Umanità Nova, numero 13 del 17 aprile 2005, Anno 85
Che la batosta elettorale del centro destra alle recenti elezioni regionali sia stata tale da incrinare perfino lo smagliante sorriso di Berlusconi è certamente un dato di fatto. Che tale batosta, però, come logica vorrebbe, sia in grado di spingere il governo a dimettersi e ad indire le elezioni anticipate, è molto meno scontato. Tali e tante infatti sono le dinamiche che questo meccanismo innescherebbe, e tutte difficilmente controllabili e prevedibili, che, come è evidente, nessuno, per il momento le vuole. Nè la destra, impreparata a gestire una difficile fase politica che al momento è solo in discesa ma che si trasformerebbe, nell'ipotesi del rinvio alle camere, in una rovinosa valanga, nè la cosiddetta sinistra, la cui insipienza e incapacità sono pari solo alla riconosciuta mancanza di un programma politico credibile e alternativo rispetto a quello del governo. E visti i valori e le qualità fin qui messi in campo, c'è solo da ringraziare il cielo che questo programma (ci tremano le vene ai polsi al solo immaginarlo) per il momento manchi.
Per questi motivi, l'ipotesi al momento più probabile è un modesto rimpasto di governo (a ricordarci i tempi lieti della cosiddetta Prima repubblica) nel corso del quale l'accozzaglia di partiti e figuri che affolla il parterre ministeriale troverà modo di dare il meglio di sé. Il tutto, è ovvio, nel supremo interesse del paese di cui la classe politica, come si sa, è al servizio.
Per il momento, comunque, un risultato non da poco le elezioni regionali l'hanno già dato: l'affossamento, per ora temporaneo ma speriamo definitivo, di quell'insopportabile clima ostentatamente amicale e compagnone introdotto fra gli esponenti del centrodestra in stile mediaset-berlusconiano, e offerto ogni giorno nei compiaciuti e "beninformati" resoconti mondano-politici dei giornalisti invitati sotto il tavolo a raccogliere quello che cadeva dal piatto. Quello stile (senza offesa per lo stile) fatto del "mio amico Gianfranco" e del "mio amico Marco", dell'invito "tutti a casa mia e portate le mogli o le fidanzate", della scampagnata in barca con "il mio amico Pier e la sua Azzurra", della cena settimanale al lume di candela con "il caro Umberto", degli affollati fine settimana a Villa Certosa "e la piscina è gratis", delle riunioni conviviali a palazzo Grazioli introdotte da eleganti barzellette su "puttane e finocchi". Insomma, di quel modo di fare a mezza strada fra l'arroganza del magnate quando tratta i suoi cortigiani e la pataccaggine (forse più congeniale al nostro) del patacca ansioso di mostrarsi il più patacca di tutti di fronte agli amici del bar. Roba da far rimpiangere i bei tempi andati dei nani e delle ballerine craxiani nella severa e austera Milano da bere.
Capita, a volte, che i sudditi, quando vedono che il padrone sta passando un brutto momento e che la sua fine potrebbe travolgere anche loro, trovino la forza di ribellarsi. Così oggi i sudditi di Berlusconi, avendo intravisto, con il fiuto che va loro riconosciuto, i sintomi della probabile decadenza del loro chief manager, hanno iniziato un processo di sganciamento dal carro dell'ex vincitore, reclamando, tanto per iniziare, maggiore collegialità nelle gestione della politica governativa. Cercando, anche se con un ritardo come minimo sospetto, di trasformarsi, da sudditi quali erano, in alleati di pari dignità. Di ottenere, insomma, anche se con una dose di opportunismo capace di muovere all'invidia un Totò Cuffaro o un Clemente Mastella, quella che in una normale coalizione politica non è che la più naturale e scontata premessa.
Ovvio, a questo punto, che il boss, offeso nell'orgoglio del padrone fino a ieri indiscusso e adesso tirato per i capelli (ah, che debolezza quel trapianto!), reagisca all'affondo e risponda come meglio gli riesce, nello stile a lui più congeniale. E conoscendone l'eleganza, non è difficile immaginare quale sia. Ecco partire, infatti, di fronte alle ovvie recriminazioni degli alleati fascisti e democristiani, una fila di offese, minacce e ricatti, a lungo repressi ma che ora possono finalmente prendere corpo e riversarsi contro questo nuovo nemico interno (perché tale è, nella psicologia di Berlusconi, chiunque non ne accetti la "naturale" supremazia). Ecco il fastidio per la politica-politica, ecco l'amarezza per l'ingratitudine, ecco la contumelia per chi osa contraddirlo, ed ecco, rivolto a Fini, la minaccia e il ricatto di chi sa, dall'alto dei suoi capitali, di poterselo tranquillamente permettere: «Devi stare attento, sai bene che controllo metà del tuo partito, sai bene che molti parlamentari seguono me, non te». E poiché è difficile pensare che gente fascista dalla nascita trovi, da un punto di vista ideologico, più affascinante Forza Italia che non l'ex Msi, non rimane da pensare, anche se è doloroso, che questo afflato per Berlusconi non abbia nulla di ideale ma che sia, molto semplicemente, una questione di soldi. E questo spiega anche perché a Follini e al suo stuolo di democristiani un discorso simile, del tutto scontato, non è stato neppure accennato: non ce n'era davvero bisogno!
Poco importa, poi, che peones e colonnelli di An, anche se stretti dall'incertezza su quale parte prendere, si siano affrettati, fieri e incorruttibili, a smentire momentaneamente il premier rimarcando la loro eterna e incrollabile fiducia "nell'amico Gianfranco", ma ormai, evidentemente, si è dato fuoco alle polveri. E poiché nelle situazioni di crisi si mettono al bando smancerie e pacche sulla schiena, non ci riesce difficile immaginare che d'ora in poi "quella testa di c.... di Gianfranco col c... che verrà ancora a sbafarmi la vacanza in Sardegna" e "che il conto al ristorante, con le loro tr...., se lo pagheranno finalmente loro".
Vivaddio, prepariamoci a vederne delle belle. Ci sarà da divertirsi!
Massimo Ortalli