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Umanità Nova, numero 13 del 17 aprile 2005, Anno 85

Morale di stato e di sacrestia
Maternità: nessuna legge può normare il desiderio



I referendum per l'abolizione di alcuni articoli della legge sulla procreazione medicalmente assistita sono stati fissati per il 12 giugno, ultima data possibile; probabilmente se fosse stato possibile fissarli per il 15 agosto lo avrebbero fatto.

Le voci che si fanno sentire con maggiore forza, anche perché posseggono amplificatori che ad altri non sono dati, sono quelle della chiesa. Il cardinal Ruini e al suo seguito vescovi, sacerdoti, uomini politici, si sono apertamente schierati per l'astensione, non certo in nome della libertà e dell'autodeterminazione, ma per far fallire i referendum e mantenere l'attuale legge che secondo loro, pur non essendo una buona legge è, per ora, la migliore possibile. La chiesa non si è impegnata per la campagna per il no, ma ha dato indicazione di astenersi perché è convinta che nel caso fosse raggiunto il quorum, la maggioranza andrà ai sì.

Un po' dappertutto si moltiplicano le iniziative ecclesiastiche a sostegno della vita: la vita astratta che hanno in mente, che va al di là dei corpi reali. 

Gli attacchi al diritto di aborto si susseguono e ci ricordano l'interconnessione stabilita dalle due leggi rendendo l'embrione soggetto di diritto: vari parlamentari parlano della necessità di rivedere la legge 194. La tendenza non è solo italiana: in Inghilterra c'è la richiesta di portare da 24 a 20 settimane il termine ultimo per le interruzioni di gravidanza e un cardinale ha definito l'aborto al pari degli esperimenti nazisti di eugenetica.

Che la posta in gioco non sia solo una legge, ma l'affermazione di valori di vita credo ormai sia chiaro per tutti: una particolare visione della vita, dell'uomo, della donna, dei rapporti umani, della medicina.
Il referendum in tutto ciò riveste solo una piccola parte. Se i referendum vedessero la vittoria dei sì si avrebbe una grossa affermazione di rifiuto di questa legge vergognosa, ma, di fatto, si verrebbe a ridare ai legislatori la delega per una nuova legge, non necessariamente migliore, mentre nessuna legge deve limitare la libertà personale di decidere.

Però liquidare il problema con una generica affermazione di astensione ai referendum non è sufficiente: è necessario che si continui a ripetere quanto questa legge sia una pietra importante nella costruzione di una nuova morale di stato, sempre più invasiva, sempre più pericolosa. 

Da tempo ormai ci siamo accorti che la medicina ha una ingerenza sempre più forte nella vita di tutte le persone che si ritrovano senza strumenti per decidere cosa sia bene per il proprio corpo.
Qui però c'è qualcosa in più. Il sostituirsi di una legge ad un rapporto non solo con se stessi, ma con l'altro. Una legge che entra in quello che è il più profondo dei rapporti personali e lo norma. Una legge che soprattutto non vuole riconoscere il ruolo materno e, volendolo costringere dentro norme giuridiche, di fatto lo nega. Una legge che ha paura, ma direi anche una vera e propria ossessione fobica, del rapporto indicibile tra madre e figlio. 

Una legge che vuole, come del resto quasi sempre fa la medicina moderna, rendere visibili i corpi, sezionarli, parcellizzarli, torturarli. Una legge che minaccia l'integrità delle persone vere (le madri) e vorrebbe tutelare la vita in astratto. Una legge che tutela l'embrione, che tutela l'ovulo fecondato (per cui tutti quelli prodotti vanno impiantati, a scapito della salute della madre), dimenticando che embrione o ovulo diventeranno un bambino solo quando saranno accettati da una donna.

In un bell'articolo sul Manifesto Chiara Zamboni parla di "culla di parole" che la madre costruisce per il proprio bambino, prima che ella o egli venga alla luce. E in questo parlarle lo raffigura prima della nascita. È questa capacità femminile che viene negata, è questa sapienza che va riconosciuta, al di là del dibattito referendario.

Ci troviamo di fronte ad una legge che vuole definire l'indefinibile. Una legge impossibile perché pensata al di là delle donne, una legge proibizionista. Per questo è necessario sostenere qualsiasi posizione venga espressa contro di essa anche se non basterà un referendum. 

Dobbiamo riuscire ad andare al di là degli slogan, per fare chiarezza su cosa significhi autodeterminazione e quanto essa sia pericolosa, visto la tenacia con cui la si ostacola.

R. P.












































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