oceaniche, molti cattolici, seguendo quel senso di religiosità popolare un po' paganeggiante, hanno pensato che fosse un dovere mettersi in fila ed andare a rendere omaggio al papa.
Tanto per ragionare sui numeri dei pellegrini. Repubblica sostiene che due milioni e mezzo di persone hanno visitato la camera ardente. Bene. La salma è stata esposta dalla sera di lunedì alla sera di giovedì, con due ore di chiusura notturna. In tutto è stata esposta 63 ore. Se fossero vere queste cifre significherebbe che sono transitati, di fronte alla salma del papa quasi 40.000 pellegrini l'ora, più di 11 al secondo, vecchietti claudicanti e mamme con bambino compresi.
Il gusto per l'esagerazione ha preso tutto il circo mediatico. È stata creata un'emergenza sul nulla. È chiaro che se qualche centinaio di migliaia di persone deve, per entrare dentro una basilica, passare per un'unica porta, dando oltretutto la precedenza ai VIP (che entravano dall'ingresso di Via del Perugino), si crea una fila.
Avrebbero potuto risolvere tutto subito caricando la salma del papa sulla papamobile e facendola passare tra due ali di folla.
Tranne che per il rione di Borgo Pio e per le vie nelle immediate adiacenze del Vaticano (e per il traffico conseguente) non c'è stata nessuna situazione particolare. Molte manifestazioni portano molta più gente a Roma, senza creare tutti questi allarmi. Hanno voluto simulare l'emergenza, dal resto con tutti i canali televisivi bloccati da una settimana, non potevano dire che era venuta meno gente che alla giornata mondiale della gioventù ed a molte manifestazioni sindacali. Il prossimo funerale del papa sarà meglio farlo organizzare da CGIL CISL e UIL, invece che da Bertolaso che ha usato 8 milioni di Euro per far fare la fila a un po' di pellegrini.
Questo il motivo della mobilitazione della protezione civile, con gli SMS (chissà come ringrazierà Tronchetti Provera) per dare informazioni fondamentali (tipo "Se hai sete, bevi") o fare pubblicità all'evento ("Non venite a Roma", sottintendendo che c'era troppa gente).
Il giorno dei funerali del papa hanno addirittura bloccato completamente la città, per l'arrivo di ben 350.000 persone, al corteo per l'Articolo 18 ce n'erano 3 milioni e a Roma si girava in macchina senza problemi (a parte l'ovvio traffico).
L'unico altro paese in cui la notizia è stata data in questo modo, oltre all'Italia, è stata la Polonia; ed anche in Polonia i media hanno intensificato i collegamenti e aumentato il climax solo dopo aver visto quello che facevano i media italiani.
In tutti gli altri paesi, anche quelli di tradizione cattolica, c'è stata molta più sobrietà.
Insomma, la solita storia cattolica, con i cardinali impegnati a farsi lo sgambetto tra loro nella corsa al soglio pontificio, i giornalisti impegnati a spararla più grossa ed il cardinal Law (quello cacciato dagli USA per aver coperto lo scandalo dei preti pedofili a Boston) tra i nove porporati officianti la cerimonia funebre.
L'unico dato positivo è la violazione di una delle regole della comunicazione, quella che stabilisce che la ripetizione di un messaggio non debba superare un certo limite, altrimenti diviene controproducente per il messaggio stesso. Fino ad adesso questa regola è valsa per tutti, la pubblicità, i politici, le notizie. Speriamo valga anche nella vicenda della morte del papa suscitando un moto di ribellione in chi non è cattolico ed è costretto a seguire la messa a reti unificate, anzi, a reti mummificate.
Fricche