testata di Umanità Nova

Umanità Nova, numero 14 del 24 aprile 2005, Anno 85

Cpt: migranti in rivolta
Razzismo di Stato



Da sabato 9 e domenica 10 aprile due dei più (tristemente) famosi Centri di Permanenza Temporanea italiani - Milano, via Corelli e Bologna, via Mattei - sono al centro dell'attenzione del movimento antirazzista nazionale per le durissime proteste degli immigrati ivi reclusi.

Sabato i detenuti nel CPT milanese hanno dato vita a uno sciopero della fame di massa per protestare contro le umilianti condizioni in cui versano e per solidarizzare con un ragazzo che pur essendosi volontariamente ferito per attirare l'attenzione del personale medico che aveva letteralmente snobbato i suoi malesseri, è stato ugualmente trascurato senza essere visitato.

Lo sciopero della fame, tuttora in corso, è seguito a una rivolta soffocata con botte, intimidazioni e violenze fisiche e psicologiche.
La cronaca antirazzista degli ultimi anni è piena di resoconti di scioperi della fame, rivolte e tentativi di fuga più o meno riusciti dai CPT.

La grande novità è che a Milano, per la prima volta in Italia, gli immigrati insorti hanno prodotto un breve e incisivo documento in cui chiedono libertà per tutti e un confronto con il prefetto della città. 

In un crescendo di tensione generalizzata, è giunta la notizia che a Bologna il giorno dopo - domenica 10 - nove lavoratori immigrati di origine rumena sono stati deportati di notte nel lager bolognese di via Mattei dopo un'ignobile rastrellamento.

Anche qui i deportati hanno iniziato uno sciopero della fame per reagire alla violenza della cattura e della detenzione. Proprio come a Milano, gli immigrati reclusi a Bologna hanno redatto un vibrante appello rivolto "a tutti i cittadini di Bologna e d'Europa" in cui si chiede giustizia, libertà e rispetto dei diritti e che in qualche modo colpisce per il rigore etico e la determinazione quasi "politica" con cui è stato scritto.

In particolare, il passaggio in cui si dichiara che "la legge umana è solo una" e la ferma richiesta con la quale gli immigrati vogliono conoscere i motivi della loro detenzione ("alcuni sono stati presi sul lavoro, alcuni dal carcere, alcuni hanno famiglia in Italia e non possono parlarci") rendono più di ogni tergiversazione politico-sociologica fatta da chi un CPT non sa nemmeno cosa sia.

Per la prima volta sono gli stessi immigrati ad aprire il cancello del lager costringendo l'opinione pubblica a guardare in faccia l'orrore quotidiano del razzismo di Stato. Nonostante i tentativi di insabbiamento e nonostante le gravi rappresaglie con le quali a Milano sono state effettuate immediate espulsioni mirate specificamente per punire i presunti promotori delle proteste, i mezzi di comunicazione non hanno potuto ignorare questi avvenimenti. La solidarietà antirazzista si è concretizzata immediatamente attraverso la costituzione di realtà di appoggio alla lotta dei detenuti: un ponte tra esterno e interno preziosissimo per esprimere sostegno e solidarietà militante agli immigrati.

Giovedì 14 aprile, mentre nei lager italiani continuava a scoppiare la voglia di giustizia e di libertà, il Parlamento Europeo esprimeva ufficialmente in quel di Bruxelles una dura critica all'operato del governo italiano responsabile delle vergognose deportazioni di immigrati da Lampedusa verso la Libia avvenute nell'ottobre 2004 e nel marzo scorso.

Moltissime persone - anche all'interno del movimento antirazzista - hanno accolto la notizia con una soddisfazione che nasce da una inspiegabile sopravvalutazione dell'evento.

La risoluzione approvata dal parlamento europeo non è una "condanna" (così come artificiosamente riferito dagli organi di stampa) bensì un giudizio politico che ha sì una certa rilevanza, ma che non ha nulla di cogente all'atto pratico. Prova ne è che, proprio mentre a Bruxelles il governo italiano riceveva la solenne tirata d'orecchi per le deportazioni, nello stesso momento in Lussemburgo i ministri europei degli Interni e della Giustizia perfezionavano le loro intese per migliorare gli accordi con il governo della Libia in funzione di un più efficace controllo (leggasi repressione) dei flussi migratori.

L'ipocrisia istituzionale ampiamente dimostrata in questo frangente deve dunque servire da monito a quanti si scaldano troppo facilmente nell'accogliere questo tipo di notizie.

Gli unici referenti da prendere in considerazione e che meritano sul serio il nostro rispetto sono gli immigrati e i loro vissuti di sofferenza e sopraffazione.

Quanto accaduto a Milano e Bologna dimostra che anche la repressione statale può subire dei cortocircuiti nel momento in cui ci si avvicina a un punto di non ritorno. Se, come ci auguriamo, gli immigrati cominceranno ad esprimere conflitto in maniera sempre più frequente ed incisiva anche all'interno degli stessi CPT, non ci saranno più molti margini di controllo da parte degli apparati repressivi.

L'autorganizzazione si riconferma una strategia vincente, e il compito degli antirazzisti è sostenere, incentivare e partecipare a questi processi di autorganizzazione per raggiungere quello che tutti vogliamo: la liberazione sociale.

TAZ laboratorio di comunicazione libertaria













































una storiasommarioarchiviocontatticomunicaticollegamenti